Come sta cambiando e come potrebbe migliorare il lavoro delle panetterie, lo spiega un’artigiana del pane
Da insegnante nelle scuole professionali a figura chiave nel settore, Simona Lauri condivide la sua prospettiva, affrontando varie sfide del mestiere

Simona Lauri, artigiana del pane da tre generazioni, tecnologa alimentare e consulente del settore sia in Italia che all’estero, offre un’analisi approfondita sulle trasformazioni e le sfide affrontate nel corso del tempo nel mondo del pane. Da insegnante nelle scuole professionali a figura chiave nel settore, Lauri condivide la sua prospettiva, affrontando anche il problema della “violenza” di genere nel mestiere.
Il suo racconto, intrecciato tra la sua identità di donna e di artigiana, rivela le sfide che ha dovuto affrontare quando ha iniziato a impartire corsi a uomini. «Per tanti uomini panificatori era scioccante che fossi una donna», sottolinea Lauri, rivelando una mentalità «non ancora superata ma che molto lentamente sta cedendo il passo all’apertura mentale».
CHIUSURA DI PICCOLE PANETTERIE
Lauri, che ormai da anni viaggia per il mondo tra l’Italia e l’Estero per consulenze, corsi di aggiornamento e per diffondere la cultura e le tradizioni di panificazione lombarda e italiana, parte mettendo in evidenza le sfide che secondo lei stanno portando alla chiusura delle piccole panetterie, in modo particolare quelle di paese.
«La ragione principale di questa tendenza è legata a una mancanza di eredi, di evoluzione e manodopera – spiega Lauri -. Le piccole realtà di paese, purtroppo e troppo spesso, sono destinate a non proseguire per alcune problematiche di fondo, tra cui, per esempio, la decisione di concentrarsi esclusivamente sulla vendita di pane trascurando altri prodotti dell’arte bianca. Sono anni che si chiede ai panettieri di evolversi, sia tecnologicamente che come negozio. I primi purtroppo a chiudere sono coloro che non si sono adeguati, che non hanno potuto o voluto investire nella loro attività o che semplicemente non si sono mai presentati ai corsi di aggiornamento professionali organizzati dalle camere di commercio, enti. Alcuni hanno perso addirittura l’identità lombarda bosina non promuovendo neanche più le nostre tipicizzazioni locali».
MANCANZA DI MANODOPERA
In secondo luogo, Lauri individua nella carenza di manodopera un’altra critica sfida per il settore. «Il lavoro è faticoso, e spesso i giovani che frequentano corsi specifici di panificazione decidono di non proseguire in questo settore – afferma Lauri -. È un problema serio, in quanto talvolta si mettono sul mercato ragazzi che non hanno un reale interesse per questa professione. Finita la scuola, molti di loro intraprendono altre attività. Questo succede perché manca la consapevolezza sul fatto che imparare un mestiere, soprattutto come questo, vuol dire imparare un’arte artigiana, che sta purtroppo scomparendo».
IL “FACCIA A FACCIA” TRA PANETTERIE E SUPERMERCATI
Il quadro si complica ulteriormente con la competizione spietata dei supermercati, la quale, secondo Lauri, richiede una strategia che non si basi sulla concorrenza dei prezzi, bensì sull’offerta di una vasta gamma di prodotti di panetteria tradizionali, di alta qualità e tipici. «I panettieri devono distinguersi con prodotti unici, difficili da trovare altrove – afferma Lauri -. Educare sul fatto che i discount non possono più vendere ‘pane caldo’ come ‘pane fresco’, per esempio, è essenziale, poiché molti dei prodotti che si trovano nei supermercati derivano da impasti esteri surgelati, successivamente scaldati. Il vero pane fresco – spiega Lauri – si trova solo nei panifici artigianali conformemente al DM 131/18 o in realtà che dispongono di un panificio interno. E’ tale decreto, unitamente al Reg UE 1169/2011, che tutela e garantisce la qualità offerta al consumatore».
I CORSI D’AGGIORNAMENTO E IL (FONDAMENTALE) CONTATTO CON IL CLIENTE
Cruciali dunque si configurano il costante aggiornamento e la sensibilità alle tendenze/innovazioni del mercato. Come, per esempio, l’attuale crescente interesse per il gluten free, anche da parte di soggetti che non manifestano celiachia o intolleranze. «Questi sono i panifici destinati non solo a sopravvivere, ma a prosperare – spiega Lauri -, aggiornandosi, ampliando la propria attività e introducendo nuovi prodotti secondo le tendenze del mercato, ad alto contenuto di fibre, di proteine».
Per avere questa sensibilità, però, in ultimo, Lauri sottolinea che è essenziale preservare e tutelare il rapporto con i clienti. Un rapporto che, secondo lei, «non va a perdersi se il panificio si sposta dal paese alla città, o decide ampliarsi». Il contatto con il cliente «rimane il fulcro dell’attività. Mantenere una connessione autentica con la clientela è tanto fondamentale quanto la qualità del prodotto stesso. Trasmettere l’arte tramandata attraverso le generazioni, comunicare con la clientela, ascoltare le esigenze, saper consigliare un prodotto. E’ questa la chiave per attribuire un valore aggiunto impagabile al proprio pane, un elemento che la grande distribuzione non sarà mai in grado di replicare, soprattutto quando si acquista il pane nei box, lo si insacchetta da soli e lo si pesa con la bilancia a codici posta di fianco. Il pane è vita, rapporto umano, condivisione e ascolto. Il panificio è un pochino la piazza del paese e così deve restare se ci si aggiorna e si investe su se stessi e sulla propria attività. Il cuore e le mani di un panificatore artigiano non potranno mai essere sostituiti».
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