“Le onde gravitazionali sono come increspature del mare”
Fisici in festa, dopo la conferma delle onde gravitazionali. Euforia anche all'Insubria di Como come racconta l’astrofisico e cosmologo Francesco Haardt

L’11 febbraio 2016 verrà indicato nei libri di testo della fisica in ogni paese del mondo. A distanza di 100 anni, le teorie di Albert Einstein hanno trovato dimostrazione.
L’annuncio è stato dato quasi in contemporanea a Washington e a Pisa mandando in fibrillazione tutto il mondo scientifico. La rilevazione risale al 14 settembre 2015 quando i due strumenti dell’esperimento Ligo negli Stati Uniti registrarono un dato anomalo. Le verifiche successive hanno portato alla conferma di quel che da sempre i fisici cercavano: « È una scoperta di enorme valore per la fisica in generale perché dimostra concretamente quella che era solo indicato nella teoria generale della relatività formulata proprio 100 anni fa – commenta l’astrofisico e cosmologo Francesco Haardt professore associato del Dipartimento Scienze e Alta tecnologia dell’Università dell’Insubria – C’è poi stata una secondo, altrettanto importante evidenza: abbiamo avuto la prova diretta dell’esistenza dei buchi neri, altra predizione di Einstein».
Le onde gravitazionali hanno la capacità di allungare e restringere lo spazio-tempo man mano che si diffondono nell’Universo: « Sono increspature come quelle del mare – spiega l’astrofisico – si generano quando due oggetti celesti ruotano uno attorno all’altro fino a fondersi: le onde si propagano nell’universo alla velocità della luce. Quelle individuate sono state trovate a un miliardo di anni luce il che vuol dire che la fusione è avvenuta un miliardo di anni fa».
Ma quali ricadute avrà questa scoperta?
« È come se fossimo in un bosco: prima potevano solo osservare con gli occhi. Oggi abbiamo anche l’udito. Si apre così una nuova era di studio dell’universo usando non i raggi luminosi ma anche le queste onde. Si potranno così osservare e analizzare fenomeni molto complessi e misteriosi come la fusione dei buchi neri o di due stelle di neutroni o, in un futuro prossimo, anche le onde che si pensa siano state prodotte durante il big bang».

« La teoria generale della relatività è bellissima ma contiene previsioni che non abbiamo ancora verificato. La scoperta che oggi si festeggia veniva inseguita da 30 anni e la comunità scientifica italiana ha avuto una parte preponderante con il suo esperimento Virgo di Pisa. La tecnologia ci ha permesso di migliorare la ricerca. La dimostrazione che esistono i buchi neri, fino a ieri solo ipotizzati, apre nuove frontiere. L’osservazione di cui si parla è relativa alla fusione di due buchi “piccoli”. Ora si cercheranno altri fenomeni, magari molto estremi a livello di energia»
Ma si apre la strada alla scoperta del famoso “secondo prima del Big Bang”?
«Non sarà questa strumentazione a cogliere quell’attimo – spiega il docente dell’Insubria – ma indubbiamente si avvieranno nuove indagini con possibilità di esprimere teorie che potranno arrivare a cogliere il “secondo prima del Big Bang”. L’Europa ha iniziato a finanziare “eLISA”, un osservatorio spaziale che potrà vedere i buchi di dimensioni e massa decisamente maggiori di quello rilevato. Avremo così materiale su cui indagare: indicatori diversi, in gergo “multimessengers” che creeranno molteplici possibilità interpretative»
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