L’infermiere: “Uva non mi parlò di pestaggio”
Nuova sfilata di testimoni in aula per la morte del 43enne varesino. Nessuna prova delle violenze, anche la guardia giurata afferma di non aver visto alcuna cattiveria
Nuova tappa del processo per la morte di Giuseppe Uva, ma anche oggi l’approdo è simile quello delle altre udienze: nessuno dei testimoni ha confermato che Uva fu picchiato e nessuno di quelli che hanno parlato con lui, quella notte, l’ha sentito affermare di aver subito violenze.
ME LO SONO FATTO DA SOLO
Oggi il processo si è concentrato sull’arrivo in pronto soccorso, la notte del 14 giugno del 2008. Il teste più importate era Andrea Zanella, l’infermiere che si trovava al triage. Zanella ha riferito che, per ben tre volte, chiese a Uva come si era procurato un’escoriazione sullo zigomo: la prima volta in compagnia di barellieri e agenti, la seconda con la presenza di un solo agente e la terza da solo, accostando la porta per non farsi sentire e mettere a proprio agio Uva: “Tutte e tre le volte, mi disse che se l’era fatto da solo” ha riferito l’infermiere.
NON PARLO’ DEI CARABINIERI
Uva arrivò in tso dalla caserma dei carabinieri, e fu iscritto nel registro del triage alle 5 e 48. Zanella staccò alle 6, dunque stiamo parlando di fatti durati meno di un quarto d’ora. L’infermiere ha spiegato che fu spostato dalla barella dall’ambulanza a quella del pronto soccorso, che venne classificato come un codice verde (la gravità minore) e che i paziente era in stato di agitazione psicomotoria, classico per un tso. Ha aggiunto di avergli sentito alzare la voce solo due volte, ma in generale di aver rilevato che Uva era infastidito e nulla di più. Giuseppe non disse mai di esser stato picchiato in caserma, e l’unico segno visibile che aveva sul corpo era quella escoriazione allo zigomo, che tuttavia disse di essersi procurata in passato, casualmente: è per questo che Zanella non la inserì nella cartella medica, considerandola ininfluente per curare lo stato di salute immediato del paziente. Nessuno praticò flebo a Uva, in quel lasso di tempo. Alle 6 e 03 venne preso in carico dal medico, che quella notte era Matteo Cantenazzi, l’allora 29enne medico di pronto soccorso che, oggi, è comparso in aula, ma ha nuovamente deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere (il procedimento a suo carico si è concluso con il non luogo a procedere, due ricorsi sono stati respinti in cassazione, ma la sua non è una posizione passata definitivamente in giudicato).
LA GUARDIA GIURATA
Gli istanti successivi alle 6 e 03 li ha raccontati invece Pietro Altieri, la guardia giurata, la quale ha riferito che conosceva Giuseppe, in quanto, alcuni anni prima, quando prestava servizio in stazione, vi scambiava spesso qualche parola; Uva era infatti un «frequentatore dei clochard della stazione» (così ha riferito Altieri), ed è anche per questa conoscenza pregressa che la guardia giurata aiutò gli infermieri a farlo calmare durante un momento di nervosismo. Altieri ha anche riferito alla corte, che fu lui ad accompagnare in bagno Uva, in un piccolo bagnetto che conteneva a malapena water e lavandino. Altieri non vide nulla di strano, ma soprattutto Uva non gli riferì nulla di particolare. E si è anche chiarita una circostanza che era rimasta in sospeso: Alberto Biggiogero aveva asserito, in aula, che un suo amico, tale Stefano Altieri, gli aveva raccontato di un suo parente, ovvero la guardia giurata Pietro Alteri, il quale avrebber affermato che Giuseppe Uva venne picchiato quella notte. Oggi la guardia giurata ha detto il contrario, e cioè che il parente gli riferì che fu Biggiogero a dirgli del pestaggio. Dunque, solo voci. Alla prossima udienza, tra due settimane, tocca ad altri testimoni del pronto soccorso, tra cui Assunta Russo, la teste che raccontò di Uva minacciato in ospedale.
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