Concussione all’ufficio tecnico, in aula parla Gigi Bossi
Nel processo che vede imputati Bossi, Motta e Papa l'ex-capo dell'ufficio tecnico rilascia, per la prima volta, dichiarazioni spontanee dopo un silenzio in aula durato mesi. Continua la lunga fila di testimonianze
Gigi Bossi rompe il silenzio che lo ha contraddistinto fino ad oggi, linea condivisa con gli altri due co-imputati Riccardo Papa e Federica Motta, e parla in merito ad un fatto specifico riguardo all’accusa che viene mossa a tutti e tre di concussione ambientale. L’ex-capo dell’ufficio tecnico del comune di Gallarate, insieme all’architetto titolare dello studio Lolita (compagna dello stesso Bossi) e all’architetto Riccardo Papa, è accusato dal sostituto procuratore titolare delle indagini Roberto Pirro (nella foto con Leonida Paggiaro) di aver creato un sistema per il quale chi voleva costruire a Gallarate doveva affidarsi ad uno dei due professionisti per poter vedere la sua pratica edilizia evasa in breve tempo. Da mesi sfilano, davanti al collegio giudicante formato dal presidente Toni Adet Novik insieme a Olimpia Bossi e Luisa Bovitutti, i testi indicati dall’accusa. Imprenditori, architetti, tecnici e politici stanno fornendo la loro versione dei fatti disegnando anche il quadro generale di come funziona il mondo dell’urbanistica gallaratese.
Questa mattina la testimonianza dell’architetto Massimo Airoldi ha fatto uscire Gigi Bossi dal suo silenzio per rilasciare delle dichiarazioni spontanee in merito alla vicenda dei capannoni industriali di viale Stelvio costruiti da Leonida Paggiaro in società con Cremon, altro personaggio chiave delle vicende gallaratesi e già accusatore di Caianiello nel processo per le tangenti all’ex-Maino. I fatti risalgono agli anni 2002-2003. Airoldi ha riferito di come venne estromesso dall’incarico che aveva ricevuto, verbalmente, dallo stesso Paggiaro per la progettazione dell’area industriale e che poi fu assegnato a Federica Motta: «Presentai il progetto al geometra Fraschini dell’ufficio tecnico – ricorda Airoldi – e mi venne fatto notare che la strada d’accesso all’area era troppo piccola per poter sopportare la mole di traffico generata da un impianto industriale. Cercai altre soluzioni per l’accesso e conclusi che non ve n’erano se non quella della strada, già prevista dal piano regolatore, ma che doveva costruire un altro soggetto, confinante con l’area di Paggiaro e Cremon».
A quel punto Paggiaro chiede al professionista che aveva incaricato di farsi da parte dietro compenso per il lavoro svolto fino a quel momento. Airoldi acconsente e si eclissa. Dopo qualche tempo il progetto viene affidato a Federica Motta e oggi i capannoni sono in costruzione così come la via d’accesso, seguendo sostanzialmente sia il progetto che l’iter consigliato da Airoldi. Cosa è successo nel mentre lo spiega lo stesso Gigi Bossi che rilascia le sue prime dichiarazioni spontanee in dibattimento: «Visionai il progetto di via Stelvio e vidi che il problema erano gli accessi perchè su viale Stelvio insisteva una scuola e la strada esistente aveva un passo troppo piccolo per il passaggio dei bilici. Posi a Paggiaro il problema: o si faceva un piano esecutivo o si cercava di costruire quella strada prevista dal piano regolatore. Paggiaro provò a parlarne con il proprietario dell’area, un certo Bollazzi, proponendogli di costruire la strada al posto suo ma questo non ne voleva sapere di collaborare con Paggiaro. A quel punto mi posi da intermediario nella vicenda in quanto il comune aveva interesse a che la strada si costruisse per portare la fogna ad alcune abitazioni che insistevano in quella zona. Ottenni l’ok da Bollazzi che mise di mezzo il suo legale, preparammo una convenzione e Paggiaro costruì la strada a regola d’arte. Seppi, infine, dalla mia compagna Federica Motta che era stata contattata da Paggiaro e Cremon per l’affidamento dell’incarico per la progettazione sia dell’area industriale che della strada e, siccome lei non si era mai occupata di quel tipo di opere stradali, le consigliai un professionista che potesse seguire quell’aspetto».
Secondo i legali nulla proverebbe la concussione anche in questo caso dato che Airoldi non riferisce di pressioni subite per farsi da parte da chicchessia ma ad inizio udienza il pm Pirro ha consegnato i verbali di interrogatorio con le dichiarazioni di Paggiaro: in quelle pagine, secondo il pm, c’è la prova dell’imposizione dell’architetto Motta, da parte di Bossi, ai due imprenditori in modo da favorire la costruzione della via e sbloccare, così, la costruzione dell’impianto industriale bloccata da oltre un anno.
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