“Voleva fare sesso 8 volte al giorno”

I comportamenti di Argenziano raccontati dai testi al processo per la morte della moglie. Un amico: "La stordiva con le gocce"

Processo Uva tribunale Varese

Una storia triste e di disagio esistenziale. E’ un processo per omicidio, ma lo spaccato sociale che sta emergendo in tribunale, durante la corte d’assise presieduta da Orazio Muscato che deve giudicare Alessandro Argenziano (difeso dall’avvocato Stefano Amirante) l’uomo accusato di aver ucciso la moglie Stefania Amalfi nella loro casa popolare di Bosto, è quella della Varese nascosta, dei poveri, dei marginali. Persone con problemi familiari, psicologici, pochi soldi, amministratori di sostegno, psichiatri, vite difficili.

Stefania Amalfi, vercellese, è morta a casa del marito a Varese, e per la procura è stata uccisa, soffocata nel sonno, perché l’uomo che le stava accanto voleva avere la disponibilità di una polizza da circa 30mila euro che avrebbe ereditato dopo la morte di lei.

Mercoledì in aula sono stati sentiti diversi testimoni, ma uno in particolare, Angelo Pini, ha raccontato che aveva conosciuto Argenziano proprio frequentando gli ambienti dei poveri di Varese, la Caritas e gli Angeli Urbani, dove lo stesso Pini presta la sua attività come volontario.

LE GOCCE

Il teste, sentito dal pm Antonio Cristillo ha raccontato che Argenziano metteva spesso delle gocce nelle bevande della moglie, di nascosto, e che lei ne risultava stordita: un particolare che potrebbe collimare con la tesi accusatoria. Secondo la procura infatti l’uomo avrebbe prima stordito con le gocce e poi soffocato nel sonno, la povera Stefania. Pini ha riferito che in un’occasione l’imputato gli confidò di aver sposato Stefania Amalfi solo perché voleva i suoi soldi. E che gli sarebbe piaciuto usarli per fare vacanze e pagarsi delle prostitute. “La minacciava spesso” ha aggiunto l’ex amico.

Una sorella di Stefania Amalfi ha raccontato che l’imputato “voleva fare sesso anche sette o otto volte al giorno, anche quando mia sorella era indisposta”. Nella deposizione si é parlato anche di prostitute e dissidi familiari.

Un teste della confessione dei Testimoni di Geova ha invece spiegato che l’imputato lo aveva contattato dicendo che avrebbe voluto conoscere la Bibbia. In realtà quando si recava presso la casa popolare di via Conca d’oro, Argenziano trascurava gli insegnamenti religiosi e chiedeva di essere accompagnato in centro a fare shopping. Tra i testi ascoltati anche il giornalista de La Prealpina Paolo Grosso, che ha risposto ad alcune domande in merito a un’intervista con l’imputato.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 11 Gennaio 2017
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