“Ricorderemo a Gallarate i fatti del ’59?”

L'associazione mazziniana chiede di commemorare gli episodi risorgimentali, «anche senza pensare grandi eventi». E offre un breve resoconto e qualche aneddoto legato agli eventi di allora

L’associazione mazziniana italiana di Gallarate chiede di ricordare la pagina gallaratese del risorgimento: la richiesta è stata inoltrata all’assessore alla cultura Isabella Peroni:  «Sono passati 150 anni dalle battaglie risorgimentali e garibaldine che coinvolsero la nostra città e tutto il varesotto- scrive il presidente della sezione cittadina dell’associazione mazziniana Angelo Bruno Protasoni-: cinquant’anni fa l’amministrazione comunale di Gallarate commemorò la ricorrenza con una mostra dei cimeli del 1859 che si tenne nella bella “Sala della Cultura”. Tutto il materiale fu reperito nella nostra zona con il contributo della Società per gli Studi Patri che espose giornali, caricature dell’epoca, dipinti e sculture, il primo tricolore gallaratese, una divisa garibaldina accanto a quelle della Guardia Nazionale, fazzoletti patriottici e medaglie commemorative, armi e proiettili raccolti sul campo di battaglia di Magenta.
Altri cimeli provenivano dalla Biblioteca Civica, che contribuì con manifesti e avvisi, ed altri ancora da tanti privati cittadini con quadri, autografi, carte geografiche, lettere e documenti. Una mostra piccola, limitata a quanto disponibile in città, ma comunque significativa della volontà di partecipare al complesso di commemorazioni che in quei giorni si svolsero in tutta Italia».
L’assenza di Garibaldi nella pagina gallaratese del risorgimento dovrebbe evitare quantomeno le polemiche innescate a Varese dalla Lega Nord. L’associazione mazziniana propone un ricordo senza eccessi, ma capace di attrarre la cittadinanza: ad esempio « Vorremo noi, nel 150° anniversario, dare almeno un segno del ricordo di quegli avvenimenti? Non occorre, naturalmente, pensare a “grandi eventi” o a inutili spese: basta un po’ di buona volontà.Basta guardarsi intorno. Faccio un esempio: in questi giorni a Milano sono iniziate delle pubbliche lezioni di storia civica e il grande spazio in Santa Maria delle Grazie non è bastato ad accogliere tutti gli intervenuti». 
 
La lettera offre anche un breve resoconto, dove i grandi eventi storici sono intrecciati ad aneddoti cittadini: 
 «Le vecchie pagine della Rassegna Gallaratese di storia e d’arte ricordano il coinvolgimento della nostra città in questa fase storica del nostro Risorgimento con articoli di P.G. Sironi e con uno stralcio delle memorie di Cesare Forni.
Nel 1859 a Gallarate i primi moti di popolo erano iniziati il 21 marzo, esattamente 150 anni fa, con la “Rivoluzione delle bandiere” alla Chiesa delle Grazie in Via Fara. In quella occasione i coscritti gallaratesi, chiamati all’estrazione del numero di leva, stracciarono la bandiera austriaca. Alcuni furono arrestati mentre altri riuscirono a riparare in Svizzera.
Dopo mesi di crescente tensione, il 26 aprile cominciò la guerra con il passaggio del Ticino e l’ingresso in Piemonte delle truppe austriache.
Il 24 maggio, sull’onda del contrattacco, entrarono a Gallarate i primi garibaldini provenienti da Sesto Calende. Già in serata furono però costretti ad allontanarsi per l’arrivo delle truppe austriache che, lasciato, un presidio in città, proseguirono verso Varese e Como dove avrebbero patito nei giorni seguenti una serie di umilianti sconfitte.
Il 30 maggio la Divisione Celere Urban, ormai forte di diecimila uomini, si concentrò nuovamente a Gallarate, occupando chiese ed edifici pubblici e privati ed esigendo un pesante contributo per il vettovagliamento della truppa.
Dopo la riconquista di Varese, lasciata sguarnita dalle truppe garibaldine impegnate nella battaglia di Laveno, il 3 giugno 1859 le truppe austriache ritornarono nuovamente a Gallarate. Dovettero frettolosamente ripartire in serata verso sud, lungo la strada di Samarate, nel tentativo di raggiungere in tempo l’esercito schierato a Magenta per fronteggiare l’armata italo-francese.
Il 4 giugno i gallaratesi potevano vedere i bagliori della battaglia dalle impalcature della cupola della nuova basilica, allora in costruzione.
Alla sera, alla notizia della vittoria degli Alleati, Gallarate si riempì di bandiere e coccarde tricolori.
Il 7 giugno Luigi Borghi accompagnava in città Giuseppe La Farina, Commissario Regio piemontese e delegato per la difesa della zona del Verbano.
Nella stessa sera fu rogato l’atto di dedizione spontanea della città di Gallarate a Vittorio Emanuele II.
 
Restano poi, nelle cronache cittadine, tre vicende legate alla permanenza del maresciallo Urban; tutte, fortunatamente, finite bene. La prima riguarda il povero curato di Crenna che, ignaro del divieto austriaco, aveva fatto suonare le campane per un funerale. Fu arrestato e solo l’intervento del prevosto lo salvò dalla fucilazione.
Il secondo episodio riguarda l’ ordine del maresciallo di devastare campi e vigneti: la provvidenza volle che l’ordine di partenza da Gallarate arrivasse prima che questo comando fosse eseguito.
C’è infine l’ultimo aneddoto legato alla permanenza in città del generale Urban. Questi, entrando al Caffè Ranzoni, aveva dimenticato su un tavolino all’esterno la borsa con le carte militari e il cannocchiale che furono lestamente rubati dal garzone del barbiere che aveva bottega lì vicino. Solo il dispaccio telegrafico che chiamava con urgenza a Magenta le truppe austriache salvò la nostra città dalla inevitabile e rovinosa rappresaglia».

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Pubblicato il 25 Marzo 2009
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