Vivono nel cantiere in attesa di essere pagati

Prosegue determinata la lotta del titolare e dei dipendenti di una ditta edile, tutti egiziani, per ottenere il dovuto dal committente e dalla ditta che ha subappaltato i lavori di ricostruzione di una palazzina

Prima, a fine marzo, diciotto giorni di sciopero, incluso quello della fame, fino al ricovero di uno degli operai; poi, dopo una "pausa" pasquale per rivedere le famiglie, da lunedì di nuovo occupazione a oltranza del cantiere: «Da qui senza i soldi non ce ne andiamo». Prosegue la vicenda della H.R., la ditta di cui è titolare Abdallah Hatim, egiziano. Con lui a protestare occupando il sito all’angolo tra le vie Cattaneo e Torino, a Legnano, ci sono i suoi operai, tutti connazionali. La ditta è rimasta senza soldi: da proprietà e committenza, da tempo non arriva un euro. Il titolare, rimasto "col cerino in mano", è lì con i suoi: una minuscola baracca li ripara da notti ancora fredde. Due metri più oltre, il baratro di uno scavo con dei piloni delle fondamenta: una palazzina che è stata demolita e doveva essere ricostruita, in una zona residenziale fittamente edificata.

La H.R. eseguiva i lavori in subappalto. La ditta committente ha sede a Magenta, quella che ha subappaltato i lavori è dell’hinterland milanese (Cusano Milanino), la H.R. ha sede Sesto San Giovanni. L’odissea del signor Hatim, imprenditore edile da otto anni in Italia dopo cinque anni di Francia, è iniziata la scorsa estate quando andando in Comune per la DIA (denuncia di inizio attività) ha scoperto che la ditta subappaltante «non era in regola». I lavori erano appena avviati: tutto documentato da una serie di foto appese al telone che racchiude il cantiere. Accanto, cartelli in cui si denuncia la situazione in un italiano non corettissimo ma dal senso inequivocabile: "Non vogliamo la carita" "Anno rubato i soldi dei lavoratori". Il cartello dei lavori ne annuncia la conclusione per il 31 marzo 2010.

In otto, sui diciotto dipendenti totali della HR, presidiano il cantiere. Una volante di polizia passa e controlla chi va e chi viene; un residente della zona si sofferma a salutare gli accampati. «Abbiamo coinvolto anche l’ambasciata egiziana (il consolato ndr) e il nostro ministero del lavoro» dice Hatim. Per lui la situazione è particolarmente grigia: ha moglie (che è un’ingegnere) e quattro figli con un quinto in arrivo. «Abbiamo messo tutto noi» lamenta, «il lavoro, i materiali da costruzione, tutto.

«L’impresa costruttrice (che ha subappaltato ad HR, ndr) aspetta i soldi da quella proprietaria dell’immobile, che dice: avevamo già dato». Quando il Comune si trovò ad eccepire sulla DIA all’avvio dell’attività, riferisce Hatim, «io non volevo continuare i lavori ma mi è stato detto dalla proprietà di non preoccuparmi, che eventualmente si cambiava contratto, e che all’arrivo dei soldi sarei stato pagato. Qualcosa non va tra le ditte, ma nei guai ci sono rimasto io» fa Hatim indicandosi con il pollice. Anche i lavori svolti non sono stati senza problemi, riferisce: l’abbattimento della facciata dell’edificio preesistente è costato una controversia con il Comune, lo scavo, invece, con la vicina, preoccupata di vedere minata la stabilità di casa sua. «Non abbiamo nemmeno potuto usare l’escavatrice, o quasi». Il buco c’è, il resto è da fare, se e quando si potrà tornare a lavorare. Ma si deve: «Dobbiamo pur ripartire, andare avanti, per noi e per le nostre famiglie». Per tutti ormai è rosso profondo: «Uno di noi dormirebbe qui comunque perchè non ha più i soldi per l’affitto; a me è arrivata la lettera di sfratto. Questa faccenda ha fermato tutto, tutta la mia vita». Quando la cascata del denaro si inaridisce, più si sta in basso, e più son dolori.

Per fortuna gli edili egiziani non sono rimasti del tutto soli: un sindacalista e un avvocato si occupano del caso, e i residenti della zona hanno manifestato simpatia per la loro condizione. Una vicina, in particolare, li riforniva di bevande anche durante i giorni di sciopero della fame.
Il sindacalista Enrico Vizza, della segreteria provinciale milanese di Feneal-Uil, ha suggerito come muoversi per recuperare gli arretrati. Subito ha predisposto un documento di messa in mora dei soggetti coinvolti e sono stati informati della situazione tutti gli enti competenti. «Abbiamo agito chiaramente a tutela dei dipendenti, non dell’impresa in sé: far capire questo punto agli operai è stato un po’ uno scoglio, ma abbiamo avuto da loro il mandato formale ad agire». Il sindacalista attende ora la documentazione formale sugli stipendi per supportare l’azione a carico di proprietà e impresa esecutrice.
L’avvocato Giacomo Cozzi, infine, rassicura: i dipendenti rivedranno i loro stipendi arretrati tramite un’azione diretta verso la proprietà, mentre la ditta H.R. si rivarrà sull’azienda che le ha subappaltato il lavoro: il legale sta preparando un’azione ingiuntiva. La situazione del signor Hatim, è più complicata di quella dei dipendenti, ma anche qui dovrebbe essere possibile uscirne. Per ora, il presidio continua.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Aprile 2010
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