Carabelli: “Con il covid sono stato tra la vita e la morte”

Intervista ad Angelo Carabelli, primario di dermatologia dell’ospedale di Gallarate, e persona molto conosciuta per il suo impegno nella Pro Loco di Gazzada Schianno. È rimasto 110 giorni in ospedale a causa del covid-19

Angelo Carabelli

Centodieci giorni ricoverato con il covid. Un pezzo di inverno e tutta la primavera. Angelo Carabelli, primario di dermatologia dell’ospedale di Gallarate e persona molto conosciuta per il suo impegno nella Pro Loco di Gazzada Schianno, se l’è vista proprio brutta.

“All’inizio anche io credevo che si esagerasse e che il virus non fosse poi tanto diverso da una classica influenza. Alla faccia. Sono stato tra la vita e la morte per una settimana”.

Partiamo dall’inizio. Quando ha scoperto di aver preso il virus?

«È difficile da dire. Continuo a scoprire persone che avevano contratto il virus e con cui mi ero visto, ma all’inizio nessuno sapeva niente. Potrei averlo preso da un paziente, ma anche al bar. Ho iniziato ad accusare i classici sintomi e sono entrato in ospedale a Busto Arsizio l’8 marzo. Mi hanno ricoverato nel reparto malattie infettive. Dopo due settimane sembravo migliorato e invece ho avuto un crollo, sono finito in terapia intensiva. Ci sono rimasto un mese. Succede un po’ così: qualcuno risolve presto il problema e guarisce, altri vanno incontro a una tempesta citochimica che scatena un pasticcio immunologico. Il virus non c’è più, ma la malattia colpisce tutti gli organi. A me all’inizio ha preso lo stomaco e l’intestino, poi il cuore e i polmoni. A marzo non si sapeva ancora bene cosa fare e mi hanno più volte dato per spacciato. A quel punto mi hanno fatto un ciclo di cortisone ad alto livello e la situazione è migliorata. Una situazione che sembrava irreversibile senza scampo si è risolta per il meglio”.

Era cosciente della situazione che stava vivendo?

«All’inizio c’era tanta paura anche perché è morto subito il dottor Stella (presidente dell’ordine dei medici, ndr) e con lui altri. Ero ricoverato con il mio collega gastroenterologo e ogni tanto ci guardavamo in faccia dicendoci: “e ora che ci succederà?”. Poi lui ha risolto velocemente, io no. E sono finito in rianimazione. Di quel periodo non ricordo quasi nulla perché ero sedato. Ho scoperto solo dopo che nel momento più duro, quando ormai avevano perso la speranza, mi facevano le videochiamate con mia moglie Rosella. Quando mi sono ripreso credevo fosse stato un sogno e invece era successo davvero e mi ha aiutato molto».

Come è stato il decorso della malattia?

«Uscito dalla rianimazione sono andato in medicina e poi si è aperto il tema della riabilitazione. In quattro settimane avevo perso 23 chili e non avevo più muscolatura. In 15 giorni mi hanno rimesso in piedi, ma ancora adesso so che sarà lunga».

È sempre restato a Busto Arsizio. Che giudizio ha della sua azienda ospedaliera?

«In ospedale i colleghi mi hanno trattato e curato benissimo e per fortuna sono qua a raccontarla. Con loro anche il personale paramedico davvero di alto livello. Ho girato quattro reparti e in tutti ho avuto la massima attenzione. Sono convinto di aver fatto bene a decidere di farmi ricoverare lì»

Cosa le lascia questa esperienza?

«Sicuramente un po’ di paura. Più di tutto di riprenderla perché nessuno sa come si reagisce. Mi hanno salvato la vita e per fortuna che non avevo nessuna patologia pregressa ed ero sano. Alcuni che sono stati contagiati non si sono nemmeno accorti, asintomatici, ma erano persone giovani. Poi può succedere che in situazioni particolari il virus sia più violento. Anche da medico, ascoltando i colleghi nessuno sa come evolverà la situazione. Ora si stanno facendo tanti tamponi e questo rivela che il virus gira tanto ancora. Bisogna prestare tanta attenzione. E comunque non è mai abbastanza perché basta poco e lo prendi.  Non si sa se si è protetti da un punto di vista immunologico. A me comunque hanno detto di stare molto attento perché non è sicuro».

La malattia le ha lasciato problemi fisici?

«Qualche postumo lo ha lasciato. Respiro bene, ma non ho più i polmoni di prima e al momento non potrei andare a fare le camminate in montagna. Ho un po’ di alterazione del gusto e dell’olfatto. All’inizio era molto fastidioso perché ogni sapore era disgustoso. Sentivo solo amaro, adesso va già meglio».

Nei 110 giorni del ricovero come sono state le relazioni con l’esterno?

«Mia moglie Rosella ha vissuto un periodo terribile perché le notizie erano sempre contrastanti. In diversi momenti le avevano detto che non c’era più niente da fare ed è stata bravissima. Lei e la mia famiglia mi hanno aiutato molto. Ho avuto delle videochiamate anche quando ero in rianimazione. Pensavo fossero sogni perché ero sedato e invece erano reali e mi hanno dato forza. Ho sentito tanta vicinanza da parte di amici, pazienti, colleghi e mi ha aiutato a superare questo brutto periodo. Quando mia moglie mi ha riportato il telefono, ho trovato centinaia di messaggi e telefonate. Ci ho messo un bel po’ a rispondere, ma è stato importante sentire tanto affetto e attenzione».

Cosa consiglierebbe a tutti noi?

«Usare la massima attenzione. Quello che dico anche ai miei figli di 16 e 19 anni. Usare la mascherina e sapere che il virus è ancora qui, alla faccia dei negazionismi che mi lasciano molto perplesso. Non auguro a nessuno di provarlo, ma dovrebbero rendersi conto di cosa significhi. Questa pandemia ci ha aggredito. Anche io pensavo fosse la solita influenza, arriverà e passerà come le altre, Alla faccia. Ha colpito tutti e tutto creando un bel disastro. Dal punto di vista sanitario poi è lì da vedere. In Italia sono morte 35mila persone e in tutto il mondo chissà di quanto supereremo il milione. Speriamo finisca, ma ci vorrà un vero vaccino».

Abbiamo visto un video mentre fa la riabilitazione, ha già ripreso a lavorare?

«Si, dal 26 di agosto sono tornato a lavorare. Dedico una parte della giornata alla riabilitazione. Sono diventato un po’ pigro, ma devo rifarmi bene la muscolatura».

Manterrà anche il suo impegno con la Pro Loco?

«Certo. Purtroppo abbiamo dovuto decidere di sospendere la stagione musicale, ma è solo rimandata al prossimo anno. La vita va avanti e supereremo anche questa, ma mi raccomando: fate la massima attenzione. Non è bello per niente questo virus».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 09 Settembre 2020
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