Una sola telefonata a casa alla settimana per i detenuti dei Miogni di Varese

La denuncia di una lettrice che si fa portavoce di altre otto parenti di reclusi. “È troppo poco”. La direttrice: “Finita l’emergenza Covid, applichiamo il regolamento”

Il carcere dei Miogni di Varese

«Vorrei portare la testimonianza di 8 donne (con me 9) e di tante famiglie che come me presenziano ai colloqui in carcere, per quanto riguarda le chiamate che i detenuti possono fare ai parenti». Comincia così il breve racconto di una lettrice che tratta della situazione vissuta da alcuni dei detenuti dei Miogni di Varese. «Dal primo di settembre», spiega, «il carcere ha ridotto le telefonate dei detenuti ai parenti, da 5 che erano a dicembre, a due a luglio e poi soltanto ad 1 alla settimana. La situazione è davvero drammatica, dal momento che i detenuti hanno come unico appiglio le proprie famiglie». La questione a detta della scrivente è già stata sollevata nel corso dei colloqui settimanali che si tengono mercoledì: «Vorremmo che queste chiamate venissero portate almeno a 3 come sono nelle carceri delle vicine province».

Il carcere dei Miogni vive da anni di una carenza strutturale, mura vecchie, in passato già al centro anche di evasioni andate a buon fine e di tentativi e, come per molte altre carceri italiane, soffre di sovraffollamento e di carenza di personale: i posti regolamentari per le carceri del capoluogo sono 53 a fronte di una popolazione carceraria di 99 persone; è prevista la presenza di 67 agenti di polizia penitenziaria a fronte dei 55 in forza attualmente (dati: sito ministero della Giustizia). Una situazione difficile che i responsabili della struttura cercano di attenuare anche con progetti legati all’incontro periodico dei detenuti coi figli in una apposita aerea gioco ricavata in uno spazio al pianterreno dove avvengono i colloqui. Tuttavia la questione delle telefonate rappresenta un punto importante sul quale viene chiesta attenzione da parte dei vertici della struttura.

La direttrice della casa circondariale di Varese, la dottoressa Carla Santandrea sostiene che i Miogni «sono tornati ad un regime ordinario, essendo chiuso stato emergenza Covid. Sono comunque garantite telefonate straordinarie e colloqui per i detenuti con figli minori. Sono autorizzate telefonate straordinarie per motivi eccezionali come prevede la norma. Sono confermati i colloqui whatsapp e Skype introdotti dalla pandemia. Siamo ritornati al regime ordinario previsto dall’ordinamento come da disposizioni superiori. Se ne arriveranno di nuove, le applicheremo». Inoltre «il ritorno al regime ordinario è stato graduale, e i detenuti sono stati informati».

Ma come avvengono i contatti telefonici fra detenuti e il mondo esterno? I colloqui telefonici con i detenuti sono regolati dall’art.18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e dall’39 del d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230.
Le persone detenute possono essere autorizzate a telefonare a congiunti e conviventi e, quando ricorrano ragionevoli e verificati motivi, con persone diverse. Le autorizzazioni per gli imputati le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza dell’Autorità Giudiziaria procedente. Dopo la sentenza di primo grado, è competente il magistrato di sorveglianza. I condannati possono essere autorizzati dal direttore dell’istituto.

Attualmente, nel sito del Ministero compare anche la prescrizione sul numero di telefonate: «I detenuti possono usufruire di un colloquio telefonico alla settimana, della durata massima di dieci minuti. I detenuti per i reati previsti dal primo periodo del primo comma dell’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario (che riguarda il “Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti”) possono usufruire di due colloqui telefonici al mese. Può essere concesso un numero maggiore di colloqui telefonici in occasione del rientro dal permesso, oppure in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, se la corrispondenza telefonica si volge con prole di età inferiore a dieci anni, nonché in caso di trasferimento del detenuto».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Settembre 2023
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