Tremona, “l’altra Castelseprio” oltre confine

Riportata alla luce solo a fine Novecento, l'antica città-castello è stata abitata dalla preistoria fino all'abbandono nel tardo medioevo. E in mezzo il passaggio dei longobardi, legame con i vicini siti Unesco varesini

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Oltre il confine tra Italia e Svizzera c’è un’altra Castelseprio. Non gemella – perché meno ricca, potente e nota – ma certamente simile, nella sua travagliata storia, al castrum “capitale” del Seprio, distrutto da Milano nel 1287. È l’antica Tremona, l’abitato fortificato in cima a un monte, a 600 metri di quota sopra Mendrisio.

Oggi di mezzo c’è il confine di Stato tra Italia e la Confederazione Elvetica, tra la provincia di Varese e il Canton Ticino. Ma è un confine recente, che non riflette una storia che per secoli è stata comune a queste due terre.  Gli scavi archeologici, i successivi studi degli ultimi vent’anni hanno consentito di capire che Tremona – di cui si era quasi persa la memoria – è stato un centro «abitato dalla preistoria al Trecento, quando il castello fu abbandonato a seguito di un evento violento, un assedio», spiega Elena Percivaldi, storica e appassionata divulgatrice del ritrovato sito nel Mendrisiotto, che da settembre è inserito in un vero parco archeologico.

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Ricostruzione in 3D dell’insediamento: il parco archeologico ha predisposto anche strumenti di visita tecnologici, tra cui la realtà aumentata.

La storia di Tremona parte dalla preistoria (dagli uomini di Neanderthal al neolitico, fino all’età del ferro) e arriva fino alla fine del medioevo, quando l’insediamento – già smantellato dopo un assedio – scompare definitivamente, in una «voragine» che ne inghiotte la memoria per mezzo millennio, fino alla fine del Novecento. «Una sorte parallela a quella di Castelseprio» spiega ancora Percivaldi. È solo nel 1988 che l’archeologo Alfio Martinelli – poi fondatore dell’Associazione Ricerche Archeologiche del Mendrisiotto – frequentando la boscosa montagna riconosce l’esistenza di una cinta muraria, intravede nei sassi le fondazioni di edifici antichi, divide alcuni reperti antichi in ferro dai bossoli lasciati dall’Esercito Svizzero, che qui sul confine effettuava le “manovre” di addestramento nel Novecento.

Gli scavi, a partire dal 1991-93, hanno consentito nel tempo di individuare «un insediamento estremamente complesso e stratificato». Un castello, un presidio militare, ma anche un centro di potere, con una popolazione stabile, capace di produrre artigianato, di commerciare usando monete di diversa provenienza, di accumulare ricchezze. Con un edificio centrale (forse una chiesa, anche se gli studiosi non sono concordi), diverse cerchie di mura man mano rimaneggiate, almeno una casa-torre, edifici prima in legno – in epoca romana – e poi sempre più anche in muratura.

Un altro elemento che avvicina Tremona a Sibrium (cioè Castelseprio) è la presenza dei longobardi, al centro domenica 12 novembre di una relazione di Percivaldi al convegno a Villa Cagnola dedicato all’antico popolo germanico arrivato in Italia nel VI secolo, sostituendosi (e inglobando) al potere dei romani in disfacimento. Anche qui la presenza longobarda si sostituì e si stratificò su quella romana, dando continuità a questa piccola città. Certo tra Castelseprio e Tremona le differenze non sono da poco: tra le colline varesine un centro di potere riconoscibile e tanto raffinato da edificare tre diverse chiese, con affreschi e decorazioni scolpite; sul monte sopra Mendrisio una comunità ancora alle prese con la sopravvivenza. Le tracce principali oggi sono le sepolture d’epoca longobarda, tra VI e VIII secolo: una donna gravida alla 28esima settimana, un bambino di quattro anni di altezza molto limitata (80 centrimetri), testimonianza di una popolazione “fragile”.

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Il convegno sui Longobardi a Villa Cagnola, che ha portato in visita studiosi e appassionati da tutta Italia, dal Friuli a Benevento

Tante sono le testimonianze di Tremona, individuate tra gli edifici e le mura, ma anche in un crepaccio sotto l’abitato, usato per millenni come discarica, da popoli diversi. Il culmine si raggiunse forse nel periodo del contado del Seprio, quando Tremona presidiava la strada Sibrium-Riva San Vitale, tra il centro principale del Seprio e la propagine Nord verso il Ceresio. Dopo una breve fase di spopolamento, nella seconda metà XII l’abitato viene ripopolato, la cinta muraria viene arretrata e dotata di un nuovo ingresso, si aggiungono nuove case. Il ritrovamento di monete d’argento da Como, Milano, Brescia, Cremona suggerisce una fase di commerci a medio raggio e una rinnovata ricchezza (gli scavi hanno restituito serrature e chiavi in numero triplo rispetto agli edifici: non solo porte d’accesso, dunque, ma forse anche bauli e cofani).

Il Seprio, però, era una presenza troppo ingombrante per i nascenti Comuni, tra Como e Milano. Nel 1242 i milanesi assediano Mendrisio e Bellinzona e «in questi decenni anche Tremona viene distrutta». Lo dicono – come a Castelseprio – le tracce d’incendio, ma anche il gran numero di punte di freccia ritrovate. La fine del castello nel Mendrisiotto sarebbe dunque contemporanea a quella di Castelseprio, conquistata forse con l’inganno e rasa al suolo da Milano nel 1287.

Entrambi i siti furono definitivamente abbandonati alla fine del medioevo e di entrambi si persero le tracce. Fino al Novecento, quando furono riportati alla luce, prima Castelseprio (oggi parte, insieme a Torba, di un bene Unesco, i “Longobardi in Italia – i luoghi del potere“), poi molto più recentemente Tremona. Una grande ricchezza storica che unisce due territori.

 

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 12 Novembre 2017
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