Il lungo e costoso cammino per diventare psicoterapeuta

Laureata in psicologia, per trovare lavoro ha deciso di seguire un corso di psicoterapeuta. Fare il tirocinio obbligatorio, però, si è rivelato un'odissea. L'Asst Sette Laghi spiega l'iter

fine vita cure palliative

Benvenuti in Lombardia, regione di riferimento e di esempio per il nostro Paese, specialmente per quanto riguarda l’ambito sanitario. 

Sono una Psicologa Clinica, ho 26 anni e posso fare un breve riassunto solo della mia carriera accademica, dato che quella professionale non è ancora iniziata. Mi sono laureata in Scienze e Tecniche psicologiche, per poi specializzarmi in Psicologia Clinica, senza ritardi sulla tabella di marcia. Come l’iter prevede, ho svolto le mille ore di praticantato post lauream, che, detto più schiettamente, è un anno di lavoro gratis. Del resto, con una laurea magistrale, non è permesso sentirsi competenti nel proprio ambito, bisogna armarsi di tanta umiltà e voglia di imparare da chi ha navigato per anni ed anni nelle acque del mestiere. Vietato lamentarsi, lo sapevo fin dall’inizio.

Ho quindi superato l’Esame di Stato, necessario per abilitarmi alla professione, ma in breve ho constatato che di lavoro ce ne è poco e sottopagato (per lo più propongono contratti da educatore, professione dignitosissima, ma differente dalla mia). Vietato lamentarsi, me lo avevano detto che sarebbe stato difficile trovare lavoro.

Decido che l’idea migliore è rimettersi a studiare per diventare psicoterapeuta e prendere un titolo ancora più alto che mi permetterà anche di partecipare ai concorsi pubblici avendo un punteggio maggiore. È un po’ come la scuola di specializzazione di medicina, solo che per noi psicologi non sono previsti stipendio e contratto. Paghiamo noi, per un quadriennio, circa €5000 all’anno di iscrizione, a cui bisogna aggiungere le spese dei trasporti, dei libri e dell’analisi personale, non obbligatoria ma fortemente consigliata per rendere più completa la formazione e per il raggiungimento di un buon equilibrio psicofisico (motivazioni che attivano immediatamente il dispositivo del senso di colpa negli iscritti che non si trovano un buon terapeuta). Al primo giorno di lezione ci viene detto che in aula non ci sono insegnanti e alunni, siamo tutti colleghi e dobbiamo essere convinti e consapevoli di avere un notevole bagaglio di competenze professionali. Per iniziare a metterle in campo, abbiamo ben 250 ore di tirocinio all’anno da svolgere, cioè altre mille ore di lavoro gratis nel quadriennio. Vietato lamentarsi, conoscevo fin dell’inizio il piano di studi della scuola di psicoterapia.

Mi rivolgo all’ASST Sette laghi, l’azienda ospedaliera pubblica di Varese, e chiedo di poter svolgere due dei quattro anni di tirocinio professionalizzante presso una sede distaccata della Neuropsichiatria Infantile. Dovrebbero essere in servizio due psicoterapeute, ma purtroppo quella che ha un contratto a tempo pieno e indeterminato è in malattia da un anno e non è mai stata sostituita. A farsi carico di tutto il lavoro rimane dunque l’altra psicoterapeuta, che però ha un contratto a termine per 20 ore settimanali e ogni sei mesi deve concorrere per vedere riconfermata la sua posizione. Inutile dire quanto fosse contenta di poter avere una tirocinante giovane e con tanta voglia di fare. Ma l’ASST Settelaghi dice no. All’ennesima telefonata con gli uffici amministrativi, mi viene detto che sono state modificate le condizioni per poter ammettere tirocinanti e l’azienda chiede €500, per un anno di convenzione e per ogni tirocinante, alla scuola di psicoterapia. Mi accerto di aver capito bene: per poter avere una psicologa che lavori gratis 250 ore in un anno, l’ospedale chiede il pagamento di €500. Ho capito bene. Mi dicono anche che, in generale, l’ospedale non punta molto sui tirocinanti e che, se la mia scuola di psicoterapia ci tiene a me come studente, potrà destinare una parte della ingente quota di iscrizione per il mio tirocinio. Ora posso lamentarmi, perché questo non me lo aveva detto nessuno.

Vorrei informare l’ASST Settelaghi che non puntare sui tirocinanti è decretare la stagnazione e la morte di un’azienda. Se il problema riguarda più il fatto che io sia una tirocinante psicologa e non un medico, suggerirei a tutti di entrare in un qualunque reparto dell’ospedale, per vedere quanto bisogno c’è, sia fra il personale che fra gli utenti, di figure preparate a livello psicologico. Sto implorando lo stato italiano di farmi lavorare gratis per quattro anni e c’è un sistema che mi impedisce di farlo. La tanto citata fuga di cervelli inizia ad avere un senso: una mente che ha accumulato una grande quantità di competenza e preparazione professionale va dove può farla fruttare, in Italia in pochi sanno cosa farsene di questo insolito bene. Studio e pago da tutta la vita, perché mi hanno insegnato che chi investe in formazione e cultura, raccoglierà i frutti migliori, quelli dell’autostima e dell’autorealizzazione. Cosa ho raccolto fin’ora? La capacità di canalizzare la rabbia e la frustrazione nella scrittura di un articolo, e l’abilità di inibire le prime risposte che mi verrebbe da dare quando sono al telefono con gli uffici amministrativi italiani. Chissà che, all’alba dei trent’anni, non riesca a raccogliere qualcosa di più sostanzioso.

Myriam


L’Asst Sette Laghi cerca di fare chiarezza su un settore di formazione in cui non esiste l’offerta pubblica.

Non ci sono, infatti, scuole universitarie o percorsi formativi pubblici legati alla figura dello psicoterapeuta. L’offerta è esclusivamente privata.

Entrare in tirocinio in una struttura sanitaria pubblica, però, richiede la convenzione con l’ente formatore che sostiene i costi di gestione dello studente in corsia ( burocratico amministrativi e di fornitura dei materiali).

Per ogni tirocinante si prevede una spesa di 500 euro all’anno che si accolla l’ente formatore: così succede in ambito accademico e così avviene con tutte le strutture convenzionate per ogni figura in formazione in ospedale. Il problema sollevato dall’aspirante tirocinante riguarda un settore specifico dato che non prevede alternative all’offerta privata.

La gestione dei tirocinanti, però, è identica per tutti i ruoli e si gestisce attraverso convenzioni ad hoc tra l’azienda ospedaliera e scuola di formazione. Non è possibile attivare accordi con singoli studenti.
Il caso riportato dalla studentessa va interpretato esclusivamente come mancanza di accordo pregresso tra la sua scuola e l’azienda ospedaliera. 

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 28 Novembre 2018
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.