Lotta alla povertà, l’Europa ci chiede di spendere meglio i soldi

Il convegno organizzato da Anci e Tecla ai Molini Marzoli ha affrontato il tema delle nuove povertà e delle modalità di spesa dei soldi stanziati dall'Unione Europea: "Evitare esclusione sociale per i nuovi poveri"

La situazione, almeno in apparenza, è facile da descrivere. Da un lato c’è l’Italia, con i suoi problemi e le sue mancanze, dall’altro le persone in difficoltà, che con la crisi stanno aumentando vertiginosamente e in mezzo si mette l’Europa, con le sue regole e i suoi obblighi. E’ in questa dinamica dialettica che si inserisce la questione della povertà ed esclusione sociale che ha animato il convegno organizzato da Anci e Tecla nella sala Tramogge dei Molini Marzoli di Busto Arsizio.

La questione è di stretta attualità non solo per la situazione creata dalla crisi economica che attanaglia il Paese ma anche per via del fatto che l’Italia deve rispettare le prescrizioni previste da “Europa 2020”, un progetto che punta a ridurre di 20 milioni le persone che vivono nell’indigenza nei prossimi 7 anni. L’Italia, in questo contesto, dovrà portare a livelli di vita accettabili 2,2 milioni di suoi cittadini. Gli uffici della commissione europea sono al lavoro per preparare un piano che porterà al raddoppio dei fondi da destinare a questa finalità. Con le nuove normative «la quota dei fondi che dovrà essere utilizzata per la riduzione della povertà dovrà raggiungere il 20% dei fondi destinati agli interventi sociali», spiega Andrea Mancini della Commissione Europea. Un impegno «che muoverà molte più risorse ma che parallelamente dovranno essere spartite tra una pluralità di soggetti in continuo aumento». Detto in altre parole: i fondi destinati a questo aspetto raddoppieranno. Oggi, ad esempio, la “virtuosa Lombardia” destina solo il 10% dei 796 milioni di euro che stanzia a fini sociali per la lotta alla povertà e all’inclusione sociale (la media nazionale è dell‘8,8%).

Ma questa è solo una parte di quanto sarà necessario per risolvere la questione. Se si prende il bilancio della stato «si nota come la spesa sociale sia in linea con la media europea incidendo per il 29,8% sul PIL -afferma Francesco Monaco di Anci- ma di questo solo lo 0,3% viene destinato alla riduzione della povertà». Troppo poco. E proprio per questo motivo «i fondi dell’Unione Europea troppo spesso diventano sostitutivi e non integrativi di quelli dello stato». Così «nonostante la situazione stia progressivamente peggiorando» il livello di servizi che riesce a fornire il nostro paese «non aumenta ma al più può auspicare di rimanere costante».
Ma se già la situazione del Paese non aiuta, neanche i fondi europei vengono spesi al meglio. «Noi dobbiamo ancora spendere o rendicontare buona parte dei fondi stanziati nel periodo 2007/2013», continua Monaco. Solo in Lombardia si parla di circa 300 milioni, il 40% di quanto stanziato. E così «mentre dovremmo pensare a come investire i prossimi fondi, risorse e personale saranno assorbiti dall’attività di rendicontazione». Una attività certo non facile che avrà una conseguenza ormai fisiologica per il nostro paese: «inizieremo le programmazione successiva con un anno e mezzo di ritardo». Come se questo non bastasse, un ulteriore bordata ai servizi sociali arriva dai continui taglia agli enti locali, in trincea a fronteggiare questa situazione. «Ricordiamoci che dal 2010 ad oggi lo stato ci ha tagliato il 60% dei trasferimenti -ammonisce il presidente di Anci Lombardia e sindaco di Varese, Attilio Fontana- e la crisi non ha ancora raggiunto il suo punto più basso»
In un contesto come questo si sprecano parole e sigle tecniche, si auspica la creazione di tavoli permanenti, si pensa a come spartire la torta e a chi distribuire le sue fette. Ma il rischio è che ai 10 milioni di poveri che abitano questo paese rimangano solo le briciole. Ancora.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Novembre 2013
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