Quella “V” anonima segno della riscossa siciliana
Tony Gentile, il fotografo che per primo arrivò a Capaci, racconta la storia di uno scatto poco noto ma che segnò l’inizio della risposta palermitana a Cosa Nostra

Ci sono Falcone e Borsellino ripresi in un momento a prima vista sereno, di amicizia, quasi di gioia, con uno che parla all’orecchio dell’altro, anche se quella foto, all’autore, ancora fa male.
Tony Gentile, foto giornalista che lavorò nella Sicilia degli anni ‘90 stuprata dalle stragi di mafia non ha dubbi: «Sì, è una foto che mi fa male, perché racconta di due amici non ci sono più, massacrati dalla mafia».
Poi, ancora, il buco in bianco e nero nei locali dell’asilo nido di via D’Amelio, solo per caso vuoti perché di domenica, giorno scelto da Cosa Nostra per far esplodere Paolo Borsellino.
E i morti ammazzati, e Giulio Andreotti, e i funerali.
Ma c’è un’altra foto che oggi, giornata scelta dall’istituto Galileo Galilei di Laveno per insegnare ai giovani la legalità, l’autore ha deciso di proporre fra le tante istantanee di quegli anni.
La ricorda proprio Tony Gentile, che tra i primi calpestò i detriti provocati dall’esplosione di Capaci in cui morì Giovanni Falcone oltre alla moglie e alla scorta.
Lo scatto raffigura un cittadino di Palermo che, passeggiando sul marciapiede di qualche passo e alla destra di un soldato seduto su un mezzo dell’operazione Vespri Siciliani, mostra indice e medio ad indicare la “V” di vittoria. Forse è questo il primo seme della riscossa siciliana, e italiana, per vincere la mafia con la legalità?
Uno scatto emblematico offerto ai giovani di numerosi istituti che hanno partecipato all’incontro dove erano presenti anche Tina Montinaro, moglie dell’agente Antonio Montinaro, morto nell’esplosione sull’autostrada assieme ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo, oltre a Francesca Morvillo, consorte del giudice che pagò con la vita la sua lotta alla mafia
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