“La manovra economica non risolve i veri problemi del Paese”
È un intervento molto duro quello del Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese Riccardo Comerio all’indomani dell’approvazione della manovra del Governo
«Un bagno nelle difficoltà quotidiane dell’economia reale, meno ottimismo e più concretezza: è questo quello che chiediamo come industriali varesini al Governo, all’indomani dell’approvazione della Manovra di Bilancio».
È un intervento molto duro quello del Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese Riccardo Comerio all’indomani dell’approvazione della manovra del Governo della quale critica soprattutto le parti che riguardano il lavoro e l’impresa.
Di seguito pubblichiamo l’intervento di Comerio:
“Dopo il voto in Parlamento – scrive il presidente Riccardo Comerio – il Paese e il suo dibattito politico sembrano essere stati avvolti da un’atmosfera positiva che, però, non ha riscontri nelle imprese. È stato un bene aver trovato un accordo con l’Europa attraverso aggiustamenti alla Legge Finanziaria che impedissero la procedura di infrazione. Ma le modifiche apportate al testo, seppur, dobbiamo riconoscerlo, migliorative, anche per il sistema produttivo, non hanno inciso su quelle mancanze che obbligano l’Italia a rimanere legata ai propri difetti. In primis la bassa produttività e un costo del lavoro troppo alto. È su questi due fronti che bisogna lavorare nei prossimi mesi e nei prossimi anni se si vuole creare occupazione e crescita di benessere. Su queste nostre due debolezze, infatti, non incidono di certo i due pilastri di questa Manovra. Reddito di Cittadinanza e Quota 100 hanno sicuramente il merito di venire incontro alle fasce più povere della nostra società e a quelle che hanno ormai maturato i giusti diritti alla pensione. Il problema, però, è che mettendo quasi tutte le risorse disponibili su queste due misure si è deciso di puntare su provvedimenti che non ci faranno crescere di più, né aumenteranno in maniera stabile il benessere generale. Obiettivo, quest’ultimo, agguantabile solo incrementando il lavoro.
Di interventi seri per aumentare i livelli occupazionali non c’è traccia. Si parla di incentivi alle assunzioni, quando sarebbe stato meglio non smontare il Piano Industria 4.0 e non abbassare gli incentivi agli investimenti tecnologici delle imprese. Si festeggia per l’introduzione della flat tax per poche partite Iva, quando sarebbe stato più utile intervenire in maniera più strutturale e più allargata sul vero macigno che pesa sul lavoro: il cuneo fiscale. Sono poi completamente spariti dall’agenda politica (anzi per la verità non ci sono mai entrati) il problema del forte aumento dei costi energetici che nei prossimi mesi metteranno ulteriormente in ginocchio le imprese e gli interventi per incrementare la produttività attraverso la detassazione dei premi che le aziende danno ai lavoratori per i risultati raggiunti. Si è scelto, insomma, di preferire di portare a casa delle bandiere da sventolare, invece che migliorare il terreno su cui esse saranno piantate. Un terreno fatto da un’economia reale sempre più allarmata per un 2019 che si preannuncia duro e che parte di certo in salita. Il rallentamento mondiale spaventa, così come la mancanza di una visione d’insieme della nostra politica che è ancora troppo tentata di ragionare per slogan, anziché affrontare le pecche ataviche della nostra realtà. È questo, invece, quello che ci attendiamo dal “Governo del cambiamento”: non la ricerca spasmodica del consenso, ma la soluzione dei problemi. Il che comporta anche decisioni impopolari, meno sbandierabili, forse, ma dalle conseguenze maggiormente incisive sul miglioramento del lavoro e della competitività delle nostre imprese.
L’approvazione della Manovra, insomma, pur avendo rappresentato un oggettivo successo politico, anche in ambito europeo, non smuove di un millimetro quelle zavorre che da anni frenano le capacità del Paese. Il primo banco di prova economico post-finanziaria che attende ora l’Esecutivo è il rapido avvio di quei piccoli e grandi cantieri in grado di risolvere un altro anello debole del sistema Italia: il deficit infrastrutturale. Avviare le opere sarebbe un primo gesto di attenzione per la crescita e la creazione di nuovo lavoro”.
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Tutto giusto, manca però una cosa: occorre incominciare a fare una sana informazione nelle aziende e non sui social-network. Occorre informare i propri lavoratori su cosa si sta facendo e come potrebbero cambiare i propri diritti e prospettive se ci si limita a votare con la pancia anziché con il cervello. Se si inseguono gli spauracchi e le promesse da bengodi. Questo in passato pochissimi l’hanno fatto e sono stati etichettati come i soliti sinistrorsi. Ora paghiamo tutti le conseguenze di una votazione senza cervello fatta da un branco di beoti ammaestrati.
Quelle di Comerio sono parole più che sagge ma purtroppo gli attuali governanti pensano solo ad aumentare i consensi. Da una parte, Salvini, puntando sul fantomatico pericolo immigrazione e dall’altra, Di Maio, promettendo redditi ai bisognosi (veri o presunti che siano) che purtroppo non potranno durare più di tanto a meno di non mandare l’Italia in bancarotta visto che, col suo debito astronomico, è già conciata piuttosto male.