Aids: vecchia malattia, nuovi timori

Sono i rapporti eterosessuali la maggiore via di contagio del virus HIV. Il dottor Tosetto parla dell'evoluzione della patologia e dei nuovi rischi

L’associaizone culturale "La casa di Nando" pubblica, in occasione della Giornata mondiale, alcuni dati che fotografano l’evoluzione della malattia in questi trent’anni


Il fiocco rosso simbolo della lotta all'AidsSono oltre 45 mila le nuove diagnosi di infezione da Hiv riportate al Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di sanità (Iss), tra il 1985 e il 2009, da 17 Regioni e Province italiane. L’andamento dell’incidenza per il periodo in osservazione mostra un picco nel 1987, per poi diminuire nei dieci anni successivi e infine stabilizzarsi. Nel 2009, l’incidenza è stata di 6 ogni 100 mila abitanti, con più di 2500 nuove diagnosi da Hiv.

I numeri inquadrano l’Italia fra i Paesi dell’Europa occidentale con un’incidenza medio-alta di nuove diagnosi di infezione di Hiv. Evidente anche il divario Nord-Sud: si osserva infatti un’incidenza maggiore nell’Italia centro settentrionale (in Emilia-Romagna la più elevata) rispetto a quella meridionale e alle Isole (in Calabria l’incidenza più bassa). In aumento l’età mediana alla diagnosi (da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2009). Si osserva inoltre un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze e aumentano i casi attribuibili a trasmissione sessuale.

I dati del contagio nel 2008 in Italia


Riguardo ai nuovi casi di Aids, dal 1982 (anno della prima diagnosi della malattia in Italia) al 31 dicembre 2010, sono stati notificati al Coa oltre 62 mila casi. Di questi: il 77,3% è di sesso maschile, l’1,2% coinvolge bimbi in età pediatrica (meno di 13 anni) o con infezione trasmessa da madre a figlio, e l’8,5% riguarda persone straniere. Nel 2010 i nuovi casi di Aids sono stati 1079, di cui 718 diagnosticati nel 2010 e 361 negli anni precedenti. 
 
Degno di nota, il fatto che negli ultimi 15 anni è aumentata la proporzione delle persone che hanno scoperto l’infezione da Hiv poco tempo prima della diagnosi da Aids. Come risultato di questi ritardi nella diagnosi (dovuti probabilmente a una percezione del rischio ancora troppo bassa, in particolare fra gli eterosessuali), solo un terzo delle persone a cui è stato diagnosticato l’Aids hanno cominciato le terapie antiretrovirali prima della diagnosi della malattia.

Il 50% dei ragazzi e delle ragazze dell’ultimo triennio delle scuole superiori non pensa di poter contrarre una infezione da Hiv durante i rapporti sessuali perché ha bevuto troppo per valutare il rischio; il 10% dichiara che non è in grado di percepire il rischio di Aids potenzialmente connesso a un rapporto sessuale non protetto perché sconvolto dall’uso di sostanze. L’analisi di questi comportamenti a rischio desta profonda preoccupazione.

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Pubblicato il 01 Dicembre 2011
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