Un impegno per il Mali
Laura Magnani, presidente Associazione Yacouba racconta il lavoro per il paese martoriato dalla guerra e i tanti retroscena dell’intervento francese di questi giorni
Il Mali è un paese bellissimo. Ha affascinato molti di noi nei viaggi che abbiamo fatto nei dieci anni di storia della nostra associazione. Yacouba per l’Africa, animata da tanti volontari, si occupa di solidarietà internazionale nell’ambito della cooperazione e nasce proprio in Mali, a Dogon, paese di cui abbiamo imparato ad apprezzare le risorse e la cultura.
Abbiamo cominciato le nostre attività rispondendo alla richiesta di costruire una scuola nel villaggio di Walia, ai piedi della falesia di Bandiagara ed abbiamo proseguito allargando i nostri interventi ad altri villaggi, rispondendo alle richieste di approvvigionamento acqua, sostegno alla scolarità, formazione professionale e tutela della salute.
Durante i viaggi di verifica progetti abbiamo avuto modo di conoscere la popolazione, godere della loro ospitalità e generosità, di visitare il paese.
Siamo stati anche a Tomboctou e Gao, le zone attualmente sede di combattimenti e dichiarate indipendenti dal resto del Mali dal Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad nella primavera 2012.
Il Mali è un paese molto grande e povero, in prevalenza desertico, che si colloca tra i territori con più problemi di mortalità infantile, scarsità di acqua potabile e malnutrizione. E’ popolato da varie etnie (bambara, bozo, songhai, tuareg ecc.), ciascuna con le sue particolarità.
I retroscena dell’intervento francese di questi giorni sono tanti: storia del popolo tuareg e della sua volontà di riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, ritorno in patria di miliziani di origine tuareg al soldo di Gheddafi, ben armati ed addestrati, strumentalizzazione da parte di estremisti islamici del desiderio di indipendenza dell’Azawad, colpo di stato militare per destituire il presidente Tourè ed infine richiesta agli altri stati africani ed all’unione europea di sostegno\ intervento militare per riportare il territorio nazionale sotto l’autorità di Bamako. Sicuramente non vanno dimenticati interessi occidentali nei confronti delle risorse di uranio, petrolio, e minerali preziosi.
Non sono in grado di fare un’analisi politica ed economica di quanto sta avvenendo, ma posso tratteggiare le difficoltà che la popolazione sta vivendo.
Innanzitutto gli stessi abitanti dell’Azawad che si sono visti applicare la sharia e ulteriormente ridotta la libertà e il riconoscimento di diritti personali. Sicuramente non padroni del loro territorio prima e neppure ora, nonostante la dichiarazione di indipendenza e la fiducia riposta nelle forze di liberazione e nei gruppi di estremisti islamici che operano nell’Azawad.
Sono moltissimi gli abitanti di quei territori, di varie etnie, che sono fuggiti ed hanno trovato rifugio a Bamako ed in altre zone del paese ( circa 230.000), oppure che sono emigrate all’estero (gli operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a fine dicembre riferivano di 54.100 accolti in Mauritania, 50.000 in Niger, 38.800 in Burkina Faso e 1.500 in Algeria), costretti all’esilio ed alla vita in campi profughi senza prospettive di ritorno a breve.
Il Mali ha vissuto in buona parte di turismo, cosa che da diverso tempo (ormai un paio d’anni) non è più possibile. L’afflusso di stranieri è diminuito fino a scomparire totalmente negli ultimi mesi. Un paese sulla cui sicurezza avremmo scommesso solo fino a due \tre anni fa, oggi è diventato off limits per gli occidentali.
Questo fatto ha creato delle difficoltà anche alle organizzazioni come la nostra: impossibile recarsi in Mali per verificare l’andamento dei progetti e la valutazione delle necessità delle popolazioni, abbiamo dovuto sempre più fare affidamento sulle associazioni locali con cui abbiamo stabilito rapporti di collaborazione.
I progetti consolidati proseguono, ma non è possibile avviarne di nuovi.
Questa situazione di emergenza ci ha visti, insieme ad altre associazioni che operano da diversi anni sul territorio maliano, avviare una collaborazione che ha dato vita ad una rete (RETE MALI) che nei mesi estivi del 2012 ha inviato aiuti alimentari alle popolazioni maliane.
Attualmente,seguendo i suggerimenti del Ministero della cooperazione italiano con cui siamo in contatto, RETE MALI sta cercando di concretizzare aiuti sanitari ad un campo profughi a Saagniogniogo a 25 km da Ouagadougou in Burkina.
Ci sembra importante non abbandonare la popolazione maliana con cui abbiamo in questi anni intrecciato rapporti di stima ed amicizia, pur con le difficoltà che questa nuova condizione richiede.
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