“Quelle rampe non s’hanno da fare”

Il comitato "Pedemontana fatti sotto" sta analizzando la questione dei ricorsi da presentare: il progetto della tangenzialina "blinderebbe" varie abitazioni, già destinate ad esproprio in passato, dietro alte barriere

Quelle rampe proprio non s’hanno da fare: non si capisce a cosa servono e si troverebbero talmente a ridosso di varie abitazioni da togliere loro, dietro muri vari di contenimento, non solo il panorama, ma in qualche caso anche il sole. Questa la posizione del comitato "Pedemontana fatti sotto", riunitosi anche questo venerdì per affrontare la questione dei ricorsi. A Gazzada sono circa 45 i soggetti ricorrenti, almeno 150 le persone direttamente o indirettamente interessate, da chi si vedrà sottrarre il terreno a chi si vedrà "accecare" la casa dalle barriere della tangenzialina fino a chi teme di ssere costretto a giri dell’oca quotidiani per gli spostamenti più semplici.
Le rampe, nate da una revisione del progetto iniziale, sono questione tecnica separata rispetto a quella dell’opera principale della tangenziale varesina, a sua volta solo uno spinoff locale dell’enorme complesso di Pedemontana. Parliamo di opere accessorie e complanari al tratto di tangenziale che dovrà ricollegarsi presso il ponte di Vedano con quella già completata da molti anni verso l’Iper, e poi prolungata di recente.
A complicare il tutto agli occhi dei residenti la questione dei pedaggi: essi danno per scontato che la tangenziale varesina sarà a pagamento, e già prevedono un mezzo disastro per la circolazione stradale. «Le rampe non conducono all’interno del tratto autostradale, servirebbero in teoria ad evitare l’attraversamento del paese da parte del traffico pesante, ma non sarà così. Accadrà che per evitare il pedaggio su pochi chilometri, si uscirà dall’Autolaghi a Castronno, per immettersi sulla complanare (l’attuale sp 57, già intasata e pericolosa di suo, ndr)». E le rampe stesse, con pendenze «fino al 9% per scavalcare la ferrovia» e soluzioni tecniche complicate, non sembrano proprio nate per il traffico pesante che affligge la zona, rilevano dal comitato, come ben sa chi percorre l’A8 o la sp 57 stretto fra un Tir e quello dopo.

L’appuntamento di venerdì del comitato, ospitato presso una ditta di Castronno, serviva a chiarire la relazione tecnica dell’ing. Borghi che fa da "pezza d’appoggio" ai ricorsi. Questi, dopo le osservazioni presentate già la scorsa primavera da molti dei ricorrenti, sono in attesa di replica da parte di Pedemontana, che a sua volta deve, prima di poter dire una parola definitiva, attendere eventuali prescrizioni di modifiche ai progetti dal Cipe. Una volta avuto un ulteriore no da Pedemontana, si andrà di fronte al TAR Lombardia. E i comitati di ogni angolo dell’alta Lombardia son già pronti a fare la fila in tribunale, carte bollate in mano.
Il comitato si è mosso la scorsa estate proponendo allora – da qui il suo nome "Pedemontana fatti sotto" – una soluzione interrata che però è ben presto emersa come non fattibile. Il progetto emerso in autunno per il cruciale snodo di Gazzada salvava, è vero, varie case dall’abbattimento, e in teoria evitava l’attraversamento del paese ma ad un prezzo che da subito lasciò quantomeno perplessi i residenti, così da un problema ne emergevano altri. Trovarsi fino a nove metri di terrapieni e barriere a ridosso di casa per un’opera in teoria al servizio dello snellimento della viabilità locale, ma in pratica con prospettive problematiche, non è uno scenario gradito. Un po’ come ovunque, visto minacciato il giardino di casa, quando non la casa stessa, è scattato il meccanismo della solidarietà tra vicini con interessi comuni. E anche l’amministrazione di Gazzada non si è mostrata insensibile alle ragioni portate avanti dai concittadini.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Marzo 2010
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