Alma e Maio vivevano un’adolescenza felice e spensierata. Erano complici in tutto mescolando al gioco e all’allegria la voglia di conoscere e di scoprire il mondo. Il cinema, i libri, le prime vere trasgressioni erano parte di un’intimità profonda. Sembravano padroni della vita. “Andava tutto bene” e il loro legame appariva indistruttibile, fino a quando una sera Alma propose a suo fratello di provare l’eroina. A quei tempi, siamo alla fine degli anni Settanta, anche in una tranquilla cittadina di provincia come Ferrara, per i giovani era più difficile starne fuori che entrarci.
Per Alma quel “buco” restò un fatto isolato. Per Maio no. Ne uscì stravolto e incapace di reagire. La sua vita cambiò tutta in funzione di quella dipendenza, fino al giorno che due ragazzi vennero trovati morti per overdose e lui scomparve senza lasciare nessuna traccia.
Al suo quarto romanzo, Daria Bignardi, con L’amore che ti meriti, torna nella sua Ferrara per raccontare una storia familiare che coinvolge direttamente tre diverse generazioni, con una quarta che aiuterà a capire molti dei misteri.
"Abbiamo smesso di essere una famiglia il giorno in cui Maio è sparito. Non siamo stati capaci di salvarci. Avevamo solo noi quattro prima, nient’altro, e dopo non abbiamo avuto più niente".
A distanza di trentaquattro anni Alma vive ancora con sensi di colpa quello che successe in quei mesi a suo fratello. “Ho rovinato tutto, e mi merito l’inferno che ho vissuto istante per istante”.
Un inferno che non condivide con nessuno, nemmeno con i suoi affetti più cari: il marito Franco e la figlia Antonia.
“Ho sempre pensato che ci siano segreti che non si possono rivelare. Non avevo mai parlato ad Antonia per non contaminarla col mio dolore”. Sua figlia ha trent’anni ed aspetta un bambino. Sta vivendo un periodo di grande serenità. E poi “le donne incinte sono invulnerabili”. Così Alma decide che solo ora si possa aprire quel cassetto colmo di dolore, perché pensa che “chi soffre troppo da giovane non cresca mai”.

Antonia (Toni) fa la scrittrice di gialli, vive con Leo, ispettore di polizia a Bologna. La loro vita scorre tranquilla e, sebbene sia al sesto mese di gravidanza, decide di passare alcuni giorni a Ferrara. Vuole sapere cosa successe a suo zio Maio. È abituata a indagare, ma stavolta non si tratta di scrivere un romanzo: deve e vuole scavare nel passato della sua famiglia. Il modo migliore è andare a cercare testimoni che le raccontino cosa possa esser successo a quel giovane sconvolto dall’eroina.
Alle obiezioni del suo compagno risponde: lo faccio ”per aiutare mia madre. È ancora convinta che sia colpa sua, dopo tutto questo tempo, ti rendi conto? E anche per me."
Il romanzo è scandito da una narrazione a due voci con protagoniste Alma e Antonia che raccontano la storia della loro famiglia con un andirivieni anche temporale. Dialoghi serrati, costruiti con maestria e con un ritmo intenso.
Al centro di questo “thriller esistenziale” c’è la ricerca della verità, che ognuno però vede in modo diverso. La vita dei protagonisti è come un prisma in cui sembra che le facce siano le stesse comunque le si guardi. Invece si scopre che basta un fascio di luce che arrivi da un’inclinazione diversa, perché ognuno veda le cose in un altro modo. La ricerca di Maio, di quale sia stata la sua fine, apre tante altre finestre sulla storia della famiglia di Alma. Storie che nemmeno lei conosce e su cui, malgrado la sua profondità, mai aveva indagato.
Toni entra in relazione con diverse persone, che aprono pezzi di un mosaico che la porterà ad avere un quadro ben diverso da quello che si sarebbe potuta immaginare solo fino a pochi giorni prima.
Si trova a doversi confrontare con una città che non conosce, malgrado la vicinanza fisica dalla sua Bologna. “A Ferrara tutto è circoscritto, nascosto. Il Castello è circondato dal fossato, il centro è circondato dalle Mura, i giardini sono interni circondati dalle case, persino le tende delle finestre, color cotto, sembrano pensate per confondersi coi muri e nascondere segreti”.
Lei invece è abituata ad affrontare la vita viso aperto. “La mia strategia è dire sempre la verità. È la soluzione più sorprendente ed efficace che ci sia. Le persone reagiscono bene alla verità: accorcia tempi e distanze, crea intimità”.
Questa ricerca di una verità su suo zio Maio le farà scoprire molto altro che andrà ben oltre le sole vicende familiari. Un viaggio da cui uscirà cambiata, fino a credere che ”certe volte ci vuole più coraggio a non dire la verità che a dirla”.
Daria Bignardi guarda a quei fatti da diverse prospettive. Alla fine degli anni Settanta lei aveva gli stessi anni di Alma. Affonda forse nei suoi ricordi quando racconta l’adolescenza con dolcezza e sensibilità. L’Antonia che va a Ferrara è più grande di loro, e nella sua ricerca ripercorre quei luoghi per cercar di vedere e scoprire il più possibile.
Il romanzo entra ed esce da tanti viaggi interiori. Il dolore e l’amore sono i veri protagonisti. Alma, così come la descrive sua figlia, “non sa cosa sia la leggerezza. Non è una persona pesante, è solo… intensa. Concentrata. Profonda. Sempre senza tregua”. E non a caso è lei a farsi tante domande sul dolore. “Penso alle famiglie dei Paesi poveri, dove i figli muoiono di fame e di malattia. Il mondo è pieno di dolore. Perché alcuni lo sopportano e latri no?”
Nella sua vita questo è stato il tema centrale, ma il libro allarga lo sguardo. Ognuno dei protagonisti della storia chiede attenzione e il filo conduttore è proprio nel titolo che potrebbe suonare come la domanda più difficile. L’amore richiede un merito? Antonia prova a rispondere, ma c’è da credere che per ognuno di noi la risposta sarebbe diversa.
Martedì 11 novembre alle ore 21 al Teatrino Santuccio
Daria Bignardi sarà a Varese
per presentare L’amore che ti meriti (Mondadori)
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