Sala bingo e pizzerie fortini della droga, 13 arresti
Un’organizzazione che smerciava coca e fumo gestita da albanesi sgominata da un’operazione congiunta interforze. Sequestrati diversi locali pubblici in tutta Varese, auto, telefonini, contanti e droga. L’inchiesta si intreccia col tentativo d’evasione di Filadelfio Vasi
Sale bingo e locali pubblici: normali ritrovi per farsi una birra o una pizza, ma che venivano utilizzati come “bunker” per lo spaccio della cocaina e dell’hascisc in tutta Varese. Fuori, le vedette che segnalavano l’arrivo della polizia e di ficcanaso. E poi i “cavallini” che portavano la droga ai clienti facendo lunghi giri in moto per depistare, magari dopo aver recuperato la droga in parchi pubblici, nascosta in pacchetti di caramelle.
Un’organizzazione, la sua rete e le basi operative che sono state sgominate da un’operazione congiunta di Polizia, Carabinieri e Finanza coordinata dal pm Agostino Abate della procura di Varese e su ordinanza del gip Anna Giorgetti, con all’interno diverse sorprese: non solo gli stratagemmi e i trucchi per non farsi scoprire, ma anche gli intrecci con un’altra vicenda di cronaca che ha interrogato la città: il tentativo di evasione di Filadelfio Vasi. Ma andiamo con ordine.
CITTA’ NOSTRA – L’operazione dio oggi si chiama “Città nostra”: l’obiettivo, dicono gli investigatori, era quello di riappropriarsi di “sacche di malavita” e di regni dell’impunità che anche nella Città giardino riescono a vivere e proliferare; sono stati infatti impiegati oltre 200 uomini e 80 automezzi, con l’impiego anche di unità cinofile delle tre Forze di Polizia provenienti dai nuclei di Malpensa e di Orio al Serio (BG).
GLI ARRESTATI – A finire in manette sono stati i fratelli albanesi Leonard Colaj (30anni), Zefian Colaj (22) e Landi Colaj (38), Giovanni Aldo Marangella (26), Tusha Gjergj (21), Ferdinand Ndoja (36), Decimo Letizia (55), Gjovalin Preka (29), Klodjan Makaj (25), Erlin Malaj (27), Valentin Marinaj (26), Deniz Dashaj (25) e infine la cittadina brasiliana Marianna Gabriella Vale Giubileo (22).
PERQUISIZIONI E SEQUESTRI – Complessivamente dunque, nel corso delle perquisizioni, sono state poste sotto sequestro circa 40 dosi di cocaina e altri 100 gr. della stessa sostanza ancora da confezionare, oltre a 11 gr. di hashisc, 21 computer, 42 telefoni cellulari, 8 veicoli, 4 locali pubblici (tra i quali la Sala Bingo di Varese, il “Piper” di Varese in viale Belforte e il “Club New Paradise” di Varese in via Dalmazia, oltre al ristorante/pizzeria “Da Decimo” di Varese in via Tagliamento) e circa 15.000 euro e 400 dollari in contanti.
LE INDAGINI – L’attività di indagine ha avuto la sua genesi nel 2012, anno in cui veniva individuata nella città di Varese e comuni limitrofi un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti gestita, con modalità particolarmente aggressive e disinvolte, da cittadini albanesi che avevano posto in essere una vera e propria “colonizzazione” del territorio.
L’INTRECCIO CON L’EVASIONE – Contestualmente, le indagini in corso si intrecciavano con quelle inerenti la programmata evasione del detenuto Filadelfio Vasi, da effettuare in occasione di una udienza programmata presso il Tribunale di Varese e sventata dai Carabinieri di Varese il 27 settembre 2012 al culmine di una vasta operazione di contrasto.
In particolare, emergeva che alcuni dei complici del tentativo di evasione gestissero una florida attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel comune di Azzate e si fossero “alleati” con l’organizzazione di Varese con l’obiettivo di compiere l’eclatante azione criminale.
La sorpresa arriva il 17 dicembre 2012: Umberto Arbolino, fiancheggiatore storico di Filadelfio Vasi, viene trovato in possesso di alcune dosi di cocaina. Chi era il suo fornitori? Secondo gli investigatori proprio Leonard Colaj, che poteva contare sul supporto di un nutrito gruppo di connazionali. Ecco l’aggancio delle indagini col gruppo di Varese.
Lo sviluppo delle attività, eseguite mediante una notevole mole di indagini tecniche
nonché numerosi servizi di osservazione e pedinamento sul territorio, ha così consentito il 20 novembre 2012 di arrestare per droga Landi Colaj in quanto trovato in possesso di alcune dosi di coca. L’estate scorsa, il 22 luglio venivano denunciati a piede libero Nikolin Qafalijaj, Alfons Dashaj, Leonard Colaj e Alexander Colaj, per rissa e lesioni personali, mentre il solo Alexander Colaj veniva accusato anche di tentato omicidio in quanto aveva provocato delle lesioni gravi a Leonard Colaj, nell’ambito di una diatriba legata alla gestione della piazza varesina. Infine lo scorso 4 novembre veniva arrestato Erlin Malaj, trovato in possesso di 33,20 grammi di cocaina. Tre giorni dopo in manette è finito anche Anton Lleshi, trovato in possesso di 19 dosi di cocaina.
DROGA NEI PARCHI E I “GIRI” DEI PUSHER – La forza d’urto di cui disponeva la “falange albanese” – affermano gli investigatori – “e l’estrema violenza dei suoi componenti ha così portato alla totale sottomissione della componente italiana, di fatto impiegata nell’attività di distribuzione dello stupefacente”.
Proprio il modus operandi legato allo spaccio era abbastanza elementare, ma artatamente finalizzato ad eludere i controlli di polizia: i cosiddetti “cavallini” avevano delle utenze dedicate con le quali evitavano di comunicare verbalmente e ricevevano degli sms dai vari clienti o dei semplici squilli, dando conseguentemente indicazioni criptiche sulle località di incontro, che spesso venivano cambiate all’ultimo istante.
Sono state numerose le persone individuate quali acquirenti nel corso dell’intera attività
e sono stati effettuati svariati riscontri, sia diretti che indiretti; tra i clienti risultano anche
persone insospettabili e particolarmente facoltose, capaci di ritirare nell’arco temporale di
un mese anche 400 dosi già confezionate di cocaina.
Estremamente ingegnoso è risultato l’artificio usato per occultare lo stupefacente, in
attesa della consegna. Infatti, al fine di evitare, in caso di controllo da parte delle Forze
di Polizia, di essere trovati in possesso di un consistente quantitativo di stupefacente ed
incorrere così in un arresto in flagranza per “detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti”,
i “cavallini” avevano individuato una serie di nascondigli all’interno di aree pubbliche
ove posizionavano dei contenitori – in genere comuni pacchetti in plastica di caramelle (nella foto) – imbottiti di stupefacente già suddiviso in dosi, dai quali prelevavano, pochi istanti prima
di partire per ciascuna cessione, solo il quantitativo concordato telefonicamente, tra
l’altro preoccupandosi di fare numerosi giri “a vuoto” prima di raggiungere la località di
occultamento.
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