Sulla Costituzione “è tempo di passare dalla difesa all’attacco”
Sindacalisti e studiosi di diritto hanno preso parte ad un incontro a Villa Tovaglieri. Angiolini (PD): "la destra non ha progettualità, la sinistra deve reagire. Federalismo? Una stupidaggine". Stasi (Cgil Varese): "La difesa della costituzione passa da quello dello Statuto del lavoro"
Sulla Costituzione basta difese disperate a oltranza: è il momento di passare al contrattacco. Questo uno dei messaggi chiave di un incontro tenutosi a Villa Tovaglieri di Busto Arsizio sotto l’egida dell’associazione Eugenio Curiel e del PdCI. I temi della Carta costituzionale e del lavoro al centro dell’eterno "che fare" di una sinistra che vive i suoi anni più difficili.
«Dopo il lavoro, si flessibilizza anche la Costituzione, e sempre all’ombra del Piano di rinascita della P2» sintetizza Cosimo Cerardi introducendo per il PDCI bustese, lamentando l’imitazione pedissequa di modelli politici anglosassoni, la «riduzione progressiva di ruolo e prerogative dei corpi elettivi (consigli comunali, regionali, Parlamento)», la «deriva plebiscitaria di un’opinione pubblica irretita da decenni di controllo mediatico» cui «Berlusconi ha fatto passare l’idea di un mondo senza legge verso l’alto, e senza diritti verso il basso». Di conseguenza, «oggi è tempo non più di difesa della Costituzione, ma di pensare ad un grande soggetto politico formato proprio a partire dalla Carta costituzionale stessa».
Un saluto è venuto anche da Michele Mascella per l’Anpi provinciale: «La Costituzione è ancora giovanissima, chi vede delle rughe ha interesse a vederle. No alla restaurazione travestita da riforme».
Franco Stasi, segeratrio generale di Cgil Varese, constatatava che mentre Varese è in fibrillazione per i potenti del G6, «in provincia abbiamo quarantamila cassintegrati, seimila licenziati, duemila aziende in crisi…». La difesa della Costituzione, argomenta il sindacalista, passa anche da quella dello Statuto del Lavoro. Che è sotto attacco. «La Cgil si oppone con forza alle norme che introducono l’arbitrato, norme peggiorative per i dirtti dei lavoratori. Altra battaglia decisiva è l’integrazione degli immigrati, anzi dei nuovi cittadini». Il governo va avanti per la sua strada, sulle intercettazioni come sul decreto collegato sul lavoro: «Si potrà tornare al licenziamento verbale, senza nemmeno la lettera scritta». La battaglia di Cgil culminerà con lo sciopero nazionale del 4 giugno e la manifestazione a Roma il 12. «Ci batteremo contro una Finanziaria iniqua e con profili di incostituzionalità, che punisce lavoratori e pensionati senza tassare rendite fondiarie e grandi patrimoni immobiliari».
Dopo un intervento a carattere storico della ex senatrice Maria Agostina Pellegatta sul tema dell’unità di tutti gli antifascisti e i democratici, il professor Vittorio Angiolini, docente di diritto costituzionale presso la Statale di Milano, ha lanciato il suo appello. Non più battaglie di retroguardia ma passare decisamente all’attacco, da parte di tutta la sinistra, sui temi costituzionali, dell’ordinamento statale, della democrazia sostanziale. «Oggi non ci sono le premesse per un dibattito sulle riforme costituzionali» la sua tesi: «Da destra si vuole l’approvazione del lodo Alfano per via costituzionale, cioè sancire che chi governa è al di sopra della legge. Poi noi accreditiamo la destra di una progettualità costituzionale che non ha. Non hanno idee, e quelle poche si infrangono sugli scogli della crisi. Non dobbiamo indugiare sulle loro proposte: non funzionano, provocano improverimento, caduta della partecipazione e della responsabilità».
Sulla Costituzione, «il problema siamo noi, la sinistra, che non siamo in grado di reagire». Diritti civili in caduta libera, mancanza di pluralismo televisivo e l’attacco all’informazione creano «una miscela fortemente autoritaria». La battaglia sarà per i diritti di tutti: anche quelli degli stranieri: «chi comprime i loro diritti, comprime i suoi». Quindi «gli stranieri devono votare, se può farlo un argentino grazie a un nonno italiano… A votare deve essere chi è coinvolto dalle conseguenze nelle decisioni, è la base della democrazia». Sul lavoro: «Abbiamo i salari più bassi dell’Europa sviluppata e non è vero che dipende dalle tasse, la Germania le ha parecchio più alte. Incostituzionale poi l’arbitrato fatto al momento di stipulare il contratto di lavoro, cioè mentre il lavoratore è ricattabile». Sull’organizzazione dello Stato, ancora, «la dobbiamo fare finita di inseguire la stupidaggine del federalismo. Che non vuol dire essere contro l’autonomia locale. Ma se guardiamo altrove, gli USA di fatto hanno ridotto il federalismo. Quello fiscale va bene, ma con la perequazione». Basta poi, insiste Angiolini, con l’esaltazione del principio di maggioranza, «bisogna riconoscere che vi sono principi che stanno oltre la stessa maggioranza». Vanno tolti dalla Costituzione i decreti legislativi e decreti legge, introdotta la sfiducia costruttiva, ridotti di numero i parlamentari, fatto un Senato delle Regioni, «che renderebbe accettabili in partenza i vincoli nazionali alle singole entità locali: e perchè no, facendolo eleggere agli stessi consigli regionali». Infine, rigore assoluto su legalità e giustizia: «difendiamo dalla politica l’indipendenza del potere giudiziario».
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