La classe operaia di Borgostinto forse andrà in paradiso
Lo stabilimento è la rappresentazione di un mondo diviso tra eletti (manager) e inferiori (operai). Roberto Bramani Araldi ne tratteggia vizi e virtù
L’animo umano puo’ raggiungere le alte vette della virtù e, al contempo, i bassifondi della meschinità. Nessun luogo popolato dall’uomo puo’ sfuggire a questa regola schizofrenica, ma immanente al mondo. Nemmeno lo stabilimento di Borgostinto. Il problema è che Pino La Gazza, Adolfo Stalini, la contessa Malerba, Mario Origlia, Benito, Emilio, ovvero i personaggi che animano le storie narrate da Roberto Bramani Araldi, non sanno di giocare una partita vecchia in un mondo nuovo. La globalizzazione non ha reso liquidi solo i confini della finanza e dell’economia, ma ha sottratto alla classe dirigente i facili sotterfugi che fino a ieri rendevano possibile l’inefficienza e l’incompetenza, quasi sempre accompagnate da forti dosi di arroganza. Non che oggi questi «bachi» siano del tutto scomparsi dal sistema. Sono solo più difficili da occultare insieme agli effetti negativi. E Bramani Araldi, manager di rango di una grande multinazionale, tutto questo lo sa.
Il cambiamento dovrebbe essere l’obiettivo principale di chi ha le leve del potere, invece a Borgostinto le cose vanno diversamente: i furbetti del borgo cercano di consolidare i propri privilegi, illudendosi così di non dover mai cedere il passo al nuovo che avanza; invece i semplici accettano il cambiamento, con fatalismo e speranza, sapendo che nello stabilimento, così come nella vita, l’esistenza altro non è che «un infinito succedersi di gioie e tristezze».
Le storie narrate nel libro “Stabilimento di Borgostinto” (Pietro Macchione Editore) hanno il carattere dell’universalità, potrebbero infatti svolgersi in qualsiasi parte del mondo, così come la lotta tra i «sommersi» e i «salvati» della fabbrica è un tema caro alla letteratura, e non solo, contemporanea. Ciò che invece dà un’impronta di inconfodibile italianità ai personaggi, tratteggiati con ironia e sarcasmo dall’autore, è il provincialismo che caratterizza il loro orizzonte.
Se scrivere significa vampirizzare la propria esperienza, allora c’è veramente di che preoccupparsi.
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