Aoxomoxoa e la grandezza dei Dead
La copertina di Aoxomoxoa è considerata una delle più belle in assoluto del rock. La seconda tappa di una nuova rubrica di recensioni che racconterà i principali LP usciti 50 anni fa
La psichedelia californiana, con i vari Jefferson Airplane, Quicksilver e Grateful Dead, fu uno dei fenomeni davvero più rilevanti della seconda metà degli anni sessanta, ma stava oramai volgendo al termine.
I Dead, che ne erano stati fra gli esponenti più sperimentali cominciano in questo terzo disco un po’ a sterzare verso una forma canzone che li vedrà poi autori di due capolavori del country rock. Un inizio di sterzata però: si va dalla musica acustica di Dupree’s Diamond Blues allo sperimentalismo eccessivo (e francamente noioso) della lunga What’s become of the baby. Ma nel complesso un album molto godibile che fa già vedere quel gruppo che con i propri leggendari e mai uguali concerti mobiliterà legioni di fans, i famosi Deadheads, su e giù per gli Stati Uniti sino alla morte del chitarrista e leader Jerry Garcia nel 1995.
Da notare qui l’arrivo del grafico Rick Griffin, che aveva già illustrato il debutto dei Quicksilver e che sarà fondamentale nella loro immagine: la copertina di Aoxomoxoa è considerata una delle più belle in assoluto del rock.
Curiosità: la creazione tecnica di questo disco è veramente complicata: fu registrato una prima volta con un 8 tracce. Poi lo studio comperò un 16 tracce, vera novità per l’epoca, ed i Dead lo reincisero approfittando delle nuove possibilità. Finito? No. Nel 1971 Jerry Garcia e Phil Lesh rientrarono in studio e lo rimixarono, togliendo alcune parti e sostituendone altre. Quello che poi è finito su CD è appunto il mix del 1971, ma è appena uscita una versione per il 50.mo che li comprende entrambi.
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