Una città quasi senza auto

Michela Barzi, candidata nella lista Per un'altra Lombardia riflette sulla crisi del mercato delle auto e sui possibili diversi sviluppi

 La notizia ha un risvolto cattivo ed uno buono: la produzione di auto in Europa è destinata ad esaurirsi per mancanza di mercato, quindi si perderanno un sacco di posti di lavoro, con tutte le conseguenze socio-economiche che ciò comporta, ma ci saranno sempre meno automobili in giro che è una gran bella cosa per l’ambiente.
Secondo il Wall Street  Journal  in Europa 15 dei 20 stabilimenti automobilistici operano al di sotto della metà della loro capacità produttiva e 4 di essi saranno chiusi entro il 2017. Le perdite del mercato automobilistico dipendono largamente dalla cattiva situazione economica del continente, nel quale l’aumento della disoccupazione e delle tasse colpisce la domanda  di nuovi veicoli, la cui flotta circolante è ancora relativamente giovane. Vi sono anche però le mutate abitudini dei possessori d’auto, meno inclini a spendere il  tempo dentro il loro mezzo di trasporto e a pagare sempre più caro il carburante, tra le cause della contrazione della domanda di auto.  E’ poi aumentata la propensione a fare acquisti on line, così come a  mantenere i contatti sociali, quindi lo spostamento in auto tende ad essere qualcosa  da fare il meno possibile anche per evitare le trappole del  traffico delle città. L’altra faccia del fenomeno è l’aumento dell’uso del trasporto collettivo, che pure tra mille disagi è decisamente più economico di quello individuale automobilistico, così che sempre più auto vengono lasciate ferme a favore di questa modalità di trasporto.

Ma quali sono le soluzioni per risolvere l’enorme problema occupazionale che la contrazione della produzione d’auto porterà con se?. Il declino dell’industria automobilistica non inizia con l’attuale crisi economica e lo scenario della “demotorizzazione” sembra ormai preso seriamente in considerazione da alcuni dirigenti del settore. Non si tratta infatti di smettere di produrre auto ma di farle diverse  e per esigenze mutate. Quindi se possedere l’auto individuale è diventato un insostenibile peso economico ed anche ambientale, visti i molteplici impatti della mobilità individuale automobilistica, la risposta potrebbe essere costruire una flotta di auto elettriche da utilizzare in condivisione per le necessità individuali di spostamento nelle città. Pensiamo ad esempio ad una serie di parcheggi posizionati in vari punti ben collegati al trasporto collettivo, dove stazionano le auto elettriche che ci serviranno per quegli spostamenti che sarebbe difficile fare  utilizzando solo i mezzi pubblici. Immaginiamo ad esempio che sia possibile la riconversione di qualche distributore di carburante, anche loro colpiti dalla crisi e dei bassi margini di guadagno, in stazione per la flotta del car sharing elettrico . L’auto la si può prenotare con il nostro cellulare, con il quale peraltro si potrebbero anche pagare le corse sui mezzi pubblici se qualcuno si decidesse ad utilizzare applicazioni che esistono già, previo abbonamento al servizio. E’ uno scenario del tutto plausibile ma che dipende dalla affidabilità e dalla frequenza del trasporto pubblico, senza il quale le auto che noi potremmo fare a meno di acquistare, di rifornire e di manutenere, resterebbero senza utilizzatori.
La città quasi senz’auto sarebbe quindi un luogo dove sulla struttura del trasporto collettivo si innesta la mobilità individuale del car sharing elettrico e se ne programma lo sviluppo. Ecco allora profilarsi l’antidoto alla dispersione insediativa, cioè quel fenomeno che ha creato gli enormi suburbi attorno alle città fatti di villette con giardino. Se quello era il modello insediativo pensato per il possessore di auto individuale, il superamento di quel mezzo di trasporto può determinare anche il declino del modello di abitazione suburbana. Sarà più desiderabile vivere non troppo lontano dai nostri simili e condividere con loro un modello di quartiere urbano più denso per numero di abitanti più complesso per presenza, a portata dei nostri piedi, dei servizi e degli esercizi commerciali. E dove, naturalmente, saremo serviti dal trasporto pubblico, sul quale le amministrazioni locali dovranno investire di più e meglio perché sia in grado di darci un servizio più efficiente che saremo felici di pagare di più, se sarà in grado di liberarci dalla schiavitù dell’auto. 
 
Michela Barzi, architetto, candidata nella lista Per un’altra Lombardia

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Pubblicato il 20 Gennaio 2013
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