Il cercatore di villaggi fantasma

Peter Faesi, professore di storia dell’Università di San Gallo è in pensione da qualche anno. La sua passione è trovare e visitare luoghi disabitati. L’abbiamo incontrato al villaggio del Touring Club Italiano di Boarezzo

Il Villaggio alpino Touring a Piambello

«Visitare Versailles è terribile: stai insieme a milioni di persone, e non stanno mai zitte, e in continuazione si fanno i selfie. Ma qui…Questo posto vale oro».

Peter Faesi (nella foto), di luoghi strani ne ha visitati tanti. È stato professore di storia all’università di San Gallo e la sua vera passione, da quando è andato in pensione qualche anno fa, sono i villaggi fantasma. Borghi dimenticati che hanno una storia: a lui piace scavare nella memoria dei posti, riportarli in luce come fa un archeologo.

Ne parlammo qualche tempo fa in occasione della sua visita alla linea Cadorna, che ben conosce: ci portò i suoi studenti per mostrar loro le fortificazioni della provincia di Varese, e non solo.

Ma la vera passione del professor Faesi la si vede quando ruota gli occhi, arrivati al grande ingresso sbarrato del villaggio alpino del Touring Club Italiano di Boarezzo, nel cuore del bosco, vicino al sentiero che porta al monte Piambello.

«Aaaah, jawohl!».
Ne uscirà un dettagliato articolo peri il suo blog “Stollentour GH Schweiz” e per il giornale Tessiner Zeitung.

«In questi posti vengo sempre accompagnato da qualcuno, mai da solo», racconta. Parla di una ricerca paziente, che ancora sfrutta il sentito dire, quasi il passa parola tra persone che hanno passioni simili alle sue.

«Molti di questi luoghi sulle carte topografiche non esistono, quindi il primo passo sta nella ricerca. E quando trovi la meta da visitare, è come trovare una pietra preziosa o una vena aurifera in una miniera».
Già, le miniere. Anche queste sono luoghi che attirano il professore. Ne ha visitate molte, così come le fortificazioni militari. In Italia, nell’Altopiano dei Sette Comuni, ma anche la linea Maginot, o altri forti nei dintorni di Nizza.

«Ma di posti come questo, come il Villaggio del Touring, ce ne sono davvero pochi. E sta proprio qui il vero fascino delle visite. L’altra, grande emozione che si prova ad approfondire la conoscenza di questi luoghi sta nel viverli, nell’immergersi, solitari, in quello che fu».

Amore per il passato, che torna nel presente se ben valorizzato, come avviene in altri contesti. Come per l’archeologia industriale: fabbriche abbandonate riportate nella condizione di essere visitate per divenire fonte di cultura.

Questo villaggio, destinato ad accogliere i bambini orfani, figli senza più genitori in divisa portati via dalla Grande Guerra o dalle malattie – l’influenza spagnola in quegli anni fece milioni di vittime in Europa, moltissime anche in Italia – , questo posto evoca una sorta di “archeologia dei sentimenti”, espressione che piace al professor Faesi.

Il Villaggio alpino Touring a Piambello

«Sì è vero, il fascino della visita solitaria di luoghi un tempo abitati non ha eguali perché permette di concentrarsi su particolari che altrimenti sfuggirebbero. Pensare ai bambini di Milano, per mesi, qui, a contatto con la natura, permette di immergersi in quei momenti, quasi viverli, ora persi in questo grande silenzio».

È così che si riportano alla memoria i luoghi perduti. C’è il villaggio dimenticato sopra Bellinzona – Prada – abbandonato probabilmente per via della peste del 1630 di cui parla anche Alessandro Manzoni, oppure le fortificazioni di Mont’Orfano, “guardia della Val d’Ossola”, nell’enorme complesso del settore piemontese della Linea Cadorna.

L’idea del professor Faesi è di fornire dettagli utili a chi vuole riscoprire posti che altrimenti andrebbero persi nella memoria, senza tuttavia svelare troppo di quello che c’è per evitare la fine di Consonno, la «megalomania sfumata» di una Las Vegas realizzata a sud di Lecco in una confusione architettonica enorme resa inutilizzabile per via di una frana che ne sbarrò l’accesso: un luogo che rimase in balia dei vandali.

Piuttosto ci sono, tra le scoperte del professore, posti davvero dietro l’angolo, ma nascosti e con una storia bella da sapere per il senso delle cose che il tempo capovolge, come i “900 gradini fino al paradiso” di Chiasso: è una scala di 900 gradini che venne costruita nel 1900 dalla Guardia di Finanza con la funzione di alleviare il lavoro dei doganieri a caccia di contrabbandieri. Ironia della sorte, la scala venne usata proprio dagli spalloni, più allenati dei militari, per sfuggire loro. Un’enorme partita tra “guardie e ladri” che si giocava su questi ripidi gradini. Se oggi si va a Chiasso, e si domanda come raggiungere la scalinata, nessuno dei residenti sa dare risposte.

Per fortuna esistono ancora i cercatori dei villaggi fantasma

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Settembre 2017
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