“Tecnici disoccupati: perchè le imprese non ci vogliono?”

Le imprese chiedono più operai specializzati. Molti lettori rispondono raccontando le proprie esperienze: posti persi a causa della crisi, sacrifici, lavori difficili da trovare

tecnici, lavoro, disoccupazioneHanno tra i 20 a i 45 anni, un diploma e anche una specializzazione. Il curriculum lo hanno scritto e spedito tante volte, spesso senza risposta e ora sono alla ricerca di un lavoro e disposti a fare dei sacrifici (turno di notte compreso). Sono i molti lettori che in questi giorni hanno scritto alla redazione per rispondere all’appello "Alle imprese della provincia mancano 2000 tecnici" lanciato dalle industrie varesine e all’opinione di un imprenditore, Carlo Del Grande di Bardello che ha cercato di spiegare dal punto di vista delle imprese quali ingranaggi non funzionano nel sistema di ricerca di personale specializzato.
Il punto critico è questo: stiamo parlando infatti di operai qualificati e che abbiano quindi le competenze adeguate per lavorare in reparti spesso dotati di macchinari e processi complessi. Il primo a intervenire è stato Flavio che nella sua lettera ha raccontato la difficoltà a trovare un buon lavoro nonostante i molti tentativi di mettersi in gioco. Ma non è l’unico in questa situazione, resa ancora più complessa dalla crisi che stiamo attraversando: «Sono un ragazzo di 29 anni di Varano Borghi – ci scrive Antonio – sono diplomato in perito elettronico e in telecomunicazioni nel 2001. Ho fatto anche una qualifica in informatica e nel 2008 un corso di meccanica. Ho lavorato per 6 anni nel campo elettronico da operaio semplice a operaio tecnico manutentore su impianti di produzione, purtroppo la crisi ha indotto l’azienda a licenziarmi nel dicembre del 2008. Ho mandato e portato da quel famoso dicembre 2008 miliardi di curriculum in aziende, nei supermercati, ovunque anche in Svizzera ma ahimè io tutt’oggi mi trovo ancora qui disoccupato senza un centesimo».
Quelle dei nostri lettori sono anche storie di delusioni: ci sono gli studi, le prime esperienze nel mondo del lavoro durante le quali ci si "arrangia", l’impegno e poi un blocco, l’impossibilità di crescere, di andare oltre. Come è avvenuto a Stefano, 25 anni: «Sono diplomato in ragioneria – racconta – lavoro da 8 anni, faccio di media 230 ore al mese ed il mio primo lavoro in regola è stato dopo il diploma in un’azienda di vernici a 230 ore al mese per 950 euro a 40 km da casa con promesse di crescita mai viste. Ora lavoro per la concorrenza, faccio lo stesso lavoro, stesse ore se non di più a poco meno di 1.400 euro al mese e sono arrivato al massimo che il mercato offre. Mio fratello, 32 anni, vorrebbe fare ogni cosa pur di portare a casa uno stipendio e invece, trova aziende che danno 600 euro per 10 ore al giorno con contratti a progetto, e oltre ad essere trattato come uno schiavo nemmeno lo pagano!! E ci sentiamo dire queste cose? Che futuro abbiamo?».

industria ricerca tecniciUn’impresa cerca tecnici? Tra i lettori c’è chi coglie l’occasione: «Sono un ragazzo di 25 anni – scrive Gianpiero – purtroppo disoccupato dopo quasi 8 anni di lavoro presso un’azienda. Vorrei sapere se è possibile, sapere di quale azienda si parla nell’annuncio perché a differenza di molti io non avrei problemi a lavorare la notte o in qualsiasi altra fascia oraria,e nel caso l’azienda stesse cercando personale sarei ben lieto di inviare una mia candidatura». «Non è vero che di tecnici non ce ne sono, che nessuno vuole fare il turno di notte e che tutti puntano sulla Svizzera per una questione di salario – commenta infine Clelia -. Io sono un tecnico elettronico con tanto di esperienza e diploma di maturità ma sono una donna e sono anni che come tecnico alle dipendenze sono rifiutata. Così, sono diventata un’ASA (assistente socio-assistenziale ndr), una consulente e tantissime altre cose diverse soprattutto perché è difficile riuscire a farsi pagare. Mi sono buttata nei servizi perché sono stati l’unica possibilità che ho avuto; quando ero più giovane lavoravo in orari serali, di sabato e di domenica e le notti le passavo a studiare e organizzare il lavoro a casa per poi ripresentarmi in azienda ben vestita, truccata e “pimpante” come se nulla fosse. Adesso che sono un po’ più grandicella, ho famiglia e 43 anni sulle spalle, la notte non riuscirei più a reggerla salvo per sporadici e rari casi. Ma quando ero giovane, sono stata sfruttata, sottopagata e svolgevo mansioni quadro senza che ciò fosse riconosciuto concretamente nel cartellino paga. Adesso, sono madre ed insegno a mio figlio la fatica perché dalla fatica si ricavano soddisfazioni, ma se parliamo di lavoro che deve procurare una rendita soprattutto economica beh, qui gl’insegno a non farsi sfruttare».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Gennaio 2010
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