E Borsano divenne un angolo d’Abruzzo

In tutte le testimonianze un elemento comune: i letti che si muovono all'improvviso, la sensazione di un terremoto. Poi le invocazioni di aiuto. Parlano i vicini delle vittime

Un elemento in comune in tutte le testimonianze sul disastro di Borsano: i letti che si muovono. Uno, due, tre, quattro testimoni e da tutti lo stesso racconto. «Sembrava il terremoto». E via San Pietro, centro, anzi centrissimo di Borsano, esattamente fra le due piazze, pareva davvero l’Abruzzo del sisma, con tanto di macerie, scene di panico, escavatori, divise e lampeggianti in azione.

Era ancora a letto la maggior parte delle persone quando un boato ha risvegliato di soprassalto tutti. L'esplosione di Busto ArsizioInvece dei saluti frettolosi, delle auto che escono dai cortili, delle mani sfregate contro il freddo e degli sguardi in su per capire che tempo fa, è stato il momento delle urla e delle invocazioni d’aiuto, dei pianti dei più piccoli, degli anziani spaventati, delle sirene che accorrevano. Nella disgrazia, i danni più devastanti sono rimasti comunque limitati alla sola ala di immobile in cui vivevano le due vittime di quella che secondo più voci ricorrenti tra i residenti dell’area sarebbe una tragedia della solitudine. «La depressione è una brutta bestia» commenta un vicino; di Andrea Rosignoli, separato e cui da poco sarebbe mancata anche la mamma, più d’uno dice che si sia tolto la vita. Ipotesi rafforzata dal fatto che non ci sarebbero state perdite dai tubi della rete; ma non suffragata da alcuna certezza. Dal suo cortile il vicino ci fa accedere a terrazzi e tettoie affacciati sul retro dell’edificio distrutto. Ai due lati, si vedono due scorci di devastazione. A sinistra un altro cortile è isolato, la sua unica via d’uscita per i veicoli chiusa da una montagna di macerie. In mezzo, una casa che invece è stata fortunata: «Ci abita un signore di una certa età, che soffrendo di asma lascia la finestra aperta» spiega. Ha evitato i vetri rotti lanciati come proiettili dall’esplosione (sono saltati in varie case del vicinato, insieme alla corrente elettrica), che in spazi chiusi avrebbe avuto effetti più dirompenti.

Chi ha visto la scena non se la dimenticherà tanto presto: anche l’assessore ai servizi sociali, arrivando in mattinata, era parso impallidire di fronte al disastro, primo di una catena di consiglieri e rappresentanti dell’amministrazione, sindaco in testa, giunti sul posto quasi in pellegrinaggio. Intanto l’oratorio, a due passi dal luogo della disgrazia, è diventato "campo base" per i soccorsi e ospita al momento gli sfollati, "protetti" gelosamente dai volontari della protezione civile anche dall’assalto della stampa. Una ventina di persone si sono ritrovate fuori di casa all’improvviso; le si sfama con porzioni di gnocchi e maccheroni al sugo. Attendiamo la fine del pranzo per raccogliere qualche battuta da chi si è trovato catapultato dalla normalità di tutte le mattine in un dramma inatteso. Inagibile almeno per ora l’abitazione di fronte a quella colpita , che pure esternamente sembra aver retto l’onda d’urto. Ci abitano due famiglie, svegliate di soprassalto. «Eravamo bloccati dalle macerie, abbiamo fatto fatica pure a far scendere i bambini» racconta una donna, accento siciliano come molte delle persone che risiedono in centro alla frazione, mentre parenti e amici fra baci e abbracci salutano e consolano i più anziani ancora scioccati e increduli.

Antonio, un altro residente del vicinato, più giovane, racconta animatamente le scene cui ha assistito. I soccorsi dopo l'esplosione di Borsano«Alle sette ho sentito l’addetto dell’Agesp (rimasto ferito ndr) che scaricava i vetri nel camioncino, il solito rumore, poi d’improvviso una botta paurosa. Ma cos’ha fatto quello della raccolta rifiuti? mi sono chiesto lì per lì…» Poi è uscito sul balcone a vedere, ancora "vestito" come poteva essere a quell’ora. «Una volta capito cos’era stato, siamo andati lì e con pale e secchi abbiamo fatto una catena per cominciare a tirar via quello che si poteva, c’erano invocazioni d’aiuto, l’intera abitazione in rovina, plinti e traverse di cemento spezzate che non sapevamo come rimuovere». La macchina dei soccorsi si è messa in modo con encomiabile rapidità ed è quasi subito entrata in azione. Ma il gas, lo stesso gas che aveva causato l’esplosione, non era ancora stato chiuso, se è vero che Antonio prima di uscire è riuscito a farsi un caffè. «Poco dopo è passato il tubista a chiudere anche da noi». Troppo tardi; mentre già piombavano sul posto a sirene spiegate tutte le forze di soccorso e dell’ordine immaginabili. La scena sarebbe stata quella dei cani da ricerca arrampicati sulle macerie, di una ragazza esanime estratta e portata in barella fino nell’androne del cortile accanto, di lunghi minuti di manovre di rianimazione senza esito. Un cuore già fermo il suo, e che non è ripartito. Molti altri hanno tremato, e ci vorrà lungo tempo prima che lo choc che ha scosso l’intera Borsano venga superato.

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Pubblicato il 03 Dicembre 2009
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