“Non lasciamo che il giudice della nostra memoria sia una corporation”
Il diritto all’oblio è sempre esistito. Ma negli anni di internet sta prevalendo la percezione che le informazioni possono venir sacrificate: non sempre in nome della privacy ma del profitto

“Pronto, è il giornale? C’è un articolo che mi danneggia!” Si parte dalle telefonate, a decine, arrivate in redazione, per trattare il diritto all’oblio, e lo si fa di fronte ad una platea di addetti ai lavori all’interno di Glocal. Il tema è caldo: nel nostro Paese sono oltre 13 mila richieste di cancellazione di pagine in nome del diritto all’oblio. In Francia c’è una Carta che disciplina la questione, e in Italia? A che punto siamo? Orlando Mastrillo, giornalista e cronista giudiziario di Varesenews ha affrontato il tema con Guido Scorza, giornalista e avvocato: “Il diritto all’oblio esiste da molto tempo e incomincia di fronte ad un giudice che deve decidere sulle richieste dei soggetti che si reputano danneggiati”, ha spiegato il legale,”solo che una volta si agiva prima che un fatto accadesse come per un film o un libro. Oggi, ai tempi di internet, si chiede una rimozione, cioè la cancellazione di cosa e’ stato scritto”. “Dal maggio scorso qualcosa è cambiato – continua l’esperto – . La Corte europea dei diritti dell’uomo ha trattato il caso di un cittadino spagnolo che lamentava articoli che lo riguardavano su giornali locali in merito ad avvisi su debiti non saldati che lo tiravano in ballo. Il garante spagnolo così decide: i giornali hanno fatto bene a pubblicare, ha sbagliato il motore di ricerca ad indicizzare. La vicenda arriva alla Cedu che a sua volta decide: e’ il gestore del motore di ricerca che e’ responsabile del trattamento dei dai personali. Tutti possono chiedere al motore di ricerca per interrompere il legame fra il nome e un contenuto. Google a quel punto apre un ‘form on line’ (una sorta di pagina precomplilata dove gli utenti debbono riempire i campi che li riguardano ndr) e chiunque può chiedere la rimozione. Risultato: in 4 mesi oltre 116 mila richieste che riguardano 560 mila url”. Come si è comportata Google?

“Google in oltre il 50% dei casi ha negato la rimozione: si tratta di dati a livello europeo. In Italia il 72% delle richieste sono state respinte da Google. In questo momento il giudice della memoria collettiva e’ Google: e’ una Corporation e le sue regole che giudicano cos’è cronaca e cos’è storia: un errore macroscopico lasciare questa decisione al motore di ricerca”, spiega l’avvocato Scorza.
Ma cosa si sta facendo a livello legislativo in Italia? E in Europa? Ed è un modello auspicabile? ‘In Europa c’è una nuova bozza di regolamento sulla privacy che cerca di disciplinare il diritto alla privacy con quello dell’informazione. Sarà tuttavia difficile far condividere una sensibilità comune di questo tema, che e’ diversa rispetto alle diverse posizioni nazionali. In Italia la materia viene fatta rientrare in un disegno di legge sulla diffamazione che e’ figlio di un’esigenza legata alla volontà di togliere il carcere per i giornalisti ma per farlo si introducono e moltiplicano le sanzioni pecuniarie, col paradosso di punire chi scrive per 10 euro a pezzo a dover pagare risarcimenti per migliaia di euro. La proposta di legge, tra l’altro, non varia la disciplina sulla diffamazione”.
Che cosa comporta questo quadro? In sintesi, come è emerso anche dal dibattito, che gli atteggiamenti di diversa natura spingono verso il concetto che l’informazione on line sia volatile e pertanto sacrificabile.
Il diritto all’oblio esiste da sempre, insomma, ed e’ il diritto all’identità personale: sono un soggetto e la mia identità è quella che voglio spendere oggi, nel presente. Il problema si pone non tanto sul diritto di avere rispettata una certa figura di sé sui media e quindi a livello sociale: piuttosto la vera questione è un’altra e riguarda la domanda di rimozione del contenuto e a chi viene rivolta. E quali regole si utilizzano per decidere? Se il soggetto che dovrà stabilire cosa fare e’ un giudice il criterio riguarderà la legislazione, se è un altro seguirà altre regole, per esempio se viene lasciata libertà di oscurare i contenuti ad una società privata, saranno le regole del mercato e del profitto (inteso anche come accettare o meno il rischio di intraprendere cause civili di risarcimento) a dover disciplinare una controversia. Il diritto all’oblio e’ solo una questione di chi e come è chiamato a farlo rispettare, insomma.
Ricordare era più difficile in assenza della Rete; oggi si vive una situazione paradossale, inversa: ricordare troppo, anche la verità, non è più accettato. Il compito del diritto qual è? Accorciare la memoria delle persone attraverso la rete? Esistono ad oggi tentativi per sanare questa condizione: ci sono state soluzioni da parte del Garante per sganciare la news dall’indicizzazione, permettendo la consultazione dell’archivio ma impedendone la ricerca dai motori di ricerca. Un’altra soluzione prevista dalla Cassazione è stata quella di prevedere all’interno di un articolo di un’integrazione successiva alla pubblicazione originaria che preveda il completamento della notizia con fatti successivi. Tutte soluzioni auspicabili, in assenza di una disciplina certa.
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