Eroina iniettata in vena: il ritorno al passato a causa dell’emergenza sanitaria
Il dottor Tosetto, responsabile del SerD della Sette Laghi, spiega perché i tossicodipendenti hanno ripreso il sistema che ha provocato molte vittime per Aids

Un ritorno al passato? Momentaneo e per necessità.
Il dottor Claudio Tosetto, responsabile del SerD dell’Asst Sette Laghi, da anni si occupa di tossicodipendenza.
Il ritorno dell’eroina iniettata in vena è una delle conseguenze dell’emergenza sanitaria: « La chiusura e il divieto di spostamento hanno influito molto sullo spaccio. Il mercato non riceveva più sostanze e per gli assuntori era difficile muoversi. Così, alcuni tossicodipendenti hanno deciso di assumere l’eroina per via endovenosa perchè ne basta meno per avere lo stesso effetto di un’inalazione o del fumo. Sono convinto, però, che si tratta di una situazione momentanea, legata al coronavirus. Le vittime provocate dall’Aids sono ancora ben presenti nella memoria dei tossicodipendenti».
Gli anni ’90 e inizi 2000 furono caratterizzati proprio dalla pandemia del virus HIV. Furono proprio gli assuntori di sostanze i più colpiti, la categoria che pianse il maggior numero di vittime. L’uso promiscuo di siringhe fu il principale veicolo del contagio: « C’è consapevolezza del rischi – spiega il dottor Tosetto – c’è più rispetto delle norme di igiene. Le siringhe sono sempre monouso. Non credo che quello che è capitato a causa dell’emergenza sanitaria porti a un ritorno al passato. Gli assuntori sono consapevoli: oltre all’Aids, poi, c’è grande paura per l’epatite C e le complicanze che provoca. Esistono alcuni protocolli terapeutici ma non sono per tutti e la situazione è ben chiara. I rischi maggiori dei contagi oggi sono legati ancora ai comportamenti sessuali».

(Nella foto sopra il dottor Claudio Tosetto)
Il mercato delle sostanze stupefacenti vede l’eroina coprire il 35/40% dei consumi totali e così la cocaina.
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