Con novembre alla Kcc arriva Joykix
Un'installazione il cui temi sono la riflessione sullo sguardo, lo scorrere del tempo e la prospettiva
L’artista Joykix propone per KCC un’installazione il cui temi sono la riflessione sullo sguardo, lo scorrere del tempo e la prospettiva.
Nell’opera Lo sguardo dell’angelo, gli occhi dell’angelo raffigurato sulla parete di fondo della cappella sono trasposti fotograficamente verso l’ingresso, iscrivendosi e amplificandosi retoricamente, come immagine luminosa – luce come simbolo di energia pura – all’interno di una struttura architettonica modulare.
Esterno e interno sono in rapporto di valore, quindi lo sguardo dell’angelo – idealmente si ritrova proprio sul bordo, sull’uscio – permette a questo messaggero divino di “vedere” che cosa ci sia all’esterno, notare i profondi mutamenti che il passaggio dei secoli ha lasciato sia sull’ambiente che sulle persone.
Ciascun elemento del lavoro contribuisce alla costruzione di una prospettiva, che gerarchizza le immagini e che nell’insieme richiama l’idea di ordine, di un pattern visivo costruttivo e percettivo, il cui valore comunicativo, associato al simbolico concetto immateriale della visione dell’angelo transita sulla realtà attraverso l’intervento dell’artista.
Joykix scrive al proposito dell’opera: “Lo sguardo dell’angelo viene traslato dal passato e proiettato verso il futuro. Lo scarto spazio-temporale lo priva dell’aura spirituale di cui era intriso per donargli lo splendore della luce elettrica trasformandolo in un’insegna pubblicitaria, immagine tra le immagini. Uno sguardo resistente che persiste nell’epoca della totale aleatorietà ed evanescenza delle immagini consumate in continuazione da miliardi di sguardi fugaci e irrilevanti. Uno sguardo schivo, rimasto appartato per secoli, ora scansionato e avvicinato a noi, che si manifesta in una nuova prospettiva”.
KCC è un “artist-run space” situato in una cappella votiva risalente al XVI – XVII secolo. KCC è una finestra culturale, un luogo che vuole suggerire l’importanza della contingenza, dell’effimero, del momento unico e irripetibile, proponendo la precarietà e la leggerezza come valore. Le opere non sono soltanto ospitate in questo spazio ma entrano a farne parte, diventando una presenza che – subendo la contingenza del tempo – si fa assenza e dimenticanza, o, tuttalpiù, memoria. Realizzate appositamente per questo progetto – che si configura come una sorta “stazione” sperimentale” – vivranno di un loro tempo specifico, più o meno dilatato, potranno anche sovrapporsi una all’altra, alcune opere cambieranno, spariranno, altre si aggiungeranno, in un intreccio e minima stratificazione di senso, dialogando per assonanze o per opposizione a sottolineare differenze e inediti punti di vista.
a cura di Valentina Petter
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