Madre e bimbo contagiati dall’aids, condannato partner

Decisiva la perizia di un infettivologo. Furono due rapporti non protetti a infettare la donna e il feto

E’ stato condannato a 7 anni di carcere per lesioni gravissime l’uomo di 50 anni che, nel 2002, non informò una donna, con cui aveva una relazione, di essere sieropositivo. Lei contrasse il virus e il contagio si estese anche al bimbo che aspettava. Il piccolo nacque già sieropositivo. La storia personale della vittima fu davvero sfortunata. L’imputato era solo un partner occasionale, poiché il padre naturale del piccolo non aveva accettato la gravidanza e si era già dileguato alcuni mesi prima.

Al di là della storia penosa della donna, una 40enne che ha pagato a caro prezzo la sua fragilità in un momento delicato come quello della gravidanza, rimane il caso giuridico che ha portato il collegio, presieduto dal giudice Orazio Muscato, a concludere che c’è un nesso di causalità tra i due rapporti non protetti, avuti tra i due soggetti, e il contagio. Determinante in questo senso, è stata le perizia ordinata dal tribunale. Il perito, infatti, aveva convocato l’imputato per le analisi, ma quest’ultimo non si è mai presentato. L’obiettivo era quello di capire se si trattasse, o meno, dello stesso ceppo di virus. Per ovviare alla non collaborazione dell’imputato, il perito ha svolto una indagine sulle cartelle cliniche dell’uomo. Scoprendo che era sieropositivo fin dal 1985 e che da allora non aveva fatto molti controlli o cure, circostanza che aveva anche aggravato le probabilità di contagio, in caso di rapporti sessuali non protetti.

Il comportamento poco responsabile dell’imputato ha fatto il paio con le cartelle cliniche della donna infettata. La madre del bimbo, infatti, si sottopose a un primo test che risultò negativo, per verificare la presenza dell’hiv, al quarto mese di gravidanza. Successivamente avvenne il contatto con l’uomo che aveva preso a frequentare occasionalmente, fino a quando, la sorella del nuovo fidanzato, la informò di stare attenta perché si trattava di un sieropositivo. La donna si vide cadere il mondo addosso, corse in ospedale per ripetere le analisi (era a quel punto al settimo mese) e ricevette la terribile notizia che il virus l’aveva contagiata. I tempi coincidono e il tribunale ha stabilito la colpevolezza dell’imputato. 

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Pubblicato il 23 Febbraio 2010
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