Poco meno del 40 per cento dei lavoratori lombardi resta “a casa per decreto”
In provincia di Varese le misure restrittive tengono a casa circa 141 mila lavoratori, di cui 70 mila solo nel settore industriale Lo studio dell'osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro
Sono 1,6 milioni i lavoratori lombardi che hanno sospeso l’attività lavorativa dopo le chiusure previste dai decreti dell’11 e del 22 marzo 2020.
A dirlo, un’analisi dell’Osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro basata su dati MFR (ISTAT forze di lavoro).
I NUMERI IN LOMBARDIA
Nello studio è evidenziato inoltre come il 28,8% di loro risieda a Milano (464 mila lavoratori), il 15,2% a Brescia (244 mila lavoratori) e il 12,4 a Bergamo (199 mila lavoratori). Al quarto posto la provincia di Varese, con l’8,7% di occupati costretti a casa.
Complessivamente, su 100 occupati, sono il 37,5% quelli che “restano a casa per decreto”, una percentuale che ovviamente non tiene conto di tutte le attività non rientranti nella lista Ateco, ma che hanno chiuso per scelta propria.
Ben il 42,6% degli occupati interessati dai DPCM lavora nel manifatturiero (687 mila occupati), in primis fabbricazione di prodotti di metallo (11% del totale dei lavoratori che restano a casa), fabbricazione di macchinari (8,1%) e a seguire metallurgico (4%). Complessivamente su 100 occupati nel settore manifatturiero, sono 60 a restare a casa per chiusure obbligate.
Le attività commerciali si fermano in larga parte, lasciando a casa 267 mila lombardi (il 16,6% di quanti sono interessati dal decreto), ma anche per i servizi si registra una battuta d’arresto importante: sono 506 mila i lavoratori interessati dal decreto che lavorano nei diversi settori (31,4% del totale), in primis attività di ristorazione (12,1% per 194 mila addetti), e a seguire servizi alla persona, come parrucchieri, centri estetici (4,6%), attività di ricerca e selezione del personale (2,3%), attività immobiliari (2,3%).
Complessivamente, in Lombardia il 37,5% degli occupati è costretta a casa per la chiusura dell’attività economica. La quota più elevata si registra nelle provincie a più alta densità produttiva, come Brescia (45%) e Lecco (44,5%), a seguire Mantova, Bergamo e Como.
A Milano, città a forte vocazione terziaria, il blocco delle attività interessa, invece, il 33% degli occupati.
LA SITUAZIONE A VARESE
Nella provincia di Varese le misure restrittive adottate dal Governo per l’emergenza Covid-19 tengono a casa circa 141 mila lavoratori (il 37,6% del totale) di cui quasi la metà, 70 mila, solo nel settore industriale (55,6% sul totale degli occupati del settore), 23 mila nel commercio (46,5%) e 15 mila nelle costruzioni (65,1%).
«In questa situazione e con tali numeri diventa urgente la sospensione di tutte le scadenze e degli obblighi diversi dalla gestione delle pratiche di intervento degli ammortizzatori sociali – Ha commentato la presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese Vera Stigliano unendosi alle richieste sottoscritte a livello nazionale da Ancl e Ordine dei Consulenti del lavoro – Se non vengono immediatamente presi provvedimenti finalizzati a non aggravare il lavoro degli studi molti lavoratori non riceveranno in breve tempo gli indennizzi previsti dagli ammortizzatori sociali».
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