Ha i requisiti per la cittadinanza, ma ancora attende. “Eppure posso dare molto all’Italia”
Jean-Claude Mbede è giornalista professionista, ha lavorato nella cooperazione internazionale: ha maturato il diritto a diventare cittadino italiano, ma attende ancora la cerimonia. Una posizione che lo esclude, ad esempio, da incarichi per Ambasciate e Ministero degli Esteri
Lo chiamano ai colloqui di lavoro per posizioni importanti a servizio dell’Italia, ma viene escluso perché – pur avendo i requisiti – non ha ancora in mano la cittadinanza italiana. A chiedere un aiuto, sollecitando la pratica al Comune di Gallarate, è Jean-Claude Mbede, giornalista professionista, rifugiato politico in Italia dal 2010. «Il mio futuro è legato al giuramento e penso che dopo tanti sforzi meriterei un appoggio e non essere punito» spiega in una lettera che ha scritto al sindaco di Gallarate Andrea Cassani, chiedendo la possibilità di velocizzare il passaggio burocratico
Di Jean Claude Mbede e della sua esperienza di rifugiato (perseguitato nel suo Paese in quanto giornalista che aveva denunciato la corruzione) avevamo parlato già negli anni scorsi. «Ho scelto la città nel 2010, quando a due anni dal mio arrivo in Italia e dopo la concessione dello status di rifugiato politico, ho avuto la mia prima opportunità lavorariva ed era un praticantato giornalistico a Milano. Ero contento di uscire da un centro di prima accoglienza a Roma per tornare ad essere un cittadino normale. Quando vado in giro per il mondo a lavorare per la Cooperazione italiana mi presento come un gallaratese nel mondo e ho detto al mio ambasciatore che era di Arona che la mia città mi avrebbe, un giorno, dato un riconoscimento a testimonianza di tale rapprasentenza onorevole. Vivo in Italia da 11 anni con lo status di rifugiato politico. Sono sposato con due figlie di 15 e 10 anni. Ma la famiglia si è rovinata per motivi economici. Tuttavia ho deciso di essere utile a questo Paese che mi salvò la vita e che è diventato anche mio. Canto l’inno di Mameli con la stessa emozione di Andrea Pirlo».
Giornalista nel suo paese, dal 18 marzo 2013 è «il primo esiliato ad iscriversi all’albo dei professionisti dell’ordine nazionale dei giornalisti italiani /consiglio regionale della Lombardia», ha proseguito la sua formazione con un Master degree internazionale in Gestione delle Operazioni umanitarie presso la succursale romana della Social Change -Non profit School- Scuola internazionale di Management di Madrid. Dal 2013 al 2017 ha lavorato come esperto di cooperazione per l’Ambasciata italiana in Etiopia e a Tunisi, è passato da Gibuti, Sud Sudan, Marocco, Libia e Mauritania.
Dove è nato allora il problema? «Da dicembre 2017 non sono più in grado di lavorare perché non è non più possibile farlo senza la cittadinanza italiana. Nonostante gli incontri con il Presidente della Repubblica e dei vari premier durante la mia missione, ho rispettato tutto l’iter per la concessione della cittadinanza italiana, il cui decreto è stato firmato finalmente lo scorso 28 settembre dal Presidente della Repubblica. Il decreto pervenuto ai servizi del comune di Gallarate mi è stato trasmesso il 25 ottobre dal servizio stato civile. Speravo di essere arrivato finalmente alla fine della procedura e che mancasse solo una formalità burocratica del comune per il giuramento».
In Comune a Gallarate è stato informato che «non sarà possibile fare il giuramento prima dell’anno prossimo», una tempistica che lo esclude in automatico da altre possibilità. Non teoriche, ma vere: «Sono stato invitato al colloquio per due posizioni: una missione in Afghanistan e una posizione presso la DGCS della Farnesina. Ma non ho potuto produrre il certificato della cittadinanza italiana e sono stato lasciato fuori. In questo momento, ho una posizione superabile presso l’Unione Europea e un’altra presso il BIT delle Nazioni Unite a Roma. Per entrambe le posizioni mi manca il cetificato di cittadinanza«.
È un problema che era già stato segnalato da altri cittadini stranieri che hanno maturato i diritti di cittadinanza, spesso messi in difficoltà proprio perché sono ben integrati e quindi potrebbero ambire a posizioni che richiedono formazione e capacità vere, spesso proprio per la propria posizione di mediatori culturali. «Ritengo che sia un pasticcio per il paese privarsi delle competenze di un professionista di grande esperienza a causa di un dettaglio burocratico trattandosi solo dell’agenda del sindaco. Perché alcuni cittadini avendo ricevuto il decreto per la cittadinanza italiana a Roma lo stessogiorno hanno già potuto prestare il giuramento e sono diventati cittadini. Ci si aspetterebbe che i tempi di attesa fossero più brevi in una città meno grande come Gallarate». Di fronte a queste esigenze anche pratiche passa un po’ in secondo piano anche il protocollo, che pure alcuni stranieri vedono come momento importante: «Il comune forse è tenuto al rispetto dell’ordine di arrivo ma non è possibile fare una cerimonia comune come in altre città?».
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