“Vi racconto chi è Bottura, lo chef più bravo al mondo”

Carlotta Girola è una giornalista della provincia di Varese, si occupa di gastronomia da 7 anni e ha incontrato Massimo Bottura svariate volte

bottura girola

Pare che la notizia della vittoria di chef Massimo Bottura e del suo ristorante, ora il migliore al mondo, sia piaciuta molto anche ai lettori di Varesenews così lontani da Modena, dove si trova l’Osteria francescana, e ancora di più da New York, dove si sono svolte le premiazione per i “50 best restaurant”.

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Così abbiamo deciso di tornarci su intervistando qualcuno che ci aiutasse a capire meglio come mai questa vittoria sia stata accolta così bene e, soprattutto, perché chef Massimo Bottura è diventato così importante per l’Italia e per il mondo.

Carlotta Girola è una giornalista della provincia di Varese, si occupa di gastronomia da 7 anni e quest’anno è approdata a Sapori Ticino, che organizza in Svizzera uno dei festival enogastronomici più importanti d’Europa (Solo quest’anno 60 stelle Michelin sono arrivate in Canton Ticino a cucinare).

Quante volte e in quali circostanze hai incontrato chef Massimo Bottura?
L’ho incontrato diverse volte: in alcune occasioni ho avuto modo di chiacchierarci con calma, in altre di vederlo all’opera in cucina e anche di sentirlo arringare le folle come un vero leader.

Sei stata a mangiare nel ristorante migliore del mondo?
Ci sono stata qualche anno fa, e adesso sarebbe proprio ora di tornarci. L’atmosfera dell’Osteria Francescana è al contempo rarefatta e silenziosa, ma anche calda e famigliare. Per capirci, avevo con me dei tortellini comprati al mercato e lo staff di Bottura si è offerto di tenermeli in frigo fino alla fine del pranzo. L’accoglienza è splendida e, nell’insieme, un normale pranzo si trasforma in un’esperienza a 360 gradi, dove il cibo è protagonista, ma con tanti piccoli dettagli che fanno la differenza. Nonostante ci sia stata una sola volta, mi sono tenuta aggiornata sull’evoluzione gastronomica di Bottura, assaggiando i suoi nuovi piatti in occasioni diverse e lontana da Modena.

Massimo Bottura all\'opera

Che tipo è Bottura?
Bottura è una vera forza della natura, un entusiasta che trabocca energia positiva e un affabulatore che, quando ti racconta cosa ti sta mettendo nel piatto, riesce a trasportarti nel suo mondo e nella sua terra. Sembra non riuscire mai a stare fermo, in cucina sgattaiola ovunque e quando meno te l’aspetti arriva con un cucchiaio in mano per farti assaggiare qualcosa. Di certo è una persona con un forte carisma, uno di quelli che non potrebbe mai passare inosservato.

Che cosa ritieni lo abbia reso Uno chef così famoso ed importante?
Il talento culinario, ovviamente, ma anche il suo essere rappresentativo di quella riscoperta della tradizione gastronomica popolare che poi viene “spinta” al livello 2.0. Per arrivare così in alto, però, è necessario anche che i media si occupino di te e del tuo lavoro. Bottura non ha scelto la via dei MasterChef di turno, piuttosto è riuscito col tempo ad aprire una breccia nel cuore del grande pubblico passando da chef “solo per pochi” a volto indiscusso dell’alta gastronomia italiana.

Per la rivista Dissapore hai scritto un bell’articolo su un’intera giornata trascorsa tra le cucine del refettorio ambrosiano con chef Bottura che hai descritto come indimenticabile, di cosa si trattava?
Durante i sei mesi di Expo Milano, Bottura ha portato avanti un progetto che sposava gli chef blasonati al sociale. Dopo aver ristrutturato il Refettorio Ambrosiano della zona Greco, una delle più difficili di Milano, ha invitato molti colleghi stellati Michelin a cucinare per le persone in difficoltà utilizzando gli scarti alimentari dell’Esposizione Universale. L’esperienza più bella avuta con Bottura non è stata quella di pranzare nel suo ristorante, ma quella di aver trascorso un’intera giornata al Refettorio come volontaria. Quel giorno a cucinare con Massimo c’era anche Mauro Colagreco, lo chef del Ristorante Mirazur di Mentone. Ho servito ai tavoli, affettato il pane, osservato la preparazione del dessert a base di frutta troppo matura per finire sulle tavole “schizzinose” di Expo: inventiva e tanta voglia di fare in cucina; in sala voglia di sperimentare, di fare il bis, di stringere le mani agli chef. Davvero un’esperienza che non dimenticherò.

Massimo Bottura all\'opera

Come descriveresti la cucina di Bottura?
C’è la tecnica e il gioco, il sapore e il divertimento, la storia e l’attualità. I piatti di Bottura vanno ascoltati e capiti, poi ovviamente assaggiati: è anche così, andando oltre il gusto ma senza perderlo di vista, che l’esperienza gastronomica diventa a tutto tondo e si ha l’impressione non solo di mangiare, ma anche di imparare qualcosa di nuovo.

Tu che conosci bene il settore, ci spieghi cosa significa il “miglior ristorante al mondo”?
Nel calcio vince chi fa più goal; nella corsa la spunta chi taglia il traguardo prima degli altri: l’oggettività sta alla base delle classifiche in cui ci si imbatte tutti i giorni. Quando si parla di cucina è impossibile raggiungere l’unanimità e, pensando alle differenze di palato di ognuno di noi, è altrettanto impossibile avere un giudizio del tutto oggettivo. Per questo, secondo me, “il miglior ristorante del mondo” non esiste, o meglio ne esistono tanti e ognuno è giusto che abbia il proprio.

Questa dei “50 best” è la classifica più importante?
Lo è, anche se in molti hanno perplessità a riguardo. Di certo, a livello mediatico, ha una risonanza enorme e riesce a orientare i gourmet, che sono un po’ ranking-victim. Altrettanto succede con la guida Michelin, vero e proprio oracolo per chi ama l’alta cucina. Queste due realtà non sono del tutto allineate, e gli chef che contano tre stelle, a volte nella classifica di S.Pellegrino sono in posizione non certo favorevole. Ma, come sempre, è questione di palato e di affinità, anche se è ovvio che difficilmente si uscirà insoddisfatti da una cena in uno dei ristoranti in classifica.

Tomaso Bassani
tomaso.bassani@varesenews.it

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Pubblicato il 15 Giugno 2016
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