Liuc, “La didattica a distanza era nei nostri piani, l’epidemia l’ha anticipata”
L’ateneo di Castellanza è stata tra le prime università in Italia a organizzarsi per "trasferire" tutti i corsi online. Il professor Aurelio Ravarini spiega come è stato gestito il cambiamento
Nei mesi estivi si è discusso molto sulla necessità di ritornare alla didattica in presenza nelle scuole e nelle università, come se il coronavirus fosse ormai una preoccupazione del passato. La previsione fatta dagli esperti circa un ritorno del virus a partire dalla stagione autunnale si è puntualmente avverata, mettendo il mondo della scuola di fronte alla necessità di ricorrere nuovamente alla cosiddetta didattica a distanza.
Se all’inizio della pandemia ci sono state scuole e atenei che hanno faticato non poco ad adeguarsi a questo cambiamento, dopo otto mesi di training l’effetto sorpresa non può essere più una giustificazione valida per chi non ha messo a punto soluzioni tecnologiche adeguate e una formazione efficace per gli insegnanti.
Sul territorio ci sono modelli interessanti, tra cui quello della Liuc-Università Cattaneo che su questo fronte si è mossa in anticipo, cioè ben prima che la didattica a distanza diventasse un obbligo dettato dall’emergenza sanitaria.
Aurelio Ravarini, docente di design della trasformazione digitale e delegato del rettore all’innovazione didattica, è a capo della task force che ha realizzato questo difficile passaggio all’ateneo di Castellanza.
Professore, la Liuc, durante il lockdown, è stata tra le prime università in Italia a passare al cento per cento alla didattica a distanza. Come avete fatto?
«Non è stato semplice, perché abbiamo dovuto concretizzare nel giro di due settimane il piano, voluto nel 2019 dal nostro rettore, che era distribuito nell’arco di due anni. Da tempo utilizzavamo la didattica a distanza nei master ma non nei corsi di laurea. Quindi bisognava procedere speditamente all’introduzione di nuovi strumenti e tecnologie e fare formazione ai docenti. Il nostro vantaggio strategico è stato determinato da due fattori: da una parte hanno giocato un ruolo decisivo le dimensioni della nostra università che, essendo piccola, ha una catena decisionale molto corta, aspetto che facilita e riduce in modo significativo i tempi di esecuzione; dall’altra la disponibilità dei docenti a mettersi in gioco per garantire la continuità della didattica. Siamo stati così reattivi in questo cambiamento che alcuni corsi la discontinuità non l’hanno nemmeno avvertita».
Come hanno reagito a questo cambiamento repentino gli studenti e i professori?
«Da sempre, alla Liuc si favorisce la relazione con gli studenti e questa vicinanza è il nostro vero punto di forza. Nei miei corsi gli studenti li chiamo per nome e nel caso non siano presenti in aula, ne conosco anche le ragioni. Quindi per noi la didattica a distanza è stata sempre un ripiego. Fatta questa premessa, di fronte a una situazione di emergenza anche le università, come tutte le altre organizzazioni, hanno dovuto adattarsi. Un sondaggio interno alla Liuc di pochi giorni fa ha rivelato che il gradimento per quanto stiamo facendo è molto alto. I docenti in una scala di voti che va da 1 a 5 hanno giudicato gli strumenti messi a loro disposizione con un voto medio di 4,5, mentre abbiamo rilevato pochissime situazioni problematiche da parte degli studenti».
Da chi è composta la task force e quali sono le scelte principali che caratterizzano il vostro modello di didattica a distanza?
«Il nucleo, oltre che dal sottoscritto, è formato da alcuni docenti, la responsabile del Learning and Teaching hub dai referenti della segreteria studenti e dai tecnici informatici. Alla Liuc abbiamo fatto una scelta di fondo: predisporre un numero limitato di strumenti per non creare confusione sia tra gli studenti che tra i professori. Inoltre, avendo iniziato questo percorso prima della pandemia abbiamo potuto scegliere tra le tecnologie più all’avanguardia. L’università da parte sua ha evitato di fare spese con utilità nel breve termine e preferito fare investimenti nel lungo termine che nel 2019 avevano portato alla scelta di due piattaforme, una per l’erogazione dei video e l’altra per creare classi virtuali. Scelte strategiche dei vertici dell’università che hanno incluso anche il potenziamento della rete wifi e degli apparati hardware per garantire prestazioni elevate. Se ci sono trenta lezioni in contemporanea con gli studenti collegati, l’infrastruttura deve essere adeguata».
È stato difficile convincere i professori a fare questo cambiamento?
«Al contrario, abbiamo incontrato disponibilità, nonostante l’inevitabile elevato sforzo richiesto. Con la task force abbiamo creato una serie di momenti formativi dedicati ai docenti con strumenti utili per riposizionare la conoscenza. Abbiamo realizzato una newsletter, dei tutorial, un sito dedicato all’innovazione didattica con interviste sul metodo usato. L’interazione con i docenti ha funzionato così bene che persino i consigli di scuola sono spesso diventati a loro volta veri e propri momenti formativi e di confronto sulle scelte migliori da attuare. Uno stimolo a fare sempre meglio. Insomma, abbiamo continuato a spingere per evolverci».
Attualmente come è organizzata la didattica alla Liuc?
«Tutte le aule in cui si fa lezione sono dotate della tecnologia e degli strumenti necessari per fare didattica sia in presenza che a distanza: in modalità cosiddetta ibrida, dove sono possibili entrambe contemporaneamente. Oggi abbiamo una flessibilità che permette a uno studente, quando ce ne fossero le ragioni, di avere da casa un’esperienza di apprendimento simile a quella dell’aula. Gli strumenti tecnologici messi a disposizione permettono di ridurre al minimo la sensazione di distanza».
A lei personalmente è mancata molto la didattica in presenza?
«Non mi è mancata molto e forse non ne avverto la differenza perché per interagire con gli studenti ho sempre utilizzato la tecnologia, anche quando non era richiesta. Oggi utilizzo la modalità ibrida: ho un corso con 40 studenti, di cui trenta sono in aula e dieci a casa che seguono in diretta la lezione. Sembra paradossale, ma sento più distanti quelli presenti in aula perché indossando la mascherina non riesco a intercettarne le espressioni. Mentre avverto più vicini quelli che seguono da casa perché posso vedere bene il loro volto proiettato sullo schermo. Infine, c’è un particolare che è il risultato di un lavoro fatto con gli studenti, relativo ai loro comportamenti. In genere quelli che si collegano da casa seguono una precisa netiquette: sono curati nel vestire e nei particolari, molto più di quelli presenti in aula. È un modo per dare un segnale di rispetto agli altri, un rituale che porta ad avere maggiore attenzione».
Martedì 27 ottobre alle ore 17 e 30, sul canale Youtube e la pagina Facebook della Liuc, si terrà una diretta condotta dal professor Aurelio Ravarini sul tema della “Trasformazione digitale nella didattica LIUC” .
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