Silvio Raffo e la sua “Dependance”: dal giallo, of course

A "Cocktail con l'autore" lo scrittore e docente varesino illustra con una sorta di "lectio brevis" temi e archetipi del giallo e del "noir", attraverso il suo ultimo romanzo ma non solo

Silvio Raffo mattatore per un pubblico di aficionados a Cocktail d’Autore, la manifestazione letteraria al Mia Beach Lounge Bar di Busto Arsizio in collaborazione con Libreria Boragno e Varesenews. Il docente e autore varesino ha autonomamente retto la scena con sapiente maestria divagando fra giallo e noir, fra se stesso e i massimi autori, fra temi dozzinali dell’oggi che rifugge e moventi profondi dell’animo umano che ricerca. La presentazione riguardava la sua ultima fatica letteraria, Dependance – il caso Evelyn Grant, nato da un atto unico teatrale poi mai andato in scena, ma il filo che l’autore stesso dipana è una matassa troppo complessa per essere ricondotta alla singola opera, e torna in un po’ tutta la produzione di Raffo, in particolare in opere che egli stesso "rileggeva" e citava a distanza di anni come "Lo specchio attento" (1987) e "I figli del Lothar" (2008). Scrittore "esigente" e alieno dalle mode, non si esime da severi giudizi sulla massa della produzione letteraria odierna, e punta dritto alla qualità del prodotto. Che parte dalla buona conoscenza dell’italiano («che non tutti gli scrittori hanno…» bacchetta il professore del liceo Cairoli di Varese), «dalla sintassi, dalla linearità, dalla leggerezza del tocco», dall’arte della concisione, del «non concedere nulla al superfluo», del far sì che ogni parola, come i sassolini di Pollicino, sia un indizio, una traccia che alla fine compone il grande quadro del romanzo. «Lieto fine: non ci riesco. Serve un’espiazione, un sacrificio che nobilita. Mi piacciono personaggi di alti ideali e infelici, non i mediocri descritti in certa letteratura di oggi, la cui vita va da un bar all’altro, o da una dose di stupefacenti all’altra».

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Che lo si voglia poi chiamare giallo, il colore degli abiti di Raffo, noir o Psycho-noir («questa definizione però mi piace»), sono tutte etichette, sostiene, e come tali lasciano un po’ il tempo che trovano. Il genere è insomma quello, e Raffo va a sviscerarlo per il suo pubblico tra mille riferimenti ad autori di vaglia, di fama nazionale ed internazionale. Lui stesso, a 62 anni e vare opere ben quotate ("La voce della pietra" fu finalista al Premio Strega nel 1997), si può ben permettere qualche giudizio tranchant qua e là, o al contrario di portare in palmo di mano colleghi illustri e celebrati – da José Saramago a Dino Buzzati, da Edgar Allan Poe o Patricia Highsmith, con la quale, ampiamente citata ad esempio, ha avuto in comune l’amore per la Svizzera (quella ticinese, familiare eppure così diversa) ma soprattutto  l’attenzione alla psicologia contorta e sofferente dei personaggi. «Se escludi la psiche dalla scrittura» dice «ottieni spazzatura».
La psicologia tormentata ricorre anche in Dependance, romanzo claustrofobico e ambiguo volutamente fin dal titolo (un’abitazione, o una condizione?), che vede al centro un tema ricorrente e dichiarato di Raffo, quello del giovane adolescente in preda a un rapporto disturbato e difficile con la realtà e con la propria genitrice. E, ovviamente, un delitto da risolvere, senza polizia («che noia quando arriva la polizia… e che mania quella dei commissari che tanto piacciono!»), in un ambiente debitamente inquietante. Con il risultato che solo all’ultima pagina, ed è l’autore stesso a cautelare il lettore, emergerà la verità sui personaggi.
Chi è Daniel? Cosa significano le sue crisi di paralisi e di cecità temporanea? Dove porta la figura inogmbrante in tutti i sensi di sua madre Evelyn? E il padre, Adam? E chi è alla fine miss Baker, la dottoressa che irrompe a metà racconto? Nulla si disvela appieno fino alla fine, ed è, avverte Raffo, una delle arti del giallista, le cui storie, dice, nascono sempre «da qualcosa che abbiamo visto o sentito, unito a qualcosa che ci portiamo dentro». Un’esigenza del profondo. Quel profondo da cui sorge il mistero.

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Pubblicato il 23 Giugno 2010
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