Il Pil italiano crolla del 12,4% nel secondo trimestre. Dati più bassi dal 1995
Si spera in un rimbalzo dell'economia nella seconda metà dell'anno, attualmente la variazione acquisita per il 2020 è pari a -14,3% di Pil
I dati diffusi da Istat sull’economia italiana travolta dagli effetti del Coronavirus raccontano di un crollo che ha riportato il reddito nazionale al valore più basso mai raggiunto dal primo trimestre del 1995.
Nel secondo trimestre del 2020, infatti, l’istituto di statistica stima che il prodotto interno lordo (espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato) sia diminuito del 12,4% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% in termini tendenziali.
Il secondo trimestre del 2020 ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto al trimestre precedente sia nei confronti del secondo trimestre del 2019.
La variazione congiunturale del Pil è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i comparti produttivi, dall’agricoltura, silvicoltura e pesca, all’industria, al complesso dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta.
La variazione acquisita per il 2020 è pari a -14,3% di Pil, una stima che però non prevede altri contraccolpi che potrebbero essere negativi, se legati ad andamenti negativi degli effetti del contagio, ma anche positivi qualora si dovvesse registrare quello che si definisci “un rimbalzo” dell’economia nella seconda metà dell’anno.
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E il governo come rimedio inserisce nuova tasse che ha chiesto l’europa per eventualmente darci il prestito figlio del grande successo scaturito dal summit europeo…esattamente il contrario di ciò che si dovrebbe fare. Siamo nelle mani di grandi economisti.
In realtà l’Europa ha chiesto riforme programmatiche e non nuove tasse, riforme anche radicali che consentano all’Italia di uscire da una stagnazione ventennale in cui non riusciamo a crescere ed essere competitivi nello stesso ratio di altri paesi membro.
Ma cosa ci rende più deboli e fragili?
1. La nostra P.A. ha bisogno di una vera rivoluzione copernicana che ponga il cittadino al centro del sistema dei pubblici uffici e servizi. E rendere la nostra amministrazione più moderna e più europea dobbiamo appunto reinventarla, avvalendoci il più possibile della digitalizzazione che consente un rapporto più diretto e senza intermediazioni parassitarie fra cittadini, uffici e servizi.
2. Per la giustizia penale vanno ripensate alcune misure demagogiche come quella sulla prescrizione o reati quali l’abuso di ufficio, che inducono i dirigenti pubblici a rifiutarsi di assumere decisioni. Occorre poi un ripensamento di fondo dei modi e dei tempi della giustizia civile, che così com’è è un ostacolo all’attrazione e allo sviluppo delle imprese e al buon funzionamento dei commerci.
3.per ultimo ma non meno importante è ormai da un ventennio che l’Italia soffre di “malattia della crescita” e che il suo andamento del Pil sta in coda nella graduatoria europea. Occorre alleggerire nel modo giusto i rapporti tra Stato ed imprese, Stato e cittadino….occorre riformare, per aprire una impresa non dovrebbero occorrere mesi ma al limite settimane o giorni, la fiscalità dovrebbe essere più semplice possibile, equa ma inflessibile. Non è possibile pagare ad oggi le tasse sul fatturato previsto…questo sistema fiscale è liberticida e antidemocratico e fa scappare molti cittadini dalla volontà di mettersi in prooprio.
Gli altri paesi europei sono più avanti di noi e hanno tutto il diritto di chiederci di cambiare, soprattuto se a fronte di questo cambiamento vengono elargiti ingenti quantità di denaro.