Via da Varese la collezione di libri antichi dei Pullè
Prima stavano a Cantello, poi hanno trovato posto nella sede dell fondazione Labus Pullè, a Varese. E ora 5000 libri antichi rischiano di andare a Milano. Ma l'Insubria si candida a conservarli in provincia
Prima stavano nel varesotto, più precisamente a Cantello (nella foto, il palazzo dove ha visuto l’ultimo conte Pullè, Nicola), dove le ultime due generazioni della dinastia avevano vissuto. Poi hanno trovato posto nella sede della fondazione che prende il nome della famiglia proprietaria, la Labus Pullè, a Varese. E ora 5000 libri antichi rischiano di prendere la strada degli scantinati della biblioteca Ambrosiana.
Il patrimonio della Fondazione dedicata ad uno dei più grandi esperti della scienza antiquaria delle epigrafi e della antichità classica, Giovanni Labus, vissuto tra la fine del settecento e la metà dell’ottocento, rischia di andare perduto per il territorio che li aveva accolti negli ultimi cento anni.
Lo studioso, che fu anche amico di Ugo Foscolo e di Vincenzo Monti, nel 1823 scoprì a Brescia – dove visse, dopo essersi trasferito da Milano – numerose sculture di epoca classica in bronzo, fra le quali la famosa Vittoria alata, che illustrò in ampie dissertazioni e pubblicò saggi archeologici, epigrafici e di erudizione sacra. Mentre la sua discendenza, almeno per tutto il 900, visse nel varesotto, più precisamente a Cantello, dove morì l’ultimo della stripe, il conte Nicola Pullè, che conservò fino all’ultimo nel suo palazzo il suo patrimonio di libri antichi e rari.
Un patrimonio che diventò il cuore della fondazione Labus Pullè, nata nel 2009 per volere della vedova, e che oggi è in liquidazione. Ed è proprio il commissario liquidatore che, dopo essersi consultato con il consiglio d’amministrazione, ha deciso di destinarli alla biblioteca Ambrosiana. Malgrado le richieste di spiegazioni del Prefetto di Varese, che veglia sull’operato delle fonazioni locali. E malgrado l’interessamento dell’Università dell’Insubria: «Quando l’università aveva saputo che un patrimonio importante e raro sul territorio varesino, circa 5000 libri e documenti antichi appartenenti alla famiglia di Giovanni Labus, veniva destinata alla biblioteca Ambrosiana, ci siamo fatti avanti – ha sottolineato Gian Marco Gaspari, direttore del centro studi locali dell’Università dell’Insubria – Fa parte dei nostri studi attuali ma anche dello sviluppo futuro di un polo umanistico».
«Il dispiacere è che si parla di un patrimonio letterario che è sempre stato sul territorio varesino e non si capisce perché non ci possa restare – spiega il rettore, Alberto Coen Porisini – Non è ne la prima ne l’ultima volta che ci occupiamo di cose del genere, abbiamo già acquisito fondi importanti. E abbiamo diversi luoghi per ospitarli, mantenendo l’unitarietà del fondo. La sede del centro di storie locali per esempio, che è a villa toeplitz e dove ci sono già alrte importanti opere. Oppure gli spazi adibiti a biblioteca all’interno dell’attuale collegio, senza contare la collocazione che sarà disposta più avanti, la biblioteca di cui l’ateneo si vuole dotare».
Anche perchè: «Al di là dello spazio fisico, il vero problema è quello di rendere disponibile questo patrimonio: svolgere un’opera di catalogazione, di pubblicazione dei cataloghi e di messa in rete in modo che gli studiosi di tutto il mondo li possano consultare – spiega Porisini – Noi siamo sufficientemente giovani e attrezzati per poterlo fare. la biblioteca Ambrosiana è sicuramente prestigiosa, ma rischia di lasciare questi volumi nei suoi scantinati per anni. E quando restano negli scantinati, sono come spariti, non ci sono più. Qualcosa che è già successo e che potrebbe succedere anche in questo caso. E in questo caso la milanocentricità non fa bene non solo a Varese, ma nemmeno a Milano».
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