No al Ramadan e sei parrocchie si “dissociano”: “E’ un errore”

Dopo il no al Ramadan della comunità islamica, sacerdoti e laici di alcune parrocchie esprimono preoccupazione: "Aumenta la chiusura e la paura"

Gallarate vista dall'alto, dal campanile della Basilica (inserita in galleria)

Dopo il muro contro muro tra la comunità islamica e l’amministrazione comunale sul Ramadan, due comunità pastorali (sei parrocchie) di Gallarate prendono posizione sulla vicenda, chiedendo in una lettera di riaprire una riflessione sulla convivenza tra fedi e culture diverse in città.

La lettera è stata sottoscritta dal Consiglio Pastorale (che riunisce sacerdoti e laici eletti dai fedeli) della Comunità Pastorale San Cristoforo – che comprende le parrocchie di centro, Ronchi, Sciarè, Cedrate – e da quello della Comunità Maria Regina della Famiglia – Arnate e Madonna in Campagna.

Una lettera articolata, che non si riduce a poche parole d’ordine – se così si può dire – ma riprende diversi temi e anche interventi dei mesi scorsi. Partendo dai dati – importanti, non facili da gestire – della presenza di stranieri in città (17,5%, tra cui va considerato che ci sono anche molti cristiani europei e africani). «Siamo consapevoli della complessità di tale fenomeno e riteniamo che la sua gestione richieda la massima cura ed attenzione da parte di tutti i cittadini, non solo di coloro che sono deputati alla gestione della vita civile» esordisce il documento, rivendicando quindi anche la partecipazione attiva di tutte le componenti della società. «Riconosciamo gli sforzi che negli anni sono stati compiuti nella direzione del dialogo e della pacifica convivenza con le comunità straniere presenti in città, ma ravvisiamo, nella lettura di alcuni avvenimenti degli ultimi mesi,  un deterioramento del clima sociale e l’aumento di atteggiamenti di dospetto e paura che corrono il rischio di minare il tessuto sociale stesso».

«Ci hanno colpito in modo particolare alcune vicende che hanno coinvolto la comunità islamica nelle ultime settimane, che ci interrogano in modo forte sul tema della libertà di culto e di espressione della fede, libertà che la nostra Costituzione garantisce a tutti, senza distinzione di provenineza e credo religioso. Ci hanno colpito perché, come cristiani, sappiamo che la preghiera è necessità fondamentale di ogni uomo e che poter pregare il proprio Dio non può essere considerato un privilegio».

Il tema era stato richiamatro esplicitamente anche da monsignor Ivano Valagussa nell’interento con cui aveva pubblicamente chiesto al sindaco Andrea Cassani l’apertura di un dialogo sul Ramadan (Cassani aveva rifiutato di rispondere, sentendosi attaccato). Proprio in quell’occasione monsignor Valagussa aveva richiamato la preoccupazione citando la libertà di culto anche come espressione pubblica:aveva citato la «processione del Corpus Domini che attraversa le strade, i luoghi pubblici della città» e si era chiesto quali fossero i criteri con cui l’amministrazione autorizzava o meno lo spazio. E forse non è un caso che la lettera sia stata distribuita – appunto – nel giorno del Corpus Domini.

La lettera dei fedeli delle cinque parrocchie esprime poi il desiderio «per noi e per i nostri figli» di «una città giusta, accogliente e bella, capace di ancdare incontro a ciò che è diverso e di valorizzare le differenze perché diventino patrimonio e ricchiezza per il bene di tutti». Di fronte ai cambiamenti in atto nella società, si dice che una città può «ignorarli o rifiutarli, scegliendo di chiuderci dentro muri di ostilità e sospesso, rifiutando il dialogo e allontando tutto ciò che è diverso» oppure può «scegliere di farci carico del cambiamento e di governarlo […] sostenendo le scelte di partecipazione e collaborazione, stimolando una riflessione costante» su un tema che richiede sforzo quotidiano e di tutti.

«La città è fatta dalle persone che la abitano, persone che possono avere provenienzee idee diverse ma che condividono lo stesso desiderio di bene», conclude il documento (che indica princìpi di riferimento). La lettera riprende anche l’intervento del Cardinal Martini ri-letto da Valagussa in occasione della inaugurazione della piazza dedicata all’arcivescovo di Milano nella primavera scorsa, richiamando implicitamente anche le diverse tappe con cui la comunità cattolica ha preso posizione in questi mesi.

 

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 19 Giugno 2017
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