Sannino, lettera alla città: “Carissima Varese, arrivederci”

Il mister scrive al popolo biancorosso, vecchio e nuovo: «Qui, per la prima volta ho avuto la certezza di essere apprezzato per come sono. Con i miei pregi e i miei difetti»

Carissima Varese,

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Fino a pochi giorni fa mi sorprendevo a pensare come e cosa poteva diventare la nostra vita salendo nel Paradiso del calcio. Il gradino più alto per chi come noi vive il calcio per quello che è: un gioco. Era tutto scritto. Dal mio arrivo in C2, a campionato iniziato. Venivo dalla mia prima estate da disoccupato nonostante i due campionati vinti nelle due stagioni precedenti. Qui c’ero già stato per due brevi apparizioni da giocatore e da allenatore. Quel giorno, guidando verso di te credevo di aver accettato di allenare una squadra di calciatori ultima in serie C2. Arrivando al Varese stavo invece imboccando una strada che avrebbe cambiato radicalmente la mia vita. Qui, per la prima volta ho avuto la certezza di essere apprezzato per come sono. Con i miei pregi e i miei difetti. Qui non ho conoscenze e frequentazioni ma affetti e amici veri. Qui non ho allenato calciatori ma uomini. Varese è diventata e resterà la mia città. La mia professione mi porta a Siena per vivere quello che fino a domenica scorsa ero certo di poter realizzare nello stadio della mia città, nel quale ero entrato trovando uno stadio grigio e con le curve chiuse e dal quale sono uscito ferito e con gli occhi lucidi insieme a un gruppo di amici veri, applaudito da 8000 tifosi, anziani, giovani e famiglie intere. I tempi del calcio moderno non mi hanno permesso di staccarmi da te nel modo migliore. Mi hai dato molto ma ti chiedo ancora un’ultima cosa. Quando da ragazzino arrivai a Torino da Napoli, insieme ai miei genitori in cerca di lavoro, passavo intere giornate giocando interminabili partite di pallone a piedi nudi, per strada. Un signore mi notò e mi offrì la possibilità di un provino per una squadra vera. Risposi che avrei accettato a patto che la stessa opportunità venisse allargata anche agli altri miei compagni di gioco. Al termine della prova fui l’unico ad essere tesserato. Al momento i miei amici, amici veri, ci restarono male. Poi prevalse la gioia di vedere uno di loro nel calcio vero. Oggi vorrei rivivere la stessa emozione. Al dispiacere di vedere le nostre strade dividersi vorrei subentrasse in te la gioia di vedere un tuo figlio adottivo nel calcio dei grandi.
Lo stesso Sannino che si divideva tra il lavoro all’Asl e il campo. Quello che a Crema non portava i figli allo stadio perchè non sentissero il proprio padre, alla guida di una squadra prima in classifica, venire apostrofato come "ecoballa napoletana". Quello che in ogni città in cui ha allenato e vinto non aveva mai vissuto prima quello che ha vissuto con te. Sei diventata e resterai la mia città. Quella che ho attraversato all’alba, prima delle gare decisive per salire prima in C1 e poi in serie B, commosso nel vedere balconi e finestre con esposto un drappo biancorosso. Parto per una nuova avventura che un pò mi spaventa. Fu così anche all’inizio di quest’anno fantastico. Ma allora sapevo di contare sul tuo aiuto, puntualmente arrivato, che ha permesso al Varese di vivere un’altra fantastica stagione che nemmeno l’amara conclusione può sminuire. Ora, il salto nell’università del calcio lo faccio da solo ma in apparenza. Gli uomini che in questi tre anni hanno condiviso con me il lavoro sul campo, ognuno dei giocatori che ho avuto, i tifosi che hanno ricambiato la curva contagiando l’intero stadio e tutti coloro che mi hanno regalato emozioni indelebili, li sentirò al mio fianco, come sempre.
Carissima Varese,
arrivederci

Tuo Peppe

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Pubblicato il 07 Giugno 2011
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