Mettiamoci la faccia, questa è la mia storia
Il progetto di Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere), realizzato con il contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto, invita i giovani a conoscere gli stranieri

Si chiama “Mettiamoci la faccia: guardami questa è la mia storia“ ed è un progetto di Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere) di Varese, realizzato con il contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto. Il progetto invita i giovani a a varcare la soglia di casa degli “stranieri”, a conoscerli, ad ascoltare la loro storia e scoprirne similitudini e somiglianze con la propria storia personale. Lo scopo è superare e contrastare stereotipi, pregiudizi ed etichette connessi all’immagine dello “straniero”. (nella foto giovani senegalesi alla festa di Ispra, da 141 Expo)
Un progetto che coinvolge direttamente le nuove generazioni, stimolando anche il loro lato artistico, oltre che civico. Infatti un team di amanti della fotografia, composto da giovani di provenienza diversa, gira la provincia di Varese per incontrare rappresentanti di ogni paese del mondo con l’intento di conoscerli e raccogliere la loro storia per svelare a tutti la bellezza e la normalità della multiculturalità.
Perché è nato questo progetto – La discriminazione su base etnico-razziale in Italia viene rilevata in crescente aumento nell’ultima relazione annuale (dati 2014) dell’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (UNAR) della Presidenza del Consiglio – Dipartimento Pari Opportunità, risultando così essere la componente centrale delle segnalazioni di discriminazione. Questi atti individuali o di gruppo sono causati da stereotipi e pregiudizi che si rafforzano sempre più e che si caratterizzano spesso per atteggiamenti di intolleranza, paura dell’ignoto, del diverso e del cambiamento. Il bullismo xenofobo avviene soprattutto nei contesti di aggregazione giovanile, e dunque nelle scuole, nei luoghi ricreativi e sportivi; anche se è sempre più incidente la crescita del cyber-bullismo o degli hate speech on-line ovvero delle offese e dei messaggi a contenuto discriminatorio veicolati nei nuovi media e nei social network. Le notizie di attentati terroristici o di arresti di persone legate alla jihad anche sul nostro territorio, non facilita di certo l’integrazione di chi per un motivo o per l’altro viene considerato “diverso”. Il sospetto, la paura e i pregiudizi nei confronti degli altri nascono e crescono soprattutto per la mancanza di conoscenza diretta delle persone, per la mancanza di condivisione di tempo, di spazi e di attività.
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