“Pgt, perchè prevedere di edificare ancora?”

Pubblichiamo la lettera integrale mandata dall'associazione Attac Saronno a tutti i consiglieri comunali, in vista dell'approvazione definitiva nel piano di governo del territorio

Gentili Signore/i Consigliere/i,

nelle prossime ore sarete chiamate/i a deliberare sull’approvazione definitiva del più importante atto politico-amministrativo del vostro mandato: il Piano di Governo del Territorio. Come associazione presente sul territorio, abbiamo cercato in questi pochi mesi in cui l’Amministrazione ha definito le proprie proposte, poi adottate nel Consiglio Comunale del 20 dicembre scorso, di portare il nostro contributo e il nostro punto di vista, sul metodo e nel merito, sia con iniziative da noi organizzate, sia nelle occasioni messe a disposizione dei cittadini dall’Amministrazione.

Sentiamo tuttavia la necessità, in questo importante momento, di invitarvi a tornare su alcune nostre riflessioni, che riteniamo siano state spesso pregiudizialmente non ascoltate o fraintese. Il sovradimensionamento del piano e la necessità di uno “stop” a nuova edificazione e consumo di suolo (aspetto già ritenuto “il più critico” anche da altri Enti, quali ARPA e Provincia di Varese) Sin dalla prima bozza di piano (luglio 2012) avevamo con stupore notato una proposta di dimensionamento di max 9.300 nuove stanze/abitanti sulla quale avevamo cercato immediatamente giustificazioni nel Piano, come pure interpellando l’Assessore competente. Era noto, infatti, che gli abitanti di Saronno fossero cresciuti nell’ultimo decennio di sole 1.811 unità, mentre nel decennio precedente il saldo era risultato addirittura negativo (- 1.748 abitanti). Ci siamo quindi dedicati al secondo fattore di dimensionamento di piano, la quantità di alloggi già esistenti e quali di questi fossero inutilizzati e vuoti.

Abbiamo purtroppo dovuto riscontrare una grande chiusura dell’Amministrazione Comunale a fornire questo dato, banale ma essenziale, sia per capire la “fotografia” della nostra città che per gli evidenti effetti sul controllo delle entrate tributarie. Abbiamo quindi proposto dei metodi (utilizzati anche in altri comuni, quali il Comune di Caronno Pertusella) per arrivare in modo “derivato”, tramite l’incrocio di dati, a un risultato verosimile (non certo quello fornito solo dal Catasto, ritenuto dallo stesso Segretario Comunale poco attendibile, come pure l’ultimo Censimento ISTAT), ma ci è stato risposto, con molto ritardo, che erano ancora in corso gli accertamenti con apposito software; questo agli inizi del mese di marzo e poi ancora nell’ultimo consiglio comunale aperto sul bilancio consuntivo. Abbiamo quindi verificato nell’ultima bozza di piano, quella adottata il 20 dicembre, che finalmente veniva indicato almeno il dato sulla produzione edilizia dell’ultimo decennio (solo di residenza 711.128 mc., ovvero ca. 7.200 nuove “stanze” realizzate, oltre a mq. 146.742 di produttivo/commerciale), sulla base della quale, rispetto alla effettiva crescita della popolazione, il sovradimensionamento appariva ancor più evidente (4 stanze per abitante, ca. 130 mq!).

Anche volendo considerare un parametro che l’Amministrazione definisce più “realistico” di 50 mq./abitante invece che il convenzionale 33 mq./abitante, si desume un incremento di 4.740 nuove stanze rispetto ad una popolazione cresciuta di sole 1.811 unità (due volte e mezzo il fabbisogno). La proposta di Piano adottata in dicembre riduceva le previsioni insediative a max 8.500 nuove stanze residenziali (limitandosi a sottrarre alcune aree all’edificazione, quali l’ATA1 e l’ATA2, peraltro come da prescrizioni del PTCP Provincia di Varese) ed ora la versione di Piano che sta per andare in approvazione ridurrebbe ulteriormente la previsione insediativa a ca. 7.000 nuove stanze, ancora limitando alcuni volumi sulle aree di trasformazione, peraltro stralciando la “socialmente utile” quota ERS, e rivedendo l’edificabilità di alcune aree (es. l’area dell’ex Tiro a Segno). Non abbiamo trovato motivazioni “scientificamente fondate” di queste diverse previsioni di Piano e nemmeno più squisitamente “politiche”.

Dal punto di vista “scientifico”, infatti, la sostenibilità ecologica di questo sovradimensionamento è difficilmente avvalorabile, come ci indicano i documenti ambientali allegati allo stesso PGT: Saronno è la città di gran lunga più densamente popolata della Provincia di Varese con 3.613 abitanti per kmq. (la seconda, Busto Arsizio, ne ha “soli” 2.700); Saronno è anche classificata “comune ad alta tensione abitativa” (Del. CIPE n. 87 del 13.11.2003) la piccola superficie territoriale di Saronno (10,84 kmq.) è già edificata per la percentuale record del 73,7% (cit. dal Piano dei Servizi: si è di fatto di fronte a “una sorta di resa dell’ambiente naturale rispetto a quello costruito”) l’aria è inquinata a tal punto che il PM10 l’anno scorso ha superato di tre volte il limite di legge previsto (max 35 superamenti di soglia annui: se ne sono avuti 101) oltre 200.000 veicoli attraversano in entrata e in uscita la città ogni giorno il suolo è contaminato da numerose (almeno 13) aree ex industriali a rischio la nostra falda acquifera superficiale è già vulnerabile totalmente per quanto riguarda i nitrati mentre quella profonda presenta focolai di contaminazione da solventi clorurati che hanno già causato la chiusura temporanea o assoluta di alcuni pozzi già oggi, con gli abitanti e l’edificato attuale, siamo in presenza di un “deficit” idrico di 3.402 mc/giorno, con gli scenari di dimensionamento proposti si arriverebbe a un incremento del “deficit” idrico da ca. 4.500 mc./giorno a quasi 5.000 mc./giorno!

Circa il consumo di suolo, crediamo sia superfluo aggiungere argomentazioni alla ormai ineludibile necessità della sua integrale seppur tardiva salvaguardia (vista l’ormai esigua superficie inedificata residua del solo 25%), ma riteniamo doveroso tornare a proporvi due fondamentali questioni: non ci sono volumetrie che “residuano” dai PRG precedenti quasi avessero un “diritto naturale” all’edificabilità, perché il nuovo piano di governo del territorio è un punto zero da cui partire, altrimenti le volumetrie “ereditate” dai piani precedenti si stratificherebbero sugli altri senza possibilità di cambiamento (tra le altre, vi invitiamo a leggere la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV n. 6656, del 21 dicembre 2012). Il presunto “saldo” positivo che la proposta di Piano dichiara di ottenere tra quello che fa costruire e quello che otterrebbe in termini di standard e servizi è ottenuto per la gran parte dall’edificazione sulle aree dismesse (159.099 mq.) e per il resto dal “sedime ferroviario dismesso” (ritenuto inedificabile di fatto e di diritto) per mq. 16.754.

L’affidamento alla realizzazione dei progetti di riqualificazione sulle aree dismesse della gran parte del “saldo positivo” del consumo di suolo è stata finora fallimentare, come viene dichiarato dagli stessi estensori del Piano dei Servizi (pagg. 10-11 della Relazione) quando, analizzando lo stato di attuazione degli standard, si rileva che dei 195.000 mq. a verde connessi ad interventi di “omologazione urbanistica” (come venivano definite le aree dismesse nel PRG previgente), non essendo stata realizzata la riqualificazione delle aree “non ha pertanto prodotto il ritorno di aree alla disponibilità pubblica nella misura che ci si aspettava”. Veniamo pertanto alla questione più strategica e politica del PGT: la riqualificazione delle aree dismesse principali del nostro territorio. Rappresentano da sole ca. il 70% del carico insediativo del piano (quasi un milione di mc. di volumetrie). La proposta di PGT replica la medesima destinazione urbanistica del precedente PRG del 1997 (il mix funzionale privo di “regia pubblica” e di orientamenti strategici economici e sociali, limitandosi a definire percentuali di quote funzionali), rimasta completamente inattuata.

Vent’anni fa ci chiamavano “sognatori” o “utopisti”, ora possiamo affermare invece che i “sognatori” sono coloro che hanno affidato alla legge del mercato la mai avvenuta “riqualificazione” di queste aree, che restano ancora dei “buchi neri” circondate da muri inaccessibili e anzi ostacolo per i cittadini. Ora su queste aree si vuole ripetere questa storia già vista, andando ancora una volta a confermare un indice volumetrico già pesante per un presunto “riconoscimento” dei costi di bonifica che verosimilmente le proprietà hanno già scontato. Addirittura non si vuole decidere a tal punto cosa farne che si delegano a un futuro Accordo di Programma le previsioni e le funzioni insediabili. In questi anni le proprietà si sono succedute e fallite, speculando solo sul valore d’uso dei suoli loro concesso (oltre all’ISI sull’area ex Cemsa anche la Galileo sull’area ex Isotta Fraschini è in liquidazione giudiziaria dal 24 dicembre). Sono rimaste le banche, che non hanno di certo l’interesse pubblico al centro dei loro pensieri.

L’esperienza ci dimostra che vent’anni fa avevamo ragione a chiedere (e ottenere in parte) un percorso partecipato dai cittadini per una reale riqualificazione di queste aree a scopi ambientali e sociali, ma soprattutto a chiedere una forte regia pubblica che consentisse di governare un processo lungo e faticoso ma non impossibile. Come si può pensare che possano essere “riqualificate” ora, in questa contingenza storica, che vede il record negativo del settore della compravendita immobiliare e del comparto edilizio in generale, solamente con la politica urbanistica della mera “valorizzazione delle aree”, con la semplice assegnazione di indici volumetrici? Perché non si è provato a percorrere una strategia diversa, peraltro doverosa in considerazione dei fallimenti riscontrati con l’esperienza pianificatoria precedente? Perché ci si è arresi al “prezzo da pagare” (come ha onestamente affermato l’Assessore all’Urbanistica) prima di tentare un’alternativa possibile e necessaria? Avremmo forse speso altri cinque anni di reali tentativi per il riutilizzo a scopi davvero sociali e produttivi di queste aree, a fronte degli oltre 15 passati affidandosi a un non meglio identificato “libero mercato”.

Per questo abbiamo proposto che la città tornasse a scommettere sulla destinazione produttiva di queste aree avendo l’obiettivo della “riconversione ecologica territorio”, con funzioni chiare e precise quali, oltre al parco, la produzione, promozione e formazione alle energie rinnovabili e al risparmio energetico, la ricerca e il riciclaggio delle materie prime seconde, la bio-depurazione di acque e suoli, la bioedilizia ovvero altre funzioni del settore con alto livello tecnologico e scientifico; e questo con un reale percorso partecipativo con la cittadinanza, a partire dai soggetti presenti sul territorio nei settori di attività individuati, con il Comune garante con le proprietà di questo percorso, quale partner attivo del processo.

Le politiche del costruire ad ogni costo hanno fallito e saranno sempre più fallimentari, con la saturazione completa del mercato immobiliare, mentre la disoccupazione avanza drammaticamente e investire in questi settori è sempre più necessario anche per non rendere irreversibile la grave compromissione ambientale del nostro territorio. Le risorse economiche per provare ad esplorare questi settori possono essere pretese dagli Enti Locali da quell’enorme patrimonio collettivo che si chiama “Cassa Depositi e Prestiti”, in merito alla cui gestione e risocializzazione abbiamo organizzato degli approfondimenti seminariali aperti a tutta la cittadinanza proprio in questi giorni, in sintonia con molte altre realtà associative e organizzazioni sociali italiane, che dal mese di aprile si sono riunite in un Forum nazionale. Come abbiamo avuto modo di approfondire, è ormai evidente come le singole amministrazioni locali siano ormai vittime a loro volta dei grandi interessi internazionali e finanziari che le rendono impotenti e asservite alle logiche speculative (finanziamenti a improbabili grandi opere, privatizzazione di servizi e immobili pubblici, etc.).

Solo con una diversa e coraggiosa strategia delle amministrazioni locali, in alleanza con i propri cittadini, da coinvolgere attivamente nel ripensare alla pianificazione e recupero delle risorse necessarie per il conseguimento degli obiettivi sociali e ambientali, che sappia coniugare bilancio e pianificazione territoriale in modo partecipativo, sarà possibile scommettere nuovamente su un possibile ruolo pubblico, socialmente fondato, delle comunità locali, smettendo di rincorrere sempre più ipotetici investitori, peraltro sempre più indebitati e in balia delle oscillazioni e speculazioni dei mercati. Vi chiediamo pertanto di voler utilizzare le vostre competenze di controllo per verificare le nostre osservazioni sul dimensionamento di piano, in modo “scientifico” e propedeutico ad una valutazione più politica dell’atto che andate ad approvare. In merito a quest’ultima, non possiamo che ribadire l’invito a riconsiderare quanto l’esperienza pregressa ci ha purtroppo dimostrato e provare a tracciare un nuovo percorso che sappia rispondere ai sempre più pressanti bisogni delle famiglie e ad un futuro possibile per le giovani generazioni. Perché non è mai troppo tardi…

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Giugno 2013
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