Via Gaggio scrive all’Unesco: “La riserva naturale è in pericolo”
Dieci anni fa l'ONU ha riconosciuto il valore straordinario del Parco del Ticino. Che ora, secondo il comitato, è in pericolo a causa dell'espansione dell'aeroporto. Fino a domenica presidio in via Gaggio
«La riserva di biodiversità del Ticino è minacciata dall’aeroporto». Viva Via Gaggio prende carta e penna e scrive all’UNESCO per segnalare il rischio che corre la riserva MAB (“man and biosphere”) di fronte alle nuove espansioni dello scalo di Malpensa: il comitato che lotta contro la terza pista ha inviato alla delegazione in Italia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura un dossier – redatto dal consulente ambientale Walter Girardi, che presenta la situazione attuale e le prospettive future. «L’analisi, basata sul consumo di suolo vergine, suolo pregiato, all’interno di una delle reti ecologiche più importanti per l’esistenza e la continuità ecologica del Parco del Ticino, – scrive il comitato – pone una serie di forti preoccupazioni circa il mantenimento della qualifica di riserva Mab», riconosciuta dieci anni fa dall’Unesco, causando anche «una violazione degli obblighi internazionali che legano il nostro Paese all’Unesco». Nel dossier – oltre al progetto di espansione a sud dello scalo, che interessa 330 ettari di brughiera – si evidenziano anche i dati attuali sull’inquinamento e l’impatto di Malpensa, con riferimento in particolare alla Sentenza Quintavalle, la prima che ha riconosciuto e quantificato i danni prodotti dal traffico aereo.
L’iniziativa di pressione sull’organismo delle Nazioni Unite è stata presentata in occasione del “Campogaggio”, il presidio di tre giorni che si chiuderà domenica sera. Attivisti e simpatizzanti del comitato hanno stabilito un piccolo “campo base” nella zona della cucina tedesca (residuo della presenza militare durante la Seconda Guerra Mondiale). Nella giornata di sabato il Campogaggio ha ricevuto anche la visita dei ragazzi del campo di Legambiente, che vengono da numerosi Paesi europei e persino dalla Corea: un altro modo per allargare i confini di una mobilitazione che ha già costruito rapporti con altre iniziative analoghe all’estero.
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