Cgil, economia a picco, raddoppiate le richieste di pasti alla Caritas

Il segretario provinciale della camera del lavoro lariana parla di "Rischio di desertificazione produttiva". I dati della provincia resi noti in un'assemblea sindacale di delegati e quadri. "+856% le richieste di cassa integrazione"

Como da città della seta a provincia a rischio desertificazione economica. Usa termini apocalittici, ma forse vicini alla realtà rispetto ai dati in suo possesso Alessandro Tarpini, segretario generale della Camera del lavoro di Como. Si è svolto infatti all’Auditorium don Guanella di Como l’incontro di delegati e quadri della Cgil per analizzare i numeri della crisi e pianificare le proposte da mettere in campo alla ripresa autunnale. Le cifre che descrivono la recessione nella provincia lariana – oltre mille imprese coinvolte e circa 26mila lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali – raccontano di migliaia di uomini e donne che vengono travolti nelle loro condizioni di reddito e di dignità, nelle aspettative di vita loro e dei loro figli. Como, una provincia florida e una delle zone più ricche del Paese fino a qualche tempo fa, è travolta da ciò che sta succedendo, come testimonia anche la Caritas provinciale confermando il raddoppio dei pasti distribuiti nel volgere di pochi mesi. Oltre ai dati sull’incremento delle richieste di ore di cassa integrazione (+856% sul 2008 nei primi 5 mesi), anche i dati Inps su disoccupazione ordinaria (+ 168% primo trimestre 2009 su primo 2008), mobilità (+ 158% primo trimestre 2009 su primo 2008) e nuovi avviamenti (- 20% primo trimestre 2009 su primo 2008) tracciano infatti una situazione drammatica. «Dobbiamo interrogarci – ha spiegato Alessandro Tarpini, segretario generale della Camera del lavoro di Como – sulle vere regioni per cui Como, e la sua provincia, soffre più delle altre aree lombarde e rischia, alla ripresa autunnale, una vera e propria desertificazione produttiva, soprattutto in alcuni settori. Esiste, a mio avviso, un problema di identità di questo territorio. Se fino a pochi anni fa, Como era considerata e unanimemente riconosciuta come "la città della seta", oggi è ancora così? Il punto interrogativo è d’obbligo. E il punto vero è che a un’identità consolidata e a una vocazione precisa non si è sostituito nulla di definito e stabile». Quasi la metà dei lavoratori di aziende colpite dalla crisi – circa 12mila – proviene dai due settori produttivi più caratteristici del territorio comasco: industria e tessile. «Eppure le iniziative, comprese quelle della politica locale, sono state confuse e contraddittorie – ha ribadito Tarpini – e si è fatta strada l’idea, malata e priva di fondamento, che il nostro territorio potesse fare a meno del manifatturiero. Un’idea irresponsabile, dati alla mano, se il manifatturiero, indotto compreso, occupa ancora oggi ben oltre la metà complessiva degli occupati». Tarpini ha poi sottolineato come in alcuni settori – chimico e metalmeccanico in particolare – si sia assistito a una vera e propria colonizzazione da parte di multinazionali straniere. «Le realtà più significative e per certi aspetti più interessanti dal punto di vista produttivo sono state acquisite da aziende con sede in altri paesi. Smembramenti, accorpamenti, chiusure, trasferimenti di pezzi significativi di produzione sono purtroppo stati la regola delle cessioni. E oggi si fa strada un fenomeno ben più problematico, quello per cui prima di intervenire sulle cosiddette case madri, si agisce sulle aziende satellite, magari distanti qualche migliaio di chilometri dalle sedi centrali di decisione. Bisogna sapere che tale tendenza, se consolidata, potrebbe avere nella nostra provincia effetti devastanti. Purtroppo i primi segnali li abbiamo già registrati in modo particolare nel settore metalmeccanico e credo che questa tematica debba diventare oggetto di approfondimento per tutti noi». Altra questione molto comasca, soprattutto in alcune aree di pregio paesaggistico, è quella legata alle speculazioni immobiliari, per cui le aree industriali diventano troppo spesso oggetto di appetiti di costruttori e amministratori locali. «È questo un tema che dovrebbe coinvolgere, come richiesto più volte anche dalla nostra Camera del lavoro, i legislatori lombardi», ha spiegato Tarpini, chiedendo di vincolare le aree industriali e produttive alla loro vocazione attuale. «Un quadro certamente molto, molto problematico – ha concluso Tarpini – e che da settembre ci vedrà impegnati nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro per difendere le nostre proposte: ampliamento delle tutele per i lavoratori precari, difesa del manifatturiero, politiche di sviluppo compatibile, raddoppio della cassa integrazione ordinaria, politiche di sostegno al reddito da lavoro e pensione e il rinnovo dei contratti di lavoro».

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Pubblicato il 09 Luglio 2009
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