Manager coperto d’oro, gli atti in procura
Il giudice contabile indagò e mandò la documentazione sul Camelot: ora si scopre che l'ex direttore ebbe anche una lauta buonauscita. Le opposizioni: "Sono mancati controlli". Il vicesindaco Bossi: "Solo processo mediatico"
Per “incentivare” l’ex direttore Giancarlo Durante ad andarsene, la Camelot-3SG spese oltre 120mila euro: una buonauscita consistente, venuta alla luce grazie alla sentenza del giudice della Corte dei Conti sulla pensione dell’ex dirigente. L’intera vicenda dell’azienda comunale, secondo il giudice contabile, presenta «univoci indici sintomatici di gravissima anomalia gestionale» nelle scelte fatte dal CdA.

Il vicesindaco Massimo Bossi ha preso atto della ricostruzione fatta dal presidente dell’azienda Paolo Caravati e ha respinto le richieste dell’opposizione: «Allo stato degli atti non c’è alcun motivo perché i membri del CdA del 2007 ancora in carica debbano dimettersi». I due consiglieri ancor oggi in azienda, Roberto Delodovici e il dottor Luigi Parassoni, rimangono. E dai conti, continua Bossi, non potevano emergere i passaggi “incriminati”.
«L’amministrazione potrà costituirsi parte civile solo nel momento in cui l’ipotesi dovesse essere accertata in sede penale» ha continuato Bossi. «Non c’è nessun processo, solo quello mediatico che danneggia l’azienda». Bossi e Caravati confermano poi che l’azienda ha collaborato con la Corte dei Conti.
Il dibattito in consiglio è stato teso, le opposizioni si sono mosse unite: vogliono chiarezza sui motivi per cui l’assessore Carlo Bonicalzi (per anni presidente della casa di riposo gallaratese) non si è reso conto di quanto accadeva
(e con lui l’amministrazione tutta). «Non sappiamo se c’è illecito – nota in poche parole Roberto Borgo per la Lega Nord – ma il dato politico resta: la mancanza di controlli sui soldi dei cittadini c’è stata». Cinzia Colombo (SEL) ricorda i ritardi e le imprecisioni nel trasmettere le relazioni semestrali: «Siamo di di fronte ad un fatto inaudito: in un’unico giorno si decide il raddoppio dello stipendio per gravosi impegni, che non si sa quali siano, e subito dopo si dimette il direttore». Marco Casillo del Pd si chiede invece «perché si aveva paura che il direttore ritirasse le dimissioni?». Per i democratici forse si voleva tenere qualcosa nelle mura di Camelot, senza farlo uscire.
Nonostante si discutesse delle responsabilità del Cda, Quintino Magarò parla di «linciaggio mediatico verso persone che hanno costruito 3SG» e lamenta che ci si occupi di una persona singola, l’ex direttore peraltro presente tra il pubblico con tanto di registratore portatile. «Ipotesi di reato? È un termine forte che eviterei – dice Magarò – ci sono gli estremi per una querela». Il clima è teso, il presidente del consiglio comunale Donato Lozito è costretto a ricordare non si possono fare registrazioni audio. Per la maggioranza non esiste nessuna responsabilità politica: «Anche questa sera – attacca il capogruppo del PdL Alessandro Petrone – alcuni colleghi trasformano la funzione di vigilanza in una sorta di funzione giurisdizionale». Di fondo, per il centrodestra, è solo polemica politica, «libidine elettorale».
Fin qui il dibattito. Rimane il dato concreto: la buonauscita da 110mila euro pagata dall’azienda e l’aumento di pensione che peserà sui conti dello Stato.
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