In memoria di Esteban Canal nel quarantesimo della dipartita

Il 14 febbraio del 1981 moriva il grande giocatore di scacchi. Il ricordo di Leonardo Tomassoni con la premessa di Mauro della Porta Raffo

Azzate, inaugurazione della scacchiera "gigante"

Presidente del Circolo degli Scacchi di Varese tra la fine dei Sessanta e i primi Settanta, per mia insipienza, ebbi scarsa frequentazione con il più importante – a livello mondiale – scacchista abitante nelle nostre lande. Ho chiesto oggi, al fine di farne conoscere nome e avventura, a Leonardo Tomassoni di scriverne in occasione del quarantesimo anniversario della morte avvenuta il 14 febbraio del 1981.

Parlo del Grande Maestro di Scacchi ‘honoris causa’ Esteban Canal, Varesotto di lunga adozione, vissuto a Cocquio Trevisago, nel cui Cimitero giace. È – al di là di quanto nel testo ricordato, compresi i versi che seppe ispirare ad Eugenio Montale – il “nostro” Grande Maestro autore della ‘Immortale peruviana’, partita che chi voglia può trovare nel web e che è considerata una delle più grandi e geniali ‘miniature’ scacchistiche di sempre. Una squisitezza che si conclude con il “Matto di Boden“, e chi ha orecchi per intendere intenda.

Mauro della Porta Raffo

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“Parlare di Esteban Canal, nel quarantesimo anniversario della morte, avvenuta il 14 Febbraio 1981, in quel di Cocquio Trevisago, in provincia di Varese, cercando di inquadrarlo nel panorama scacchistico internazionale del secolo scorso non è cosa facile.   Sotto il profilo tattico-strategico l’uomo era duttile, a volte enigmatico, sicuramente precursore di nuove idee, e da un punto di vista esistenziale di estrema riservatezza, quasi sfuggente.

Una vita la sua  simile al suo stile di gioco che lui stesso aveva sintetizzato, come ricorda  Luca Monti il più importante studioso italiano di Canal, in una frase  rivolta al Grande Maestro Tartakover al Torneo di Venezia del 1948,  “Parce que le hasard est un refuge fidèle et solide” (“perché il rischio, è un rifugio fedele e solido”). O come quando, spiegando a Michele Cordara, oggi presidente del Circolo Scacchistico Torinese, allora giovane scacchista al Torneo di La Spezia del 1975, le caratteristiche del suo approccio agli scacchi gli diceva “Vede Cordara, io nelle partite mi butto dalla finestra e solo alla fine scopro se sono caduto in piedi”.

Quanto ricca di vicende avventurose, e ancora in parte nebulose, sia stata la vita di Canal lo dimostra il fatto che, ancora oggi, non si ha una certezza assoluta neppure sulla sua data di nascita e sul luogo della sua nascita. Secondo la maggior parte dei testi e dei ricercatori che se ne sono interessati dovrebbe essere nato il 19 aprile 1896 a Chiclayo, nel distretto di Lambayeque, in Perù. Sulla sua tomba però figura come anno di nascita il 1893. E se andiamo a rileggere una testimonianza del io Conte Gian Carlo Dal Verme, Presidente della Federazione Scacchistica Italiana dal 1958 al 1980, pubblicata nel numero di aprile del 1981 su ‘L’Italia Scacchistica’, troviamo “Era nato il 19 aprile 1896 in Spagna, a Santander, da madre spagnola e padre peruviano il quale, dopo averlo riconosciuto come figlio, lo portò con sé, per alcuni anni, in Perù”.

Come si vede la partita comincia da subito a ingarbugliarsi. Verso i quattordici anni Esteban si lanciò verso nuovi orizzonti. Lasciò il Perù, forse imbarcandosi su un veliero, e giunse in Europa. Dapprima in Spagna, dove la lingua gli fu di aiuto (ma nel corso della vita  arrivò a parlare sette od otto lingue!), e poi in Francia, in Belgio, in Germania dove studiò medicina e cominciò a giocare a scacchi. Iniziarono anche i primi successi che in una sessantina d’anni lo portarono a girare mezzo mondo. Da una sala di torneo all’altra, sempre mantenendosi a livelli molto elevati di gioco e incontrando i migliori scacchisti dell’epoca, Capablanca, Alekhine, Euwe, Najdorf, Tartakover, Tarrasch tanto per citarne solo alcuni. Una vita fatta di grandi successi ma anche di lunghi periodi in cui sembrava che le battaglie scacchistiche non lo attraessero più con la stessa intensità dei momenti d’oro.

A volte lo coglieva, anche se raramente, una certa depressione. Altre volte, lui stesso racconta come si rinchiudesse in casa per mesi per approfondire gli aspetti strategici del gioco analizzando le partite dei Grandi Maestri del passato e del suo presente. Pur avendo scritto un libro fondamentale per la teoria scacchistica come ‘Strategia di avamposti’, Canal si sentiva soprattutto un grande tattico e non smetteva mai – lo dice in una ‘lettera aperta all’editore’ per il lancio del suo libro – di «confrontare gli stili, le scuole, le mode” aggiungendo, “ma ciò che più di tutto stuzzicava la  mia curiosità non erano le divergenze, bensì le somiglianze. È questa una forma di indagine molto faticosa ma redditizia, giacché solo le somiglianze fra cose apparentemente diverse ci indicano la legge che le unisce».

La voglia di studiare non lo abbandonò mai così come anche la voglia di insegnare ai giovani le strade da percorrere  per migliorare il loro stile di gioco. Fu quindi sempre disponibile fin dai primi anni in cui venne a vivere in Italia a tenere corsi e a scrivere articoli esplicativi di teoria scacchistica, soffermandosi sull’andamento di partite significative per farne cogliere gli aspetti strategici di fondo, senza mai annoiare nell’analisi ma utilizzando sovente lo humor che  lo caratterizzava. Nel Gennaio 1929 risulta che il Circolo Filologico Milanese aveva dato  l’incarico di dirigere ed attuare un corso di tal fatta a “Stefano” Canal con una chiara italianizzazione del nome tutta di stampo fascista.

Sarà poi verso il termine del secondo conflitto mondiale che Canal decise di trasferirsi da Milano, dove viveva con la moglie, una ex ballerina ungherese a cui era fortemente legato, nella nostra provincia a Cocquio Trevisago. Da allora, lui che aveva girato il mondo dalle Americhe all’Europa, dal Sud Africa all’Australia, iniziò a fare vita più ritirata, partecipando di quando in quando solo a Tornei italiani, pur di alto livello. Unica eccezione furono le Olimpiadi Scacchistiche del 1950 a Dubrovnik a cui prese parte gareggiando per la squadra del Perù. Era un intrattenitore simpatico e un affabulatore affascinante, che sapeva attirare in modo magnetico l’attenzione di un uditorio di appassionati, passando dagli aspetti tecnici del gioco ai suoi ricordi personali fatti di aneddoti e di veloci ritratti dei più grandi scacchisti cbe aveva incontrato. Ma, essendo uomo di vasta cultura, non si limitò mai alla sola cerchia scacchistica. Ebbe modo di incontrare e stringere amicizia con Ernest Hemingway, Thomas Mann, Stefan Zweig che scrisse poi ‘La novella degli scacchi’, ma a Cocquio ancora lo ricordano per la sua disponibilità ad intrattenersi con chiunque avesse voglia di fare una chiacchierata di genere scacchistico o letterario o anche solo per bersi un bicchierino di Fernet, la sua bevanda preferita, secondo quanto scrive Alvise Zichichi nel libro che gli dedicò nel 1991 ‘Esteban Canal. Insegnamenti ed esperienze agonistiche di un grande maestro di scacchi’.

Gli ultimi anni furono difficili, fatti di grande tristezza per la perdita della moglie Anna avvenuta nel 1965, di difficoltà economiche sempre maggiori che spesso nascondeva per orgoglio e istintiva signorilità. Ma una soddisfazione ancora l’attendeva quando nel 1977 la ‘Federation International des Echecs’ decise di assegnargli il titolo di Grande Maestro ‘honoris causa’, titolo che avrebbe già potuto ottenere nel 1950 se solo si fosse ricordato di compilare un modulo per richiederlo dopo i risultati ottenuti in quegli anni. Ho avuto modo di incontrarlo in un paio di occasioni, negli anni settanta, a Gavirate con la sua inseparabile sigaretta tra le labbra.   Durante le partite fumava in continuazione. Come ricorda Giuseppe Turcato nella prefazione al Libro del Torneo di Venezia 1948: “Fumava una sigaretta sull’altra, dopo averle tagliate in piccoli pezzi che allineava con eguale cura accanto alla scacchiera”. Eugenio Montale ha cantato questi momenti nelle sue ‘Nuove Stanze’: “Poi che gli ultimi  fili di tabacco al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soffitto lenta sale la spirale di fumo che gli alfieri ed i cavalli degli scacchi guardano stupefatti”.

Leonardo Tomassoni

di
Pubblicato il 14 Febbraio 2021
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