Un summit per discutere della moto di Calderoli
Tre ministri, due senatori e un consigliere regionale. Tutti a casa di Umberto Bossi, nel momento in cui l'Europa decide il destino dell'Italia

Mentre la Banca centrale europea e i mercati decidono il destino economico dell’Italia, tre ministri del governo Berlusconi si trovano e discutono di una moto. Sono da poco, infatti, passate le 11 e 30. Nel cortile di casa Bossi, spuntano alla spicciolata il Senatùr, il ministro Roberto Calderoli (proprietario della Bmw oggetto della discussione), i senatori Fabio Rizzi e Rosi Mauro. E con loro l’immancabile «Trota», alias Renzo Bossi. Il ministro Giulio Tremonti esce per ultimo. Se ne sta un po’ sul cancelletto della villetta di Gemonio, con vista panoramica sul cementificio di Cittiglio, e alla fine raggiunge il gruppo di discussione.
Un’analisi del bauletto, sotto lo sguardo compiaciuto di Calderoli. Una toccatina al manubrio, una sgasata a motore spento. Fuori dal cancello ci sono giornalisti, cameramen e fotografi accalcati e supplicanti con le braccia protese tra le sbarre di ferro. I più furbi se ne stanno in alto e da lì riprendono l’allegra combriccola ministeriale. Bossi se ne accorge e, con l’immancabile eleganza che lo contraddistingue, sfodera un bel dito medio all’indirizzo degli «altolocati». A sua volta Calderoli, con un sorriso carico di umanità, minaccia: «Umberto, liberiamo i cani?».
La politica della Seconda Repubblica è fatta anche di questi momenti. Anzi, soprattutto di questi momenti. Il Paese vive ore di incertezza sul suo futuro, il mondo ci guarda e noi mandiamo in scena l’avanspettacolo della politica.

Dal summit di casa Bossi arriva un solo messaggio (non all’Europa e nemmeno all’economia) ed è rivolto a «un tale che si chiama Berlusconi» che tra l’altro non si è fatto sentire (sono parole del Senatùr). L’asse è tra il Carroccio e Tremonti. E il centrodestra campa al governo fino a quando durerà questo rapporto di vassallaggio politico. È chiaro che in questo caso il signore a cui si deve fedeltà è il leader leghista che invita il ministro dell’Economia a pronunciarsi sui mercati, sull’Europa, sulla lettera ricevuta da Francoforte da parte della Bce. Ma Tremonti si defila con un «non parlo», espresso più con forza che non con deferenza, rimanendo aggrappato al cancelletto con la testa tra le mani. E allora ci pensa lui, Bossi, che di colpo da euroscettico diventa europeista convinto («bisogna andare dietro all’Europa») e da virulento secessionista diventa tiepido riformista («Dobbiamo fare tutte le riforme, che stiamo preparando»).
Alle 13 lo spettacolo è finito. Ministri e senatori, preceduti dal «Trota», escono dalla casa di Gemonio. È ora di mangiare.
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