Antonelli presenta l’atto di indirizzo per Accam: “Nessun salvataggio senza termovalorizzatore”

Presentato l'atto di indirizzo che chiede al consiglio di dare mandato al sindaco per salvare la società dallo spettro del fallimento e rilanciarla con gli investimenti di Amga e Agesp. Servirà un'altra commissione per decidere

Dentro l'inceneritore di Borsano (inserita in galleria)

Arriva in commissione la questione della crisi di Accam che da mesi non trova una soluzione condivisa con la società che balla continuamente sull’orlo del fallimento, ipotesi che tutti cercano di scongiurare. Il sindaco Antonelli ha presentato ai consiglieri l’atto di indirizzo che intende presentare in consiglio comunale.

Per il sindaco di Busto Arsizio la linea da tenere è quella della riattivazione del piano di salvataggio promosso da Amga con il coinvolgimento di Agesp e di Gruppo Cap in un secondo momento: «Questo indirizzo rispetta i criteri di sostenibilità economica, economia circolare, investimenti adeguati, gestione pubblica dello smaltimento, messa in sicurezza dell’impianto, ritorno in house, logica di area vasta, e salvaguardia dei livelli di occupazione».

Antonelli mette ancora una volta in chiaro che il tempo sta scadendo: «Siamo ormai arrivati al termine della vita di Accam se non si prendono provvedimenti urgenti. Accam può avere ancora un futuro. Io credo, e non sono il solo, che gli enti preposti a controllare l’inquinamento siano Arpa e Ats e i loro dati dicono che non è l’inceneritore una delle cause principali. Per me i loro dati attendibili». Per il sindaco l’economia circolare è un obiettivo raggiungibile ma non nell’immediato futuro: «Solo oltre il 92% di differenziata si potrà arrivare allo spegnimento dell’inceneritore. Ci vorranno ancora 20 anni e nel frattempo cosa facciamo?»

Il primo cittadino spiega anche quali sono i rischi: «Rischiamo un raddoppio della Tari. Le conseguenze dell’eventuale fallimento avranno un impatto sul bilancio del comune di Busto: la perdita del canone di locazione del terreno (356 mila euro all’anno), la perdita totale della partecipazione azionaria, ancora circa 1 milione di passivo in bilancio. Per 5 anni non potremo fare nuove società di smaltimento rifiuti. Portare i rifiuti in altri impianti comporterebbe anche 1,3 milioni di euro per l’acquisto di bilici, almeno 80 mila euro di maggiori costi per smaltimento in altri impianti e il costo bonifica che ricadrebbe solo su Busto. Il salvataggio senza termovalorizzatore è impossibile e il trattamento a freddo potrà essere preso in considerazione solo quando il bilancio sarà risanato».

Il presidente di Accam, Angelo Bellora, ha spiegato perchè Accam ha bisogno di un nuovo modello gestionale: «L’attuale modello gestionale non può stare in piedi perchè serve una governance industriale che Amga e Agesp potrebbero garantire».

Poi ha portato l’esempio del Comune Sesto San Giovanni dove il termovalorizzatore verrà spento il 31 marzo per essere riqualificato per i fanghi dei depuratori: «Passeranno da una tariffa da 87,60 euro a tonnellata a 120 euro perchè ora dovranno andare a Silla 2 se va bene o a Brescia». Poi ha presentato una tabella della Regione Emilia Romagna che mostra come dalla plastica raccolta con la differenziata solo il 23% venga riutilizzata mentre il 77% finisce nei rifiuti speciali e quindi negli inceneritori.

A dare un quadro normativo di riferimento è il professor Bruno Inzitari, consulente di Accam: «La realtà di Accam è importante nel ciclo dei rifiuti urbani. Rimane una grande risorsa sia pure con tutte le traversie che ci sono state. L’incendio ha comportato le maggiori problematiche dal punto di vista economico. Il fallimento è il danno maggiore che si può verificare e credo che sia fuori discussione la necessità di evitarlo. Se va nelle mani di un curatore significa una conclamata sconfitta di tutti gli enti locali e in particolar modo di Busto. La procedura da individuare è quella dell’accordo di ristrutturazione con almeno il 60% degli investitori e con un accordo per scadenziare il debito entro 6 anni. Va definito e concluso il passaggio da Europower ad Accam della gestione dell’impianto e il passaggio dalla vecchia società alla newco, attraverso un affitto del ramo d’azienda e poi il trasferimento».

Gigi Farioli ha spiegato: «Il piano Amga-Agesp risulta scaduto ma va riattivato. L’obiettivo è il rilancio, per arrivare poi ad un’economia circolare ma va chiarito che l’attuale impianto va messo in sicurezza. Se entro 2-3-4 giorni qualcuno è in grado di presentare questo piano, questo deve avere una sostenibilità economica. Il dibattito deve essere chiaro.

Per il presidente del Consiglio Valerio Mariani è necessario un chiarimento con Legnano, ribadendo la disponibilità del Pd a ragionare: «Se non c’è accordo con il principale socio di Amga a cosa serve questo atto di indirizzo? I due sindaci si devono chiarire e devono avere una linea comune. Al momento è ancora la politica ad avere il pallino e la politica deve trovare una soluzione. Basta opportunismo politico che per 20 anni ha governato Accam e l’ha portato a questo punto. Il sindaco deve sciogliere anche il nodo nella sua maggioranza con la Lega che negli ultimi 5 anni ha cambiato posizione».

Infine Claudia Cerini dei 5 Stelle: «State chiedendo una delega in bianco al consiglio comunale. Se si reinveste nell’impianto perdiamo l’occasione di cambiare direzione. Attualmente è tutto vago: non c’è un documento che attesti l’impegno di Gruppo Cap, non è certo che la società torni in house con questo piano, per non parlare dei ripensamenti di Amga e Legnano». La discussione non si è ancora conclusa e proseguirà con una seconda seduta prevista per l’1 marzo.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 24 Febbraio 2021
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