Quando i prezzi delle materie prime scenderanno, le cause e i rischi strutturali rimarranno

La “guerra” delle materie prime e le difficoltà della catena di fornitura sono stati al centro di un webinar promosso dall’eurodeputata della Lega Isabella Tovaglieri

Pangborn, eccellenza varesina nell'acciaio (inserita in galleria)

Per avere una fornitura di polistirolo bisogna aspettare almeno dodici settimane dal giorno in cui si è fatto l’ordine. Fino all’anno scorso, prima dello scoppio della pandemia, per ordinare ed avere in azienda una guarnizione per una macchina utensile ci si metteva al massimo 5 giorni, oggi ci vogliono tre mesi. Il lamierino di acciaio è quasi introvabile, così come lo sono i componenti elettronici e i microchip. Alla difficoltà di reperire i materiali per poter produrre, le aziende devono mettere in conto anche una crescita dei prezzi insostenibile che riduce la loro marginalità e crea problemi di liquidità.

La “guerra” delle materie prime e le difficoltà della catena di fornitura sono stati al centro di un webinar, promosso dall’eurodeputata della Lega Isabella Tovaglieri, membro della commissione ITRE (Industria, Tecnologia, Ricerca, Energia) del Parlamento europeo, a cui hanno partecipato imprenditori, politici, amministratori, studiosi e rappresentanti delle associazioni datoriali. Il titolo che poneva un interrogativo, “Materie prime: una tempesta perfetta?”, alla luce di quanto è emerso, è tutt’altro che retorico. Di perfetta, in questa situazione, c’è forse l’eterna capacità dell’uomo di ripetere gli errori. Il resto è migliorabile, a partire dal ruolo del decisore pubblico europeo che, secondo gran parte degli intervenuti, in questa partita strategica deve essere tra i protagonisti.

SONO SALTATE LE CATENE DEL VALORE

«Si deve ritornare a ragionare su una politica industriale europea per accompagnare le filiere produttive nel medio e lungo termine perché questa situazione peggiorerà nei prossimi anni» ha detto l’assessore regionale allo Sviluppo economico Guido Guidesi, ben consapevole che ci si trova di fronte a una crisi produttiva del manifatturiero e non nel bel mezzo di una crisi finanziaria.
Che la situazione sia grave, nonostante le schiarite all’orizzonte, lo ha ribadito anche Roberto Grassi, imprenditore tessile e presidente dell’Unione industriali della provincia di Varese, che, dati alla mano, ha dimostrato quanto le difficoltà di approvvigionamento stiano condizionando le imprese del territorio. « Il 58% delle aziende interpellate dal nostro ufficio studi – ha spiegato Grassi – ha difficoltà nel reperire materie prime, semilavorati e componenti. Sono saltate le catene del valore, mancano in container e i costi per le spedizioni sono alle stelle. Un sistema di imprese come il nostro che esporta il 40 % di quello che produce, corre il rischio di essere sostituito da un’offerta di prossimità dei competitor sul mercato europeo».

Ci sono poi settori che, oltre ad avere difficoltà di approvvigionamento, vengono penalizzati anche da una imposizione aggiuntiva, come la plastic tax, un balzello che, secondo Grassi, andrebbe abolito perché non avrebbe nulla di ecologico. «Aziende importanti del settore come Lati, Mazzucchelli, Mpg e Goglio – ha sottolineato il presidente di Univa – che da molto tempo investono sulla ricerca per le bioplastiche e per una plastica sostenibile, vengono colpite da questa tassa».

La transizione, soprattuto quella ecologica, porta con sé molte contraddizioni, ha fatto notare Isabella Tovaglieri. L’esempio portato da Massimo Colombo, presidente di Ance, l’associazione che riunisce i costruttori edili, è ben rappresentativo di quanto sta accadendo in questa fase al mercato delle costruzioni. «Alla fine del 2020 – ha raccontato Colombo – abbiamo avuto un aumento vertiginoso dei prezzi. Il prezzo del ferro e dell’acciaio tondo per cemento armato è aumentato in soli sei mesi del 150%, i polietileni e gli isolanti sono aumentati mediamente del 113% e del 128%. Il nostro presidente nazionale, Gabriele Buia, ha fatto un intervento per richiedere una revisione dei prezzi negli appalti pubblici perché le imprese sono esposte a rischi enormi».

È una situazione che sta mettendo in ginocchio il settore proprio nel momento in cui bisogna dare attuazione al Pnrr. «La notizia delle ultime ore – aggiunge Colombo – è che ci dovrebbe essere in tal senso un intervento normativo sugli appalti pubblici nel decreto omnibus. Mentre Regione Lombardia sta già predisponendo un meccanismo di compensazione».

LE IMPRESE DEVONO TUTELARSI

In questa tempesta, apparentemente perfetta, la subfornitura nell’ambito meccanico è tra le più colpite. Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese, la sta vivendo personalmente nella veste di imprenditore. «La subfornitura è bloccata perché subisce aumenti di prezzo e ritardi di consegna, e questi costi non li può scaricare sui clienti perché ha dei contratti in essere, quindi ci si trova in grave difficoltà». Poiché soluzioni nel breve periodo non ce ne sono, bisogna cercare soluzioni che guardino oltre la tempesta per traghettare le imprese in un porto più sicuro. «Tutto quello che oggi viene tolto alle imprese in termini di ricavi e guadagni va a danneggiare le imprese stesse perché non potranno fare investimenti e crescere – ha spiegato Galli – Sarà dunque necessario che le aziende si tutelino da questi rischi con clausole di salvaguardia e inizino a definire dei contratti di filiera. Occorre cambiare il paradigma, con un sistema che preveda più manifattura e meno finanza».

Per cambiare paradigma, il ruolo dell’Unione Europea è cruciale. La pressione politica di Bruxelles servirà a recuperare terreno su quei paesi che si sono mossi prima, facendo già ripartire la loro economia. «Questa non è una crisi che ha origini strutturali – ha sottolineato Fabio Lunghi, presidente della Camera di Commercio di Varese -. Il dato che è cambiato per le imprese riguarda la ricerca di fornitori diversi, nuovi clienti e nuovi mercati e continuare a creare prodotti e a innovare, cosa che le nostre imprese sanno fare molto bene. Ciò però non elimina la necessità di avere una forte politica industriale europea. Ho letto in un rapporto di Mediobanca che le big company che lavorano sul web nel 2020 hanno evaso 46 miliardi di euro di tasse nel nostro paese».

UNA BATTAGLIA POLITICA TRASVERSALE

Ci sono battaglie politiche che sono trasversali e il ruolo dell’Europa nella costruzione di un nuovo ordine internazionale è un dato che mette d’accordo destra, sinistra e centro. Il nuovo corso nella politica estera americana, inaugurato nel recente G7 dal presidente Joe Biden, secondo il senatore del Pd Alessandro Alfieri «cambia il modo in cui si affrontano questi problemi, perché si chiede alla Ue una compartecipazione alle decisioni».
 Una trasversalità che coinvolge anche la Lega che recentemente su iniziativa di dodici senatori, tra cui il varesino Stefano Candiani, ha presentato una mozione di dieci punti che impegna il governo a porre rimedio all’approvvigionamento delle materie prime.

La pandemia, secondo il deputato leghista Dario Galli, ha bloccato una serie di attività, ma in questa fase non c’è ancora una ripresa così tumultuosa da giustificare l’assenza di materie prime o il dilatarsi in modo esagerato dei tempi di consegna. «Vuol dire che c’è qualcosa di diverso – ha precisato Galli – a partire dagli interventi speculativi in borsa. E poi c’è la Cina che è uscita per prima e ha già cominciato a crescere sul finire dell’anno scorso. E se in un periodo ha consumato meno inondando delle sue materie prime il resto del mondo, appena ha ricominciato a produrre in casa ha bloccato le sue esportazioni ed è venuta con i soldi in mano a rastrellare tutto ciò che trovava In Europa. Quindi oltre alla congiuntura bisogna riflettere sulla leggerezza di alcune scelte compiute nei decenni scorsi».

REGNA L’INCERTEZZA

La situazione che stanno vivendo oggi molte aziende, non solo italiane, è dunque figlia del fatto che le filiere, ben prima della pandemia, erano già globalizzate e interconnesse tra loro. Nella crisi delle materie prime c’è una combinazione di diversi fenomeni sia di lungo che di medio periodo che non permettono di fare previsioni certe. Per esempio, la guerra commerciale tra Usa e Cina che non è stata risolta e fa sentire ancora i suoi effetti sui mercati. «L’unica certezza che abbiamo oggi è l’incertezza – ha osservato Federico Caniato professore del Politecnico di Milano – se si vuole sopravvivere a questa tempesta occorre monitorare, gestire e diversificare il rischio, sia di fornitura che di mercato. E nel momento in cui i prezzi delle materie prime scenderanno, non dimentichiamo che le cause e i rischi strutturali rimarranno».

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 17 Giugno 2021
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