Pedemontana? “Se l’avessimo fatta 40 anni fa…”

Il sociologo Aldo Bonomi interviene alla Mobility conference e analizza il panorama sulle nuove infrastrutture

BreBeMI, Pedemontana, TEM. In tanti, come Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano si ricordano i discorsi sulla necessità di queste opere da quando avevano “i calzoncini corti”. E per questo oggi viviamo in un “ritardo infrastrutturale nel nostro territorio che ci obbliga a realizzare infrastrutture con maggiori costi, perché è necessario farle partire, e in effetti questo sta accadendo”. Qualunque infrastruttura è oro, continua Podestà intervenuto nel corso dell’incontro “Le nuove autostrade lombarde, progetti e territorio, risorse e fattibilità” ad Assolombarda, rientrante nell’ultimo appuntamento della Mobility conference, avvenuto a Milano il 9 febbraio scorso. Ma occorre anche “migliorare ciò che si respira e per questo bisogna investire sul ferro, sui treni, e se non si trovano finanziatori, occorre pensare ai pedaggi sulle tangenziali”.
Ed è proprio per via di quei “calzoncini corti” che in tanti portavano quando si incominciò a parlare di Pedemontana e nuove opere in Lombardia, che è bene mettere alcuni puntini sulle “i” e vedere che sta succedendo sul territorio. Ci ha provato Aldo Bonomi, sociologo e analista del Sole24Ore alla luce delle novità in cantiere – e non è una metafora – che verranno realizzate. “Proprio perchè stiamo parlando di infrastrutture in un territorio a capitalismo maturo, è bene considerare un ragionamento che tratti del ‘limite’ – spiega Bonomi. Chiunque progetta e finanzia infrastrutture oggi deve tenere in conto che questi progetti non vengono vissuti solo come opportunità eccellenti di sviluppo ulteriore, ma hanno all’interno una problematica del limite. Per esempio rispetto all’Expo del 2015: le precedenti edizioni, dalla nascita fino a qualche anno fa, decantavano il futuro, l’eccellenza e lo sviluppo, che sembrava illimitato. L’Expo del 2015 incorpora invece il concetto di limite dal momento che vengono trattati come centrali i temi del vivere meglio, dell’alimentazione, della green economy, tutti temi che necessariamente devono incorporare il concetto di limite. Un altro esempio è l’autostrada del sole: quando venne realizzata, eravamo in una fase di sviluppo, con un panorama ben diverso da quello attuale”.
Ma non è tutto. Ci vuole un diverso modo di pensare: “Ragionare di infrastrutture – continua il sociologo Bonomi – significa dover fare i conti con due distinte forme di capitalismo a cui corrispondono diversi interessi e diverse rappresentanze, vale a dire il capitalismo manifatturiero e capitalismo delle reti. Pedemontana è una lunga catena di montaggio di un sistema produttivo che va da Malpensa a Montichiari. Se ci fosse stata prima questa catena di montaggio, magari 40 anni fa, avremmo avuto uno sviluppo ancora più forte di quest’area. Ma ora, gestire il rapporto tra capitalismo manifatturiero e capitalismo delle reti vuol dire anche gestire un problema di rappresentanza, per esempio quello tra Confindustria e Abi (Associazione bancaria italiana ndr)”.
Ma cosa succede sul territorio con un’opera in cantiere come la Pedemontana? “Variano le forme di convivenza, basti pensare ai pendolari, che rappresentano il conflitto odierno, ma anche la nascita di ‘comunità artificiali’, nuove. Cambiano, poi, le forme della governance, che deve essere in grado di avere e spendere la ‘moneta forte’ del sistema. Rispetto alla governance esiste un problema complesso che riguarda anche gli amministratori locali, i quali spesso alzano la posta in gioco per dare l’assenso affinché un’opera passi sul territorio da loro amministrato. Basti pensare alle piste ciclabili, alle aree verdi e ai servizi che gli amministratori anche di piccoli comuni pretendono come pedaggio”.

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Pubblicato il 10 Febbraio 2010
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