Su quando Gianni Versace prese il posto di Walter Albini a Novara

Il libro sulla vita del noto stilista racconta la vita incredibile dalla Calabria alla conquista del mondo della moda

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La biografia di Gianni Versace scritta dal giornalista Tony Di Corcia, con prefazione di Giorgio Armani, ha tutte le caratteristiche di un ottimo lavoro: non troppo corto, documentato e ben organizzato, ma non agiografico, a parte forse nel finale, il che però ci può stare vista la vicenda tragica dello stilista calabrese. A completare la bontà del libro ci sono la robustezza della rilegatura, la carta della pagina che scorre bene al tocco ed anche l’impaginazione, elegante e ben spaziata. Un volume adatto ad una eventuale comoda lettura in spiaggia.

Versace era nato a Reggio Calabria nel 1946 da genitori con attitudini originali. Il padre Antonino faceva il rappresentante ed era un grande amante dello sport, ma lasciò ai suoi figli soprattutto l’amore per la letteratura classica: questa era una passione del tutto amatoriale, ma autentica, per le opere di Omero e di Ariosto. La madre, Franca Olandese, che fu una vera musa e guida per Gianni anche dopo la morte prematura nel 1978, aveva finito per fare la sarta, aprendo quella che sarebbe diventata una boutique nel centro di Reggio Calabria. Comprava i suoi modelli a Parigi, ma spesso interpretava e firmava gli abiti col suo nome «Franca Versace, Reggio C.».

Gianni, scolaro svogliato, abbandonerà la scuola (ma mai lo studio) per seguire l’arte della madre e diventare un sarto di prima qualità. Il suo debutto nel mondo della moda avvenne a Firenze, nel 1966, con la collezione Florentine Flowers, prodotta da Enzo Nicolini e Salvatore Chiodini. Firenze era ancora una vetrina molto importante a quel tempo, perché questa città fin dal 1951 aveva fatto da culla alla moda italiana, grazie alla ribalta internazionale concessagli dal marchese Giovanni Battista Giorgini nella location neoclassica di Villa Torrigiani.

Da qui il balzo di Gianni verso Novara, dove alla Zamasport lavorava come direttore artistico il bustocco Walter Albini, il padre del pret-à-porter italiano, l’uomo che firmava le collezioni Callaghan e Basile, nonché il primo in Italia ad intuire l’importanza del legame tra lo stilista e l’industria.  Proprio quest’ultima idea, con Versace e con il suo grande antagonista Giorgio Armani avrebbe trovato l’apoteosi planetaria a livello artistico e di business. Albini, il designer stravagante che vestiva una pelliccia di lupo lunga fino ai piedi, spostò la nostra moda da Firenze a Milano, dove esponeva anche il legnanese Gianfranco Ferrè. Il tridente per la grande moda italiana degli anni Ottanta era dunque pronto.

Con il suo stile caratteristico, esuberante e provocatorio Versace prese, ricevendone un grande onore, il posto di Albini alla Zamasport e poco dopo entrò in una nuova importante collaborazione, quella con la Genny di Ancona, un’azienda che aveva già sfilato all’ONU ed alla Casa Bianca, condotta dai coniugi Girombelli. Poi ci fu il salto definitivo con la creazione della maison Versace, il cui manager di riferimento divenne il fratello Santo, che era stato a suo tempo indicato dalla madre Franca. Fu creata anche la società distributiva GiVi Moda, compartecipata da Zamasport e da Genny. Da qui la nascita del mito con l’inaugurazione della boutique di Via della Spiga (28 marzo 1978) e della sede di via Gesù 12 a Milano; con l’acquisto e la ristrutturazione delle sue lussuosissime dimore: ad esempio Villa Fontanelle a Moltrasio, sul Lago di Como, la casa più amata, che ha ospitato artisti come Elton John e Madonna; ma anche Villa Casuarina a Miami Beach (USA) quella più tristemente nota. Nei primi anni Novanta la maison giunse a fatturati di circa mezzo miliardo di euro del tempo.

L’epilogo della vicenda personale, ben riassunta dal biografo pugliese, può fare a meno dei particolari scabrosi che sono stati attribuiti all’assassinio dello stilista reggino: uno squilibrato, gigolò d’alto bordo, tossicodipendente e mitomane, si aggirava a Miami Beach la mattina del 15 luglio 1997. Andrew Philip Cunanan era ricercato dal FBI per aver ucciso già quattro volte negli ultimi mesi. Per Versace, che tornava a casa alle 8.30 dopo essere uscito per acquistare i giornali, non ci fu scampo: venne fulminato senza valido motivo con due colpi di pistola alla tempia e cadde agonizzante sui gradini di fronte a casa.

La maison Versace è sopravvissuta alla tragedia del suo caposcuola, rimanendo nell’ultimo quarto di secolo un’attrice di primo piano nel panorama mondiale della moda, grazie al lavoro di Donatella e poi anche di sua figlia Allegra Versace-Beck, che lo zio volle come erede universale quando era ancora una bambina.

Scheda del libro

Tony di Corcia
“Gianni Versace, la biografia”
Edizioni Lindau, 2012

di
Pubblicato il 16 Luglio 2021
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